La Stampa 11 marzo 2008, GUIDO FURBESCO, 11 marzo 2008
”Allenare la memoria una fatica sprecata”. La Stampa 11 marzo 2008. Paradossi della memoria: e se potessimo ricordare tutto? Se avessimo in dono un infinito magazzino in cui conservare ogni più piccolo particolare della nostra esistenza? Probabilmente sarebbe un inferno, lo stesso in cui si trovava a vivere Funes, il protagonista di un celebre racconto di Jorge Luis Borges
”Allenare la memoria una fatica sprecata”. La Stampa 11 marzo 2008. Paradossi della memoria: e se potessimo ricordare tutto? Se avessimo in dono un infinito magazzino in cui conservare ogni più piccolo particolare della nostra esistenza? Probabilmente sarebbe un inferno, lo stesso in cui si trovava a vivere Funes, il protagonista di un celebre racconto di Jorge Luis Borges. Il giovane Funes aveva del miracolato, narra lo scrittore argentino: sapeva per esempio «le forme delle nuvole australi all’alba del 30 aprile 1882 e poteva paragonarle nel ricordo con le venature di un libro rilegato in pelle che aveva visto una sola volta in passato». Risultato, un cervello affollato da una tale messe di visioni e dettagli da impedirgli di prendere sonno: Funes chiudeva gli occhi e davanti allo sguardo della mente gli apparivano tutte le crepe e le muffe degli edifici che lo circondavano. Nessuno vorrebbe fare la fine di Funes. Ci accontenteremmo però di incrementare un po’ i nostri «gigabyte», nella convinzione che, ricordando di più, potremmo migliorare le performance a scuola o in ufficio. La domanda che ci poniamo, insomma, è sempre la stessa: possiamo allenare e sviluppare la nostra mente? «Non si allena un bel niente», risponde divertito il professor Piergiorgio Strata, tra i massimi esperti italiani nel campo, «così come è sbagliato paragonare le nostre facoltà alle doti tecniche di un computer. La memoria di un uomo non ha limiti, non si satura, ma ha i suoi tempi: i ricordi devono poter mettere radici». Insieme ai colleghi Fabrizio Benedetti e Leonardo Lopiano, Strata ha inaugurato ieri a Torino la «Settimana del cervello 2008» con una tavola rotonda sulle sue buone manipolazioni: negli ultimi anni è stato infatti dimostrato che stimoli elettrici mirati possono portare benefici a diverse malattie neurologiche e psichiatriche come il morbo di Parkinson e la depressione. «Accendi la memoria», annuncia trionfalisticamente il titolo dell’incontro. Ma nel quotidiano, professore, che cosa possiamo fare per dare una «scarica» al nostro cervello? «Non sa quante volte mi chiamano per rispondere a queste domande», dice Strata. «Io sono molto scettico sull’efficacia di medicinali e pillole pubblicizzate sempre più di frequente: non possiamo potenziare la nostra memoria, possiamo solo aumentare il nostro stato di concentrazione, magari con una tazzina di caffè. A tal proposito vorrei sfatare una vecchia favola». E cioè? «Evitiamo di costringere i nostri figli a rimpinzarsi di pesce perché contiene fosforo: non c’è nessuna evidenza scientifica che questo minerale aumenti le nostre facoltà mnemoniche». Uno sfolgorante meccanismo composto da 160 mila chilometri di fibre e 100 miliardi di punti di contatto tra cellule nervose: il sistema-cervello apprende e, appunto, conserva. Possibile che non esista procedure per - come dire - aumentare i cavalli di questo motore? «Esistono solo memo-tecniche», spiega Strata, «trucchetti basati sull’associazione di immagini che aiutano a ricordare lunghe sequenze di cose o nomi. Venivano già usati dagli oratori dell’età classica, ma non servono a rendere più potente la nostra memoria, così come imparare a menadito le poesie non incrementa le nostre facoltà». Un altro luogo comune da abbattere, professore? «La memoria delle persone anziane è paragonabile a quella dei giovani. Al di là dei casi patologici, non è vero che i primi con il passare degli anni ”perdono” memoria, è vero invece che la loro memoria funziona più lentamente: basta dar loro più tempo e ricordano la stessa quantità di cose tenute a mente dagli altri». Il lavoro degli scienziati alla scoperta di questi meccanismi cerebrali continua, «anzi, se pensiamo a tutti i nodi da sciogliere possiamo dire che non ne sappiamo ancora nulla», commenta il docente di Neurofisiologia. «Uno scenario denso di incognite è per esempio quello delle cosiddette false memorie. Bisogna sapere che ogni volta che ricordo qualcosa lo inquino, vengo influenzato da fattori esterni e questo continuo processo di estrazione e riconsolidamento altera sempre di più l’oggetto evocato. Fino al caso limite in cui si potrebbe arrivare a ricordare eventi che sono completamente falsi. Fragili equilibri», conclude Strata, «di cui anche avvocati e giudici dovrebbero tener conto». GUIDO FURBESCO