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 2008  febbraio 29 Venerdì calendario

Ciccio è morto dissanguato, Tore dopo una lunga agonia. Avvenire 29 febbraio 2008. I muri, i pavimenti, di una cisterna possono raccontare tante cose

Ciccio è morto dissanguato, Tore dopo una lunga agonia. Avvenire 29 febbraio 2008. I muri, i pavimenti, di una cisterna possono raccontare tante cose. Come pure due cadaverini ritro vati ventuno mesi dopo la morte, ormai ’mummificati’. Bisogna saper guardare. Occorrono pazienza certosina, un lavoro maniacale e parecchia passione. Eppure è possibile ’leggervi’ diverse cose capaci di svelare la storia complessiva o almeno il suo pezzo più importante. E così i periti medico legali nominati dalla Procura di Bari ieri pomeriggio hanno fatto la Tac ai corpi di Ciccio e Tore, sull’inte­ro corpo, che dopo una ricostruzione tridimensionale servirà a stabilire la natura dei traumi che i due fratellini hanno subìto. E così è andato avanti il lavoro della Polizia scientifica (in sieme agli ’Esperti ricerca tracce’ ar rivati dalla capitale) sul fondo della ci sterna nella palazzina abbandonata in via Giovanni Consolazione, a Gra vina. Né i medici legali, né gli specialisti del la Polizia in realtà - al di là delle inevitabili dichiarazioni ufficiali - sono troppo scettici o, peggio, si sono dati per vinti. Sono invece abbastanza fiduciosi - mettendo uno di seguito all’altro i risultati delle analisi su corpi e reperti - di avvicinarsi molto a capire come e perché i piccoli Francesco e Salvatore Pappalardi sono morti. Le domande cui bisogna dare risposta prima delle altre sono due: perché e come i bambini sono andati fin dentro quella palazzina e perché e come sono potuti precipitare nel pozzo dal la sua apertura più in alto, venticinque metri più su, immersa nel buio e in ci ma a cinque gradini. La Scientifica re sta lì sotto una decina di ore ogni gior no da martedì scorso, lì sotto e lungo i percorsi che si possono seguire per raggiungere la cima di quel pozzo. Fo­tografano, repertano, analizzano. Usano senza risparmio il luminol (che evidenzia eventuali tracce di sangue invisibili ad occhio nudo), scannerizzano centimetro per centimetro pareti e pavimento della cisterna, adopera no una nuova tecnica che attraverso un fascio di ’luce’ particolare rileva qualsiasi rimasuglio organico o impronta o elemento indistinguibile allo sguardo umano. Un mastodontico impegno che entro qualche settimana, mettendo poi tutto insieme, potrebbe costruire racconti magari inaspettati. Soprattutto nessuno esclude alcuna delle ipotesi minimamente ragione voli e verosimili (proprio perché fin qui tutte restano smontabili) o si lascia sopraffare da convinzioni pregiudi ziali: si indaga e ’guarda’ tenendo conto che tutto e il suo contrario può essere successo. Si è insomma deciso di ricominciare quasi da capo. L’omicidio o l’incidente (magari fuggendo da qualcosa o qualcuno) rimangono entrambi plausibili. La Procura prova a ipotizzare, mantenendo in qualche modo la tesi accusatoria: «Potrebbero essere finiti nella cisterna proprio tentando di fuggire dal padre che voleva punirli»... Ipotesi, appunto. Tut­tavia una certezza è acquisita: la terrificante agonia di Tore, lunga forse fino a quarantott’ore, prima che la morte s’impietosisse decidendo di prenderselo. Al più piccolo dei due, infatti, è stata riscontrata solo una piccola frattura al piede (forse perché caduto proprio sul fratello). Invece Ciccio, il maggiore, piombando a terra si è spezzato le gambe e si è rotto il bacino e il femore, perdendo molto sangue e probabilmente morendo abbastanza in fretta. Si lavora per capire dove i bambini sono caduti, se, come e quanto si sono mossi nelle viscere sotterranee di una palazzina che è un micidiale, intricato rompicapo di stanze, corridoi, cunicoli. Palazzina anche tragicamente sconosciuta nella sua struttura. Montano le polemiche legate all’incredulità per la constatazione che le ricerche dei due fratellini non si spinsero fin dentro quella palazzina nel centro storico di Gravina e dove i ragazzini andavano a giocare. Ma ora c’è un particolare: alcuni specialisti in realtà si affacciarono in cima a quella cisterna, la illuminarono con una torcia e non videro nulla. Non avrebbero potuto vedere, poiché Ciccio e Tore non erano nella ’luce’ del pozzo, ma appena più in là. Nessuno però sapeva che lì sotto esiste una stanza, nessuno ne aveva a disposizione una pianta, una planimetria o qualcosa di simile che potesse suggerire di scendere anziché limitarsi ad illuminare da venticinque metri più su. Nessuno l’ha neppure oggi. Altra questione: come ha potuto la gente che abita qui intorno, nei palazzi a dieci, quindici metri, non sentire le grida dei bambini? Anche questo in qualche modo però è spiegabile. Loro si sentono in colpa: «Scusateci se non siamo riusciti a sentirvi in quei momenti in cui sicuramente avete chiesto aiuto», hanno affisso sul muro «Gli abitanti di via G. Consolazione ». E però lunedì notte, quando nelle viscere sotterranee della palaz­zina i Vigili del fuoco hanno lavorato con i martelli pneumatici cinque ore per aprire, in un muro spesso un metro, un varco che permettesse di re cuperare i corpicini, nessuno degli abitanti ha sentito un rumore. Ieri la Tac: il fratellino più grande ha gambe e bacino spezzati, il minore ha solo una lieve frattura al piede La Procura ipotizza: forse scappavano proprio dal padre che voleva punirli, per questo sono precipitati PINO CIOCIOLA