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 2008  marzo 05 Mercoledì calendario

La civiltà del salario minimo. Il Sole 24 ore 5 marzo 2008. Subito, qualcosa che suscita invidia: la giornalista che modera il confronto chiarisce perché sono lì quei due e non altri: «Sono quelli che hanno la maggiore rappresentanza in Parlamento»

La civiltà del salario minimo. Il Sole 24 ore 5 marzo 2008. Subito, qualcosa che suscita invidia: la giornalista che modera il confronto chiarisce perché sono lì quei due e non altri: «Sono quelli che hanno la maggiore rappresentanza in Parlamento». Punto e basta. Anche là ci sono tante liste, con altrettanti, improbabili "candidati premier". Ma il faccia a faccia si fa, pacificamente, tra i due che hanno effettive chances di vittoria. Si vede che non ci sono, in Spagna, la commissione parlamentare di vigilanza e la legge sulla par condicio. E, soprattutto, che circola maggiore buon senso. Il confronto va immediatamente al sodo. Zapatero vuole parlare di futuro (al rendiconto ha dedicato il 1° faccia a faccia): crescita (parla subito di lavoro per le donne e lotta alla precarietà), maggiori diritti per tutti, conoscenza, sicurezza (per strada, in casa) e lotta al terrorismo internazionale. Rajoy "drammatizza" su prezzi che salgono, immigrazione che minaccia i diritti sociali degli spagnoli, autonomismo (incoraggiato dallo Psoe) che minaccerebbe l’unità nazionale, terrorismo dell’Eta (elevata a «interlocutore politico» da Zapatero). Sviluppo sostenibile, diritti e autonomia le parole chiave del premier. Carovita, ordine e controllo dell’immigrazione quelle del leader dell’opposizione. Rajoy tenta sistematicamente di far tornare Zapatero al rendiconto. Tattica giusta, in sé (in Spagna, ultimamente, le cose non vanno benissimo, in economia). Se non fosse che essa lo obbliga a fare continui riferimenti al Governo Aznar. Un errore di cui Zapatero approfitta sempre: su quel governo – a torto o a ragione – gli spagnoli si sono già pronunciati. E hanno fatto vincere lo Psoe. Si capisce che Rajoy vuole insistere su prezzi, immigrazione e "trattativa" con l’Eta. Sui primi, è efficace nella denuncia, ma debole nella proposta. Zapatero lo pizzica facilmente: ne parli in quest’ultima settimana, ma al momento del confronto parlamentare sul mio governo non ne hai fatto cenno. Sull’immigrazione, le citazioni dei giudizi dei ministri Ue sulle politiche del governo Psoe (in particolare, Otto Schilly) fanno segnare un punto a Rajoy. Lo scontro è violentissimo sul terrorismo. Zapatero ne esce vincitore proprio a causa dell’eccessivo schiacciamento di Rajoy sul vecchio governo Aznar: la guerra in Irak è stata un gravissimo errore – incalza il premier – che ha fatto di quel Paese la capitale del terrorismo jiadista, che minaccia anche la Spagna. Dovreste avere il coraggio di riconoscerlo. Rajoy – che vorrebbe insistere sul "dialogo" di Zapatero con l’Eta – appare in difficoltà. Il premier affronta poi la questione salariale da due lati: aumento del salario minimo legale come elemento di "civiltà" del rapporto di lavoro (anche in Spagna gli chiederanno come il Bilancio dello Stato lo finanzia? Non credo). E riduzione del prelievo Irpef. Una curiosità: la propone in cifra fissa (400 euro per contribuente). Rajoy insiste di più sulla riduzione dei redditi di impresa e sulla no tax area. Nessuno dei due fa all’altro la domanda sulla relativa copertura finanziaria: dipende forse dal volume globale del debito pubblico spagnolo, decisamente sotto il fatidico 60% del Pil.  martellante l’insistenza di Zapatero sulla parità uomo donna: stesso lavoro, stesso salario, per legge. Sempre concertando, ma per legge. Rajoy ha, sul punto, un’altra cultura di partenza. Cambia argomento, e rilancia sul venir meno dell’"autorità" nella scuola: sacrificio, merito, travolti da una sorta di lassismo. Sulle autonomie: Zapatero ultrautonomista, Rajoy ultracentralista. Entrambi difendono con coerenza la posizione assunta, senza indietreggiare (non ho visto sondaggi "motivazionali", ma l’atteggiamento di Zapatero mi fa pensare che goda di maggiore consenso una linea di radicale autonomismo). In ultimo: da lettore di giornali italiani, mi aspettavo fuoco e fiamme sui temi "eticamente sensibili". Non ne hanno parlato né l’uno, né l’altro. Qualcosa vorrà dire (per la Spagna e, forse, per l’Italia). Enrico Morando