Il Messaggero 9 marzo 2008, Carlo Jean, 9 marzo 2008
I grandi giochi del petrolio. Il Messaggero 9 marzo 2008. IL petrolio sta superando 105 dollari al barile
I grandi giochi del petrolio. Il Messaggero 9 marzo 2008. IL petrolio sta superando 105 dollari al barile. Il prezzo del gas ha un andamento parallelo. La domanda di energia aumenta. L’Ue importa 250 miliardi di metri cubi di gas. In vent’anni la sua richiesta raddoppierà. La situazione per l’Italia sarà drammatica, a meno di non sostituire le centrali a gas con quelle nucleari. L’attenzione è oggi polarizzata sulla crescita dei prezzi del petrolio e del gas. Maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta al come sia possibile fronteggiare le richieste del futuro. L’incremento dei costi riguarda tutte le materie prime, non solo quelle energetiche. La domanda dei Paesi emergenti sta aumentando. Quasi il 50% dell’aumento dei consumi riguarda la Cina e l’India. Poi, i fondi pensione si sono aggiunti agli hedge funds nell’acquisto di titoli legati alle commodities. Gli scambi finanziari connessi agli idrocarburi superano di ben venti volte i loro scambi fisici. Ciò ha determinato una forte volatilità dei costi delle materie prime. Infine, sull’incremento dei prezzi incide l’indebolimento del dollaro e il fatto che le commodities siano diventate un investimento ”rifugio”. Il petrolio a livello mondiale e il gas a livello regionale si sono trasformati in potenti armi della politica estera degli Stati. Il mercato del petrolio è però globale; quindi, dotato di una forte flessibilità strutturale e di maggiore resilienza rispetto a quello del gas, il cui trasporto è legato ai gasdotti. Meno del 30% avviene con il gas liquefatto, poi rigassificato. La liquefazione garantisce al gas la stessa flessibilità del petrolio, sebbene a costi molto maggiori al trasporto con gasdotti. Occorrerebbe però costruire rigassificatori. In Italia, vi sono grosse difficoltà a farlo. Domina la sindrome Nimby (Not in My BackYard) anche grazie a chi ha avuto, all’inizio del 2001, la brillante idea di modificare il Titolo V della Costituzione, pasticciando fra le competenze dello Stato e quelle delle Regioni anche in tema di energia. Il risultato è che dipendiamo da due tubi: uno dall’Algeria, l’altro dalla Russia. Dei 90 miliardi di metri cubi di gas consumati all’anno, una cinquantina transitano per essi. Quello dall’Algeria non presenta grandi rischi. Essi esistono invece per quello che ci porta il gas russo, soprattutto perché passa per l’Ucraina. Le tensioni esistenti fra Mosca e Kiev si ripercuotono sui nostri approvvigionamenti. Lo si è visto nel gennaio 2006. Lo si è rivisto all’inizio di marzo. Per indurla a ritirare la propria candidatura alla Nato, Gazprom ha tagliato il 25% delle forniture di gas destinate all’Ucraina. Messi alle strette, gli ucraini hanno detto che avrebbero attinto al gas dell’Ue. Poi hanno fatto subito ”marcia indietro”, dichiarando di non essere interessati ad entrare nell’Alleanza. Mosca si è quindi ancora una volta convinta dell’efficacia dell’arma energetica. La impiegherà ancora, tanto più che nel dopo-Putin potrà volere ancora mostrare i suoi muscoli energetici, soprattutto prima che il prossimo presidente Usa si installi alla Casa Bianca. Le pressioni russe non sono temute solo dall’Occidente. Lo sono anche dai Paesi dell’Asia Centrale. Per questo essi stanno aprendo le porte alla Cina, che sta costruendo enormi infrastrutture, per trasformare la vecchia ”Via della Seta” in una moderna via del petrolio e del gas. Mosca cerca di evitarlo. Vuole che i traffici con la Cina passino sul suo territorio, per poterli controllare. I maggiori Stati centro-asiatici non sono d’accordo, ma non intendono diventare un campo di battaglia fra la Cina e la Russia. Per questo tendono a diversificare i loro rapporti, cercando di coinvolgere l’Europa e gli Usa. Le loro esportazioni in Occidente passerebbero per il ”corridoio caucasico”, dal Caspio alla Georgia e al Mar Nero. così iniziato un nuovo ”grande gioco” in Asia Centrale. Esso ha registrato nei giorni scorsi un episodio curioso. L’Uzbechistan ha fatto sapere alla Nato di essere disponibile a concedere nuovamente l’uso di una base aerea sul proprio territorio. Verosimilmente, teme un diktat russo per vietargli di esportare gas alla Cina senza passare per Gazprom. Ciò dimostra come la geopolitica dell’energia stia aumentando d’importanza, senza esclusione di colpi, anche di quelli più bassi. Carlo Jean