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 2008  marzo 06 Giovedì calendario

Cuba: il vecchio e il male. Panorama 6 marzo 2008. Nella fase della transizione e delle riforme il regime cubano ricorda contemporaneamente l’Unione Sovietica dopo la morte di Leonid Brezhnev e l’Arabia Saudita

Cuba: il vecchio e il male. Panorama 6 marzo 2008. Nella fase della transizione e delle riforme il regime cubano ricorda contemporaneamente l’Unione Sovietica dopo la morte di Leonid Brezhnev e l’Arabia Saudita. Come a Mosca gli ottantenni vengono sostituiti dai settantenni (Raul Castro ne ha 75 e il suo vice, Machado Ventura, 78). Come a Riad il passaggio del potere avviene da un fratello all’altro. Il comunismo, promessa rivoluzionaria del XX secolo, ha creato regimi gerontocratici: fra Cuba e l’Urss, tuttavia, vi è una importante differenza. Dopo il breve tentativo riformatore di Yuri Andropov e la scomparsa di Konstantin Cernenko, il potere arrivò finalmente nelle mani di Michail Gorbaciov, un uomo di 54 anni che riconobbe subito pubblicamente la necessità di una riforma radicale. All’Avana, invece, l’uomo della perestrojka è Raul, fratello minore del comandante in capo. Non basta. Quando Gorbaciov divenne segretario del partito, i grandi della generazione precedente erano quasi tutti morti e il nuovo leader poté, qualche mese dopo, rinnovare interamente la composizione del governo e il vertice delle maggiori istituzioni. A Cuba invece Fidel Castro, benché fisicamente provato dagli interventi chirurgici del 2006, è ancora «Fidel», l’unico e insostituibile comandante in capo della rivoluzione. Non può viaggiare, svolgere funzioni di governo e cimentarsi nelle sue estenuanti maratone oratorie. Ma sembra essere perfettamente in grado di vigilare sulla politica dei suoi successori e di lanciare i suoi ammonimenti dalle colonne di Granma, la Pravda cubana. Non ricordo altra personalità politica degli ultimi cent’anni che abbia messo in scena con altrettanta abilità le sue dimissioni e abbia disegnato per se stesso il ruolo del custode del tempio. A giudicare dal discorso con cui Raul ha iniziato il suo mandato, Fidel sarà l’ombra di Banquo, spiritualmente presente a tutte le sedute del Consiglio di stato. Viene naturale chiedersi se esista a Cuba un gruppo di cinquantenni preparati a governare il paese. Ne conosciamo alcuni (il ministro degli Esteri, il segretario generale del Consiglio di stato), ma dobbiamo pensare che Fidel e Raul non li considerino preparati, affidabili, «maturi». Quali saranno, in queste condizioni, le grandi linee della perestrojka cubana? Sappiamo che Raul vorrebbe allentare le briglie sul collo del paese e fare di Cuba una piccolissima Cina dove le regole del mercato possano intaccare gradualmente il principio della proprietà pubblica dei mezzi di produzione, ma il partito continui a governare la società. Sappiamo che in alcuni dei suoi discorsi il fratello minore ha lanciato qualche velato messaggio agli Stati Uniti. Ma sappiamo altresì che ogni discorso di Raul è stato seguito, a breve distanza di tempo, da una riflessione di Fidel che chiedeva rigore e fermezza. Le riforme, se verranno approvate, saranno parziali e molto probabilmente prive di qualsiasi benefico effetto. In queste circostanze è molto probabile che il cambiamento non dipenda da ciò che accadrà all’Avana, ma da ciò che potrebbe accadere a Washington dopo l’elezione di un nuovo presidente. L’intransigenza americana ha avuto l’effetto di rafforzare il regime, di isolare e screditare l’opposizione, di rendere antinazionale e antipatriottico qualsiasi dissenso. Se Washington adottasse una nuova linea e cominciasse a temperare il rigore dell’embargo, i falchi del regime cubano verrebbero privati della loro arma più efficace. Se la dissidenza non fosse più soggetta al ricatto «patriottico» del passato, la voglia delle riforme potrebbe manifestarsi più liberamente e aiutare i riformatori del regime, se esistono. SERGIO ROMANO