Liberazione 9 marzo 2008, Aldo Garzia, 9 marzo 2008
Ma l’Eta non c’entra. Liberazione 9 marzo 2008. L’elenco delle cose fatte in quattro anni dal governo di Madrid fa una certa impressione: ritiro delle truppe spagnole dall’Iraq, legge sull’uguaglianza tra i sessi, legge contro la violenza di genere, codice etico per chi riveste ruoli politici, riforma del sistema radiotelevisivo, riforma del diritto d’asilo, legalizzazione dell’emigrazione clandestina, via libera alle unioni civili per le coppie omosessuali, rilancio della scuola pubblica, riaffermazione della laicità come bussola di riferimento, incentivi economici per i giovani in cerca di prima casa, legge contro il precariato (dopo 36 mesi un rapporto di lavoro con la stessa azienda, seppure saltuario, diventa automaticamente a tempo indeterminato), divorzio veloce, sostegno pubblico alle persone non autosufficienti, abbattimento delle statue del caudillo Franco
Ma l’Eta non c’entra. Liberazione 9 marzo 2008. L’elenco delle cose fatte in quattro anni dal governo di Madrid fa una certa impressione: ritiro delle truppe spagnole dall’Iraq, legge sull’uguaglianza tra i sessi, legge contro la violenza di genere, codice etico per chi riveste ruoli politici, riforma del sistema radiotelevisivo, riforma del diritto d’asilo, legalizzazione dell’emigrazione clandestina, via libera alle unioni civili per le coppie omosessuali, rilancio della scuola pubblica, riaffermazione della laicità come bussola di riferimento, incentivi economici per i giovani in cerca di prima casa, legge contro il precariato (dopo 36 mesi un rapporto di lavoro con la stessa azienda, seppure saltuario, diventa automaticamente a tempo indeterminato), divorzio veloce, sostegno pubblico alle persone non autosufficienti, abbattimento delle statue del caudillo Franco. A causa dei contenuti della sua politica, Zapatero ha dovuto vedersela con le due grandi potenze sopravvissute al 1989: Stati Uniti e Vaticano. In quattro anni non ha incontrato nessun rappresentante ufficiale della Casa Bianca ed è stato attaccato ripetutamente dall’episcopato spagnolo, che ha addirittura organizzato grandi manifestazioni di piazza contro le sue scelte legislative. Facciamo però un passo indietro. Nel 1982, Zapatero diventa segretario del Partito socialista (Psoe) a León. Nel 1986, è eletto per la prima volta deputato. Nel 1988 è nominato segretario provinciale del Psoe sempre a León. Nel 1997 - nel corso del Congresso in cui Felipe González si dimette da segretario dopo aver perso le elezioni contro José Maria Aznar - entra a far parte dell’Esecutivo nazionale del partito. Quando sul finire degli anni Novanta si intuisce che Zapatero può concorrere alla leadership del Psoe, all’interno del suo stesso partito gli affibbiano il nomignolo di "Bambi". Come il cerbiatto di Walt Disney, il premier spagnolo è alto, magro ma ha soprattutto lo sguardo ingenuo nel quale sono gli occhi chiari e le lunghe sopracciglia a movimentare le espressioni di gioia o disappunto. Quando sono però in gioco le idee in cui crede, abbandona il sorriso da Bambi e si trasforma in un determinato uomo politico. Ne sanno qualcosa i suoi avversari. Nel 2000, Zapatero diventa a sorpresa segretario del Psoe. Prima di lui, erano stati eletti Josep Borell e Joaquín Almunia ma non avevano rilanciato il partito. Alla vigilia del congresso del 2000, il più accreditato candidato alla segreteria del Psoe era José Bono, il presidente della Regione Castilla-La Mancha, molto forte nei consensi dell’apparato di partito. La candidatura di Zapatero riesce invece a ottenere l’appoggio delle realtà municipali del Psoe, quelle che chiedevano un rinnovamento radicale di personale politico e di idee. Zapatero sceglie il suo gruppo di collaboratori puntando su trentenni-quarantenni come lui: Andrés Torres Mora, Jesús Caldera, José Blanco, Carme Chacón, Álvaro Cuesta, Trinidad Jiménez, Enrique Martínez. Poi nomina Manuel Chávez, autorevole personaggio della generazione di González, presidente del Psoe. Da quel momento in poi inizia la lenta ricostruzione dell’identità socialista dall’opposizione. La risposta del governo Aznar agli attentati dell’11 marzo 2004 a Madrid è stato infine l’errore fatale che ha fatto oscillare il pendolo dei consensi verso Zapatero. Negare la matrice di Al Qaeda per addossare la responsabilità delle bombe all’Eta e non fare alcuna autocritica sull’interventismo nella guerra in Iraq si è rivelato un suicidio per il Partito popolare che ha aperto la via al ritorno al governo del Psoe. Ma qual è la cultura politica di Zapatero? Tutta la sua azione di governo ha avuto al centro la tematica dei diritti di cittadinanza che ha collocato in una riflessione più ampia su democrazia politica e libertà che coincide con la riflessione di Philip Pettit, professore presso la statunitense Princeton University, autore di Il Repubblicanesimo. Una teoria della libertà e del governo (Feltrinelli, 2000). "Il socialismo dei cittadini", l’idea-forza coniata da Zapatero prendendo spunto dalle teorie di Pettit, parte da un presupposto: non sono più il lavoro e l’economia a costituire l’identità principale dei soggetti sociali nel tempo dell’unificazione dei mercati, dell’euro come moneta comune e della Banca europea come centro delle decisioni; i margini di autonomia nazionale nelle politiche economiche sono assai ristretti mentre permangono ampi quelli che riguardano i diritti e le libertà. Zapatero iniziò a citare le teorie di Pettit già nel 2000, dopo essere stato eletto segretario del Psoe. Poi invitò il filosofo a Madrid nel 2004, poco dopo essersi insediato al governo. Colloquiarono insieme sul ruolo della politica in un dibattito pubblico. Il premier chiese al filosofo di tornare in Spagna a fine legislatura per tirare insieme le somme dell’attività di governo. Nelle librerie spagnole si può trovare proprio in questi giorni un volumetto di 192 pagine, dal titolo Examen a Zapatero (Zapatero sotto esame), dove c’è anche una inedita conversazione tra il filosofo e il primo ministro. lo stesso Zapatero a raccontare cosa lo attrae del pensiero del filosofo dell’Università di Princeton: «Ciò che affascina nella riflessione di Pettit è la definizione teorica della libertà come non dominio. Ciò significa assumere delle priorità nelle politiche di eguaglianza: il ruolo sociale delle donne innanzitutto, poi quello delle minoranze (omosessuali, immigrati)». Per Zapatero, dunque, la priorità è sviluppare la democrazia riformando la politica: da qui l’attenzione a un rinnovato rapporto tra la tradizione del liberalismo politico e quella socialdemocratica del welfare (proprio il contrario di quanto ha fatto Tony Blair, che ha privilegiato il liberismo economico e ha depotenziato il welfare). Metodo e contenuti di governo sono stati inoltre gestiti dal premier con austerità e rigore nelle forme e nei comportamenti. rimasta famosa una sua frase, pronunciata l’indomani della vittoria elettorale del 2004: «Il potere non mi cambierà». Annotazione finale. Il socialismo civico e libertario di Zapatero ha democratizzato ulteriormente la Spagna negli ultimi quattro anni portando il testimone della democrazia più in là di dove l’aveva lasciato Felipe González, che dal 1982 al 1996 aveva ricongiunto la Spagna all’Europa. Zapatero ha potuto mietere successi anche perché l’economia spagnola ha continuato a crescere come nessun’altra in Europa in nome della modernizzazione. Ora però all’orizzonte si addensano le nubi di una crisi che potrebbe mettere a nudo un modello economico fondato essenzialmente sul mattone (il boom di infrastrutture, edilizia, aeroporti, alta velocità, ferrovie, autostrade) e poco sull’innovazione tecnologica, i servizi e l’industria. Se Zapatero vincerà le elezioni, come la sinistra di buon senso gli augura, la sua priorità questa volta non sarà quella di democratizzare ulteriormente la società spagnola. Dovrà invece affrontare immediatamente il tema della riconversione strutturale dell’economia. Il suo "socialismo dei cittadini" sarà chiamato così alla prova più difficile: garantire e sviluppare i diritti, offrendo un modello economico eco-compatibile in grado di garantire occupazione e qualità dei servizi. Aldo Garzia