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 2008  marzo 01 Sabato calendario

Vita da steward lombrosiani. Il Manifesto 1 marzo 2008. Roberto Anchini mostra tutti i documenti, le schede di valutazione, il materiale sulla scrivania, sparse nel piccolo ufficio

Vita da steward lombrosiani. Il Manifesto 1 marzo 2008. Roberto Anchini mostra tutti i documenti, le schede di valutazione, il materiale sulla scrivania, sparse nel piccolo ufficio. Bisogna fare in fretta e bene, perché ci sono delle regole, dei controlli, ispezioni. E naturalmente soldi che ballano, professionalità da rispettare e ritorno mediatico da attendere. Da oggi anche lo stadio di Genova, come tutti gli stadi italiani la cui capienza supera i 7500 posti, dovrà attrezzarsi con gli steward di ordinanza. Anchini, attraverso la cooperativa Atform, ne cura la formazione. Conosce a memoria il decreto dell’8 agosto 2007, è andato a Coverciano a seguire gli incontri preparatori, si è industriato per superare alcuni punti oscuri. Come, ad esempio, assicurarsi che un candidato steward possa dimostrare la propria estraneità all’uso di droghe, alcol e elementi psicopatologici? Certificato del medico curante: è ok anche per l’Osservatorio. Omologato. Nella sede della cooperativa sono in corso le lezioni che servono a fare crescere bravi e responsabili steward. E’ la prima parte della preparazione: la teoria. Due classi da 25 persone l’una, età che varia dai 21 anni ai 55: corso psicologico, giuridico, primo intervento sanitario e ordine pubblico. Quest’ultimo risulta il più interessante: capire come un funzionario di polizia spiega ai futuri steward le caratteristiche del decreto, insieme alle valutazioni sull’ordine pubblico allo stadio da parte di chi lo gestisce da tempo immemore. A Genova uno degli insegnanti è Carlo Di Sarro, vicequestore vicario della questura ligure. Imputato al processo Diaz per essere uno dei firmatari dei verbali (considerati falsi dalla procura) di arresto e perquisizione della «macelleria messicana» del 20 luglio 2001, il suo nome è presente anche nelle recenti intercettazioni che tirano in ballo De Gennaro e Manganelli. Con Di Sarro si può solo scambiare qualche rapida battuta: una telefonata al capo di gabinetto della questura di Genova, Sebastiano Salvo e la lezione, improvvisamente, diventa a porte chiuse. Un inizio un po’ così in quella che dovrebbe essere una nuova fase di trasparenza e buon senso nella gestione degli stadi, proprio nel momento in cui a controllare i cittadini, saranno altri cittadini e non pubblici ufficiali. D’ora in poi, ogni domenica, gli steward saranno messi in campo in ogni stadio italiano con criteri peculiari, frutto di una organizzazione più simile alla catena di comando delle forze dell’ordine, che non a un corpo di pubblico servizio. Partendo dal vertice. Stefano Filucchi è il coordinatore nazionale di tutto l’ambaradan. Le istituzioni calcistiche - ma anche il ministero - si sono rivolte a lui. Non rilascia interviste: preferisce procedere, piuttosto che chiacchierare. Nella nota della Figc il suo curriculum parla chiaro: «Stefano Filucchi (attualmente vice direttore generale dell’Inter ndr) ha una larga esperienza in materia di sicurezza e ordine pubblico: entrato in Polizia nel 1989, ha ricoperto numerosi incarichi di responsabilità nelle strutture operative del Viminale. Dopo le prime esperienze alla Squadra mobile di Livorno, ha lavorato presso la Direzione investigativa antimafia quale capo sezione nei Centri operativi di Roma, Palermo e Firenze. (...) Portavoce del capo della Polizia De Gennaro nel 2002 e rappresentante italiano in organismi di sicurezza dell’Onu e dell’Ipo, Filucchi ha poi maturato un’esperienza specifica nel mondo del calcio assumendo nel 2003/04 la responsabilità della sicurezza e delle relazioni istituzionali dell’Inter». E’ stato il primo ad avere un ruolo deputato alla sicurezza per l’Inter, la prima società ad istituire una figura di questo genere. Una peculiarità dei Moratti-Tronchetti: basti pensare ai vari Tavaroli e scandali a seguito dell’ansia - e forse non solo ansia - di controllo (compresi i pedinamenti al bomber Vieri). A livello locale la struttura attraverso la quale viene emanata l’attività di stewarding è piuttosto articolata. Al vertice c’è il G.O.S.: una sigla che riecheggia un acronimo già usato dalle forze di polizia e che significa Gruppo Operativo di Sicurezza, una sorta di Osservatorio Locale. A comporlo un funzionario di Polizia, vigili del fuoco, servizio sanitario, la municipale e il delegato alla sicurezza della società. Poi ci sono loro, gli steward. Il capo steward divide con il delegato alla sicurezza la gestione dell’impianto. Poi, appena sotto, c’è un responsabile di funzione, poi tre coordinatori, poi due capi unità e infine i soldati semplici, gli steward con pettorina gialla o arancione e numero progressivo. Sullo spelacchiato campo di Marassi Matteo Sanna, responsabile della sicurezza del Genoa, ricorda gli imperativi categorici degli steward: accogliere i tifosi e prevenire i comportamenti considerati irregolari. La rivista della polizia ha così riassunto i loro compiti: bonifica dell’impianto, prefiltraggio, filtraggio, attività all’interno dello stadio. I requisiti sono molti, ma uno balza all’occhio: «conoscere le tecniche per individuare persone sospette dall’atteggiamento e dai modi di comportamento all’accettazione e ai controlli di sicurezza». Steward lombrosiani. L’intento da parte delle società è quello di assicurarsi persone che non diano di matto o che non siano teste calde: i candidati vengono vagliati dalla Prefettura e devono infatti superare prove attitudinali e test psicologici. Sanna specifica i già buoni risultati degli steward a Genova: «la maggioranza delle persone nelle curve si sono dette contente della loro presenza rispetto a quella della polizia». Anche se nella formazione non sembra siano previsti incontri con tifoserie o gruppi di tifosi, è chiaro a tutti che gli ambiti delicati saranno i soliti: le curve di casa e gli eventuali spicchi di tifosi ospiti. In quel caso il ruolo di controllo degli steward dovrà essere in grado di identificare eventuali comportamenti scorretti e riportarli direttamente ai pubblici ufficiali presenti e resistere a eventuali incandescenze dei tifosi. Come quelle capitate a fine gennaio allo steward di Piacenza, ma originario del Marocco che, pur essendo campione di kickboxing, ha ascoltato in silenzio gli improperi razzisti di un tifoso ascolano ubriaco e su di giri. L’ascolano è stato arrestato grazie ai meccanismi di video controllo degli stadi, lo steward è stato elogiato un po’ da tutti. Perché ha fatto come se non ci fosse stato. Ogni società ha scelto il proprio strumento e metodo di formazione e reclutamento: a Genova, ad esempio, la Provincia ha contribuito in modo importante a tutto il processo. A Firenze ci pensa la Confesercenti, attraverso la propria agenzia formativa, altre squadre lo fanno a proprie spese, a Piacenza la società li forma insieme all’università Cattolica. A Genova gli steward - che avranno contratti a chiamata o di collaborazione - beccheranno cifre tra i 45 euro (attività fuori dall’impianto) e i 25 euro (dentro) a partita. In Italia si oscillerà in generale tra i 100 e i 20 euro. Un po’ poco, ma probabilmente considerato abbastanza dalle società visto il target richiedente: studenti e precari. Per molti è il secondo lavoro, quello per arrotondare. Per partite di particolare importanza, le società potranno chiedere aiuto ad altre squadre. Parte oggi dunque un esperimento che, al di là di tante parole, non sembra modificare di molto quanto già eravamo abituati a vedere negli stadi. Ci saranno meno poliziotti, ma ci saranno comunque le consuete formazioni di scientifica, digos all’ingresso e dentro al terreno di gioco. Le telecamere faranno il resto. L’istituzione dello steward infine, sembra avvicinare anche lo stadio ai tanti non luoghi in cui la vigilanza pubblica e privata controlla zone pubbliche, creando confusione tra leggi e regole, come ogni buona società disciplinare di focaultiana memoria richiede. Perché gli steward dovranno agire e riferire, senza flessibilità. L’osservanza di nuove regole sembra un ulteriore passo verso il tentativo di rendere naturale e legittimo il potere di punire e la necessità, possibilità e con esse l’abitudine, che ad esercitare il controllo sia un proprio uguale, un cittadino. Simone Pieranni