Giancarlo Radice, Corriere della Sera 9/3/2008, 9 marzo 2008
MILANO
«Certo, è un piano industriale prudente. Ma la reazione mi è sembrata eccessiva». Ettore Fumagalli, navigatore di lungo corso dei mercati finanziari, ammette la sua «sorpresa» di fronte a quell’abisso che venerdì la borsa ha aperto per i titoli Telecom Italia, un crollo del 9% che riporta il tempo indietro di 10 anni. «La forte riduzione dei dividendo era già scontata e un aumento di capitale è stato escluso – spiega ”. In gioco potrebbe semmai rimanere la conversione delle azioni di risparmio, dalla quale ricavare un miliardo di euro. Per questi motivi credevo che il mercato potesse assorbire senza grandi contraccolpi il piano industriale presentato dal management del gruppo ».
Insomma, è stata solo punita la debolezza del piano dell’amministratore delegato Franco Bernabè?
«Mi aspettavo qualche mossa più aggressiva, non tanto per le telecomunicazioni su linea fissa, quanto piuttosto sui cellulari».
Un deficit di visione industriale?
«Ma sa, alla fine non siamo per niente di fronte a una crisi industriale. Il problema è che l’intero settore, e non solo quello, sta facendo i conti con la generale crisi finanziaria che domina sui mercati».
Vale a dire?
«Mettiamo in fila i quattro elementi: Borsa, industria, immobili, banche. Le borse cadono perché si sta sgonfiando la bolla immobiliare, che a sua volta, per via dei titoli collaterali derivati dai mutui a rischio, mette in forte difficoltà le banche. Finora, sui mercati, a non essere stata troppo penalizzata è l’industria. Voglio dire che le banche si trovano con l’acqua alla gola e sono costrette a smontare prodotti, a vendere. Anche titoli molto buoni, come possono essere quelli dell’industria delle telecomunicazioni ».
L’imperativo è vendere, comunque.
«Sì. C’è la necessità di fare cassa e, dunque, si vende».
Tanto più che il settore delle telecomunicazioni non è più da tempo quella miniera d’oro che era fino a un paio d’anni fa. I margini scendono. Lo stesso Bernabè lo ha sottolineato durante l’incontro con gli analisti.
«Queste preoccupazioni mi sembrano in realtà molto, molto gonfiate. Si tratta di un’industria che ha un margine operativo attorno al 40% rispetto ai ricavi, e in questo Telecom non è messa peggio degli altri grandi operatori europei. Una situazione, insomma, decisamente migliore rispetto ad altri settori industriali. Lo ripeto: pesa la crisi finanziaria che scuote i mercati, le difficili condizioni del credito».
Resta però il fatto che le borse non stanno punendo Telefonica o France Telecom allo stesso modo di Telecom Italia.
«Direi che il motivo principale riguarda l’alto indebitamento del gruppo italiano. Se guardiamo al rapporto fra debiti ed ebitda, quello della maggior parte dei grandi operatori in Europa è meno della metà rispetto a quello di Telecom Italia».
Per spiegare il calo in Borsa il presidente Gabriele Galateri di Genola ha parlato di un «riposizionamento degli investitori con orientamento finanziario », in primo luogo gli hedge fund.
«Non c’è dubbio che, chi lavora con posizioni a breve termine, in giornate come venerdì scorso è in grado di fare un macello».
Giancarlo Radice