Il Giornale 3 marzo 2008, Fianna Niresnstein, 3 marzo 2008
Hamas campa sul buonismo dell’Occidente. Il Giornale 3 marzo 2008. Se lo scontro divampa, se decine di palestinesi e due soldati israeliani sono stati uccisi, dobbiamo biasimare anche noi stessi, gli europei, gli italiani in particolare
Hamas campa sul buonismo dell’Occidente. Il Giornale 3 marzo 2008. Se lo scontro divampa, se decine di palestinesi e due soldati israeliani sono stati uccisi, dobbiamo biasimare anche noi stessi, gli europei, gli italiani in particolare. Noi abbiamo creato le premesse perché Hamas si sentisse immune quando nei mesi scorsi da parte del governo in carica, col consueto narcisismo buonista, si è insistito per instaurare un dialogo con una forza terrorista che non sa che farsene, si è compianto Gaza senza chiamare a rapporto l’estremismo jihadista di Ismail Haniyeh, Khaled Mashaal, la soppressione nella Striscia di tutti i diritti umani. La scelta strategica di dirottare i contributi internazionali verso le armi e il terrore, e di inaugurare sulla scia degli hezbollah la pioggia continua di missili su civili innocenti nascondendo le armi sotto i propri civili, nasce da una strategia che oggi si rivela esatta: far sanguinare Israele dentro le sue città, spopolarle e annichilirle, creare le condizioni per una reazione militare. La comunità mondiale, pensa Hamas, non interverrà per difendere Israele, e alla fine l’Idf dovrà avviare uno scontro che costerà a Israele l’odio internazionale. A monte di questo c’è il disprezzo di Hamas per l’altrui e la propria popolazione civile, la certezza che il mondo della jihad la seguirà comunque, la garanzia che a fronte del biasimo mondiale Israele non oserà addentrarsi più di tanto a Gaza né tantomeno, dopo averla sgomberata nel 2005, occuparla di nuovo. Che cosa cerca Israele con le sue incursioni dentro Gaza? Chi si tiene lontano dalle consuete teorie della cospirazione lo sa benissimo: far cessare Hamas dai bombardamenti delle sue città che come tutte le città del mondo democratico vogliono mandare i bambini a scuola, lavorare, dormire in pace. L’estensione dei bombardamenti da Sderot ad Ashkelon e la promessa di investire con missili di maggiore gittata anche Ashdod, vicina città portuale, l’intensificarsi delle sofferenze della gente non consentivano più ritardi. Che cosa causa il grande numero di morti fra i civili palestinesi? Intanto, la confusa definizione del termine «civile». In Israele, e in genere nel mondo democratico, solo chi indossa una divisa può definirsi militare. A Gaza, a fianco dei guerriglieri in divisa ce ne sono migliaia in t-shirt e jeans che partecipano al lancio dei missili, ad atti terroristici, a operazioni di fiancheggiamento. Inoltre, se osserviamo la dinamica delle operazioni di Israele, si individuano bene gli obiettivi sempre militari, uomini armati, terroristi in avvicinamento, camion carichi di armi, depositi, fabbriche locali, uffici e personaggi della struttura terroristica. Tuttavia è nelle zone fittamente abitate che Hamas nasconde uomini e armi. Le brigate che compiono incursioni vengono fiancheggiate dall’aviazione quando trovano una reazione molto dura. Qui avvengono le perdite. una guerra impossibile e sconosciuta, quella di Gaza. Ma è una guerra, e la convenzione di Ginevra non ha dubbi sul considerare responsabile per la morte di civili chi li usa come scudi umani. Se i commenti politici e giornalistici di questi giorni irresponsabilmente seguiteranno a disconoscere le ragioni per cui lo scontro divampa Hamas potrà continuare nel suo gioco. Questo significa che allora anche la Cisgiordania, affascinata dalla vittoria morale di Hamas, presto sparerà missili, che le ultime speranze in Abu Mazen verranno sotterrate per sempre. Infine: una tregua, a cui le parti dovranno andare, sarà un danno irreparabile se apparirà un cedimento, se Israele accetterà prima che Hamas rinunci ai missili. In questo caso, avrebbe solo regalato ad Hamas il tempo per accumulare i missili Fajar, 70 chilometri di gittata, in grado di colpire Tel Aviv. Per conquistare la terra promessa, ma alla Ummah Islamica. Fianna Niresnstein