La Repubblica 5 marzo 2008, GUIDO RAMPOLDI, 5 marzo 2008
La croce di Zapatero. La Repubblica 5 marzo 2008. Tre anni di scontri intermittenti e sregolati, riesplosi in questa campagna elettorale
La croce di Zapatero. La Repubblica 5 marzo 2008. Tre anni di scontri intermittenti e sregolati, riesplosi in questa campagna elettorale. Ma a fidarsi dei pronostici, ieri mattina i 78 vescovi spagnoli avrebbero stemperato il lungo conflitto con il governo socialista confermando alla presidenza della Conferenza episcopale Ricardo Blazquez, un sacerdote gradito a Zapatero, o almeno non sgradito quanto quei prelati che, aveva lamentato il premier poche ore prima, «hanno superato limite». Però alle undici di ieri Blazquez era grigio come la sconfitta e nella poltrona che avrebbe dovuto occupare sedeva, vincitore, un cardinale dai lineamenti pietrosi e dalla mascella volitiva, campione di una curia fortemente avversa a Zapatero. Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e buon amico del papa, cominciò a «superare il limite» due anni fa, quando fu tra i promotori di una grande manifestazione contro il governo socialista e la legge che istituiva i matrimoni omosessuali. Lo ricordo nell´occasione marciare impettito dentro una folla plaudente e cameratesca: un capopopolo, più che uno di quei principi della Chiesa di cui il Museo del Prado, lì vicino, ospita i volti solenni circonfusi di stoffe purpuree. L´ultima volta che si è esibito nel ruolo, in dicembre, partecipava ad una rumorosa dimostrazione contro il governo, accusato di attentare alla democrazia e ai diritti fondamentali degli spagnoli. Zapatero ha preso nota. Se domenica vincerà le elezioni, così come vogliono i sondaggi, metterà «i puntini sulle i e ogni cosa sarà più chiara», ha minacciato. Più esplicito, un alto dignitario del partito socialista, Josè Blanco, ha invitato rudemente la Chiesa «a procedere verso l´autofinanziamento, anche se è difficile perché ogni volta ha meno seguaci». Considerando gli antefatti, la Spagna ha buone probabilità di diventare il laboratorio di un conflitto che non potrà non riverberarsi sulle convinzioni instabili di altre sinistre moderate, oggi equamente divise tra l´ammirazione per Zapatero e l´orrore per gli attriti tra laici e clero. Per capire come nasca e possa evolvere il duello tra il premier e il cardinale converrà innanzitutto tener presente che anche qui la Chiesa ha molte facce. Perfino i conservatori non si assomigliano. lratzingeriano Rouco Varela è molto diverso dal suo antagonista Ricardo Blazquez, vescovo di Bilbao. Il primo non avrebbe mai detto quel che disse il secondo nel novembre scorso, poche settimane dopo la beatificazione di 498 religiosi uccisi dai repubblicani. Anche la Chiesa, suggerì quel giorno Blazquez, deve «chiedere perdono» per quel che fece durante la Guerra civile (si schierò dalla parte di Franco, proclamò la "crociata", di fatto incitò allo sterminio del nemico, e terminato in conflitto, assistette serenamente al massacro di almeno 50mila prigionieri). «Dimenticare le migliaia di maestri, sacerdoti, operai, dirigenti e politici che morirono vittime della repressione franchista - argomentò Blazquez - non solo è un´ingiustizia ma rende impossibile la riconciliazione e la pace». Bisogna invece riconoscere che "martiri" sono sia «coloro che muoiono per Gesù Cristo e in difesa della religione cristiana», sia coloro che «muoiono o patiscono molto in difesa di altri credi, convinzioni o cause». Queste parole audaci non devono essere piaciute ai porporati che da giovani non furono ostili a Franco, e comunque mai come lo sono oggi a Zapatero. Furono contigui alla dittatura non tanto o non solo per una simpatia ideologica, quanto per convenienza: in quegli anni la Chiesa godeva di una condizione di assoluto privilegio. Era la religione di Stato, l´unica riconosciuta fino al 1967, quando proprio il Vaticano obbligò un riluttante Franco ad autorizzare il culto protestante. All´epoca i luterani erano quarantamila. Oggi sono 1,4 milioni. I musulmani 1,5. I mormoni, i buddisti, decine di migliaia, E ciascuno di questi culti chiede con ragione di accedere agli stessi diritti tuttora riservati alla Chiesa spagnola. Quest´ultima riceve dallo Stato 4310 milioni (in pagamento di servizi sanitari e sociali, salari per gli insegnanti di religione, custodia del patrimonio artistico e immobiliare) ed è l´unica fede autorizzata a ricevere dal contribuente una quota dell´Irpef, aumentata sensibilmente proprio dal governo Zapatero (adesso il 7 per mille, contro il 5,2 precedente). In altre parole lo Stato riconosce alla Chiesa una centralità che in termini freddamente statistici comincia a non aver più ragion d´essere. Infatti non solo la presenza degli immigrati, oggi un decimo della popolazione spagnola, comporta richieste di diritti paritari per ciascuna fede, ma il cattolicesimo conosce, come ovunque in Europa, un declino numerico. Dal 2001 al 2005 sono diminuiti i sacerdoti (meno settecento), i seminaristi (da 1797 a 1481), i matrimoni celebrati in chiesa (di un quinto), i contribuenti che devolvono la quota dell´Irpef alla Chiesa cattolica (dal 39,1% al 32,9%), i figli nati da coppie sposate (oggi 71%, e dal 2005 la percentuale di figli nati da madri nubili aumenta ogni anno di un decimo). Se non bastasse, la contiguità tra una parte della curia e il franchismo ha generato un anticlericalismo forte, in genere giustificato dalla storia ma talvolta pretesto per discriminare, con la supponenza di cui siamo capaci anche noi atei, tanto il pensiero quanto gli studiosi cattolici. Ad una Chiesa già spaventata dalla sindrome dell´assedio e dall´angoscia del declino, Zapatero ha ventilato una serie di riforme su questioni legate alla sessualità e all´etica che gran parte della curia considerava di propria (quasi esclusiva) competenza. In seguito il premier ne ha lasciate cadere alcune e ne ha mitigate altre, sia perché troppo controverse, sia nel tentativo di trovare un compromesso con la Conferenza episcopale. Ma le leggi approvate dal parlamento hanno ugualmente sconcertato anche cattolici non bigotti. Per esempio Rafael Navarro Vals, cattedratico di diritto all´università Complutense di Madrid. Dice: «Il governo ha introdotto un congiunto di norme sul diritto di famiglia che non hanno eguale in alcun altro Stato europeo o americano. La legge sul matrimonio omosessuale, un´anomalia giuridica che allinea la Spagna a tre o quattro Paesi, sui 182 rappresentati all´Onu, e ora costituisce un autentico problema per il diritto internazionale privato. La legge sul cosiddetto divorzio "al vapore", che permette di rompere un´unione in tre mesi e fa del matrimonio l´unico contratto del diritto spagnolo che può essere sciolto senza causa. La legge che permette di cambiare sesso senza operazione chirurgica. O quella che permette la clonazione terapeutica. Tutto questo erode il tessuto sociale. E gli effetti si vedranno anche a breve». Trent´anni fa, quando un altro governo socialista introdusse il divorzio, la Chiesa proclamò che di lì a poco il matrimonio sarebbe caduto in disuso: non pare che la profezia si sia avverata. Così non si vede perché il divorzio "al vapore" o i matrimoni tra omosessuali (in due anni ne sono stati celebrati 3900) debbano necessariamente sconvolgere la società fin nelle sue fondamenta. Meno controverso è che tra il pensiero laico e il pensiero cattolico esistano, oltre a infinite comunanze, anche differenze non facilmente riducibili. Come gestirle? Il modello spagnolo non offre risposte. Ma con la sua conflittualità, almeno rende quelle differenze riconoscibili. Per stare alla metafora di Navarro Vals («Tra lo spirituale e il temporale c´è una frontiera delicata. E dove c´è una frontiera capitano incidenti di frontiera»), la Spagna odierna rende visibile quel confine. In questo la Spagna è molto diversa dall´Italia. Qui il papa non sbuca ogni sera nel tg delle reti pubbliche e non è invitato a inaugurare anni accademici. "Laicista" non è insulto, nessuno spaccia per sopraffazioni le educatissime inquietudini laiche per certe invadenze curiali, e se un Ruini convocasse una manifestazione non accorrerebbero i quattro quinti della politica nazionale. Se però provate a cercare il pensiero cattolico in una libreria italiana è improbabile che troverete molto di più che i Socci e i Biffi, la miracolistica di Medjugorie, l´islamofobia e l´idolatria di Pietralcina. Andate invece al secondo piano della Casa del Libro, la più grande libreria madrilena, e avrete l´impressione di un cattolicesimo vivo, dinamico, interessante. Troverete anche un libro che in Italia avrebbe vita grama, «La puttana di Babilonia», il nomignolo poco gentile con cui gli albigesi chiamavano Santa Romana Chiesa. Ma in fondo anche questo anticlericalismo spinto evita al cattolicesimo la sorte del cattolicesimo italiano, condannato all´indifferenza e all´indistinto dall´unanimismo ipocrita della politica. In Spagna la politica parla un linguaggio più schietto, perfino crudo. Lo scontro non è mascherato. Le reazioni sono forti. Non accadeva da quarant´anni che i vescovi spagnoli negassero la rielezione al presidente della Conferenza episcopale, come invece è successo ieri. Lo sconfitto, Ricardo Blazquez, probabilmente ha pagato l´irruenza di quei dignitari socialisti, incluso Zapatero, che nelle ultime ore avevano preso di petto l´ala belligerante dell´episcopato con parole quantomeno intempestive. Peccato, perché Blazquez si era presentato con una frase programmatica che probabilmente indica il metodo per sminare il confine tra lo spirituale e il temporale: «La Chiesa non vuole imporre la fede cristiana né la morale cattolica, la offre con franchezza e con coraggio a tutti». Guido Rampoldi