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 2008  febbraio 29 Venerdì calendario

Russia, l’unico enigma è la divisione del potere. Avvenire 29 febbraio 2008. Chi sarà il prossimo presidente lo sanno anche i bambini

Russia, l’unico enigma è la divisione del potere. Avvenire 29 febbraio 2008. Chi sarà il prossimo presidente lo sanno anche i bambini. Il settimanale Express Gazeta ha indetto il concorso «Disegna il futuro capo della Russia» tra gli alunni delle scuole elementari. Sono arrivati migliaia di schizzi, tutti col ritratto di un uomo giovane, basso di statura, capelli neri ben curati ed elegantemente vestito. All’unanimità, i ragazzi hanno scelto Dmitrj Medvedev, il successore designato di Putin. Un anticipo di quel che sarà il voto di domenica. Mai un risultato è apparso più scontato, a tal punto che la campagna elettorale è praticamente inesistente. Nelle vie di Mosca i cartelloni con l’a­quila a due teste, simbolo della Federazione russa, si limitano a ricordare ai cittadini che il 2 marzo si vota. L’invito a recarsi alle urne è molto pressante, viene ripetuto alla radio e alla tv, lo leggi sul le vetrine dei negozi, te lo ritrovi su ogni carrozza della metropolitana. Lo rilancerà oggi Vladimir Putin nel suo ultimo messaggio da presidente al la nazione. Non farà il nome del suo delfino, non ce n’è bi sogno. «Insieme vinceremo!», proclama un gi gantesco manifesto sulla centralissima piazza del Maneggio, dove solitamente viene presentata pubblicità di orologi di lusso. La coppia più potente della Russia vi appare sorridente, Medvedev in cravatta e cappotto blu, mentre Putin, in giubbotto sportivo, marcia al suo fianco, ad indicare la continuità del potere su un duplice binario di comando: il primo al Cremlino, nello studio presidenziale, il secondo alla Casa Bianca, nell’ufficio di primo ministro. Si sono scelti l’un l’altro, i giochi sono chiusi. Beninteso ci sono altri personaggi in lizza, tanto per dare una parvenza di libera scelta all’eletto re. Tre candidati, oltre Medvedev, sono stati am messi alla gara presidenziale: l’inossidabile co munista Ziuganov, il pittoresco nazionalista Zhi­rinovskij e il fantomatico leader del nuovo Partito democratico Bogdanov. Sono gli elementi decorativi della democrazia in versione russa. Vecchi arredi i primi due, sulla scena politica dall’inizio degli anni Novanta, nuovo e stravagante il terzo, che gioca a fare l’opposizione di Sua Maestà. Gli altri possibili concorrenti si sono ritirati per non contribuire alla «buffonata», come ha di chiarato il leader liberale Javlinskij, oppure ne sono stati impediti, come il campione di scacchi Kasparov, che non è riuscito a trovare una sala per un raduno o come l’ex premier Kasyanov, denunciato con l’accusa d’aver falsificato buona parte dei 2 milioni di firme necessarie per la candidatura. Alla tv, in tarda serata, si possono ammirare Ziuganov che grida e Zhirinovskij che assalta fisicamente un suo interlocutore, ma entrambi si guardano bene dal nominare Putin ed anche Medvedev, che ha deciso di non partecipare ai di battiti pre-elettorali. E perché mai dovrebbe andarci? Lui è già onni­presente in tv dalla mattina alla sera, in una fabbrica di trattori, al tavolo con una famiglia moscovita, a un incontro di pubblici amministratori, a colloquio con le autorità della Bulgaria o della Serbia. «Non vi appare come candidato ma come vice-primo ministro – spiega Vladimir Ciurkov, ineffabile capo della Commissione elettorale ”. Non pretenderete che il governo non faccia il suo lavoro solo perchè c’è la campagna e lettorale... ». Stando ai dati diffusi ieri da «Media logia », società di monitoraggio delle tv, nel pe riodo che va dal 10 dicembre al 26 febbraio le reti nazionali hanno citato o mostrato Medvedev in 1832 occasioni, quattro volte più dei suoi avversari. «L’orsacchiotto» (questo significa Medvedev in russo) è il personaggio più coccolato, nulla distra no che i sondaggi lo diano oltre il 70% delle in tenzioni di voto. Si presenta all’insegna della con tinuità. «Mi sento obbligato a portare avanti la politica che ha dimostrato la sua efficienza negli ultimi otto anni: seguirò il corso stabilito dal presidente Putin», ha ripetuto due giorni fa agli e lettori di Nizhny Novgorod, nella Russia centrale. Si sforza d’imitare il suo grande mentore perfino nell’impostazione della voce, calcando la prima sillaba delle parole e con pause ad effetto, come ha fatto la scorsa settimana rivolgendosi al Forum economico di Krasnoyarsk. Un discorso che però ha toccato temi «liberal» sconosciuti al suo predecessore. «La libertà è meglio della non libertà, in tutti i campi – ha detto ai rappresentanti della piccola impresa ”. Mi riferisco a quella personale, quella economica e quella d’espressione del pensiero». Viso d’angelo e linguaggio dolce, Medvedev si distacca dalle maniere forti e dalle espressioni da caserma di Putin. Lui non viene dal Kgb, ma dalle scuole di giurisprudenza. Ed agli osservatori più attenti non è sfuggito l’accenno al «nichilismo legale» che si va diffondendo in Russia, inserito con una correzione personale dell’ultimo momento nel discorso preparato dal suo staff. Non è un cambiamento di rotta rispetto al putinismo, ma l’impressione è che al timone ci sarà una ma­no più leggera. Un Putin in versione «light»? Un finto presidente che cederà le redini di comando al primo ministro? Al centro studi moscovita della Fondazione Carnegie invitano alla pru­denza. «La diarchia in Russia non ha mai funzionato, il baricentro del potere è sempre stato al Cremlino ed un passaggio graduale di compe tenze dal presidente al capo di governo non sarà indolore». L’incognita non è il voto del 2 marzo, ma quel che succederà dopo. L’orsacchiotto resterà un docile peluche o tirerà fuori le unghie? LUIGI GENINAZZI