Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  febbraio 29 Venerdì calendario

«Silvio ti amo sempre di più perché farai risorgere il Sud». Libero 29 febbraio 2008. Ci vuole il numeretto qui al piano terra di via dell’Oca 27

«Silvio ti amo sempre di più perché farai risorgere il Sud». Libero 29 febbraio 2008. Ci vuole il numeretto qui al piano terra di via dell’Oca 27. Il quartier generale capitolino di Raffaele Lombardo: il politico più corteggiato d’Italia. Neanche il tempo di celebrare le nozze col Cavaliere e già è partito l’assalto alla diligenza del Mpa. Un viavai di gente che lui cerca di sbolognare in cinque minuti con una promessa: «Io parlo a una velocità supersonica». sempre collegato all’auricolare: «Voglio i nomi di questi candidati della lista, capito? I-no-mi», impartisce al cellulare. «La Lega del Sud ha scatenato l’inferno sulla mia testa. Bisogna evitare di beccare fregature imbarcando tutto e il contrario di tutto», sospira disegnando ghirigori alla Ellekappa che richiamano le onde del suo riporto. Lei è l’unico che ha tenuto per gli attributi Berlusconi nelle trattative elettorali. Come c’è riuscito? «Non credo ci sia stato un vincitore e un vinto. Berlusconi ha condiviso tutta la nostra politica per il Sud». Ha ottenuto: il Ponte, la fiscalità di vantaggio... «Berlusconi ha capito che il Sud è una grande risorsa, grazie alla quale vincerà anche la sua scommessa di candidato premier». Ma perché c’ha messo tanto a dire sì? Ha portato il Cavaliere sull’orlo di una crisi di nervi. «A rallentare questa conclusione è stata una serie di sentimenti e affetti che Berlusconi nutre nei confronti di suoi amici cari». Tipo Gianfranco Miccichè? «Certamente. Berlusconi è fatto così. Quest’uomo, dipinto come uno spietato e cinico imprenditore, ha una dimensione umana e sentimentale davvero disarmante. E se permettete, dopo averlo incontrato più di qualche volta in questi giorni, io gli voglio bene molto di più. E sa perché?». Perché? «Perché tra i punti del suo programma mette il Sud». Anche Berlusconi deve tenere molto a lei se pur di candidarla ha ingoiato il rospo dell’Udc. «Produrre a livello locale la divaricazione che si è verificata a Roma avrebbe destabilizzato molti Comuni e Provincie che si reggono in piedi grazie alla partecipazione di FI, An, Udc ed Mpa». Non reputa un po’ schizofrenica questa soluzione? «Se avessimo scatenato un terremoto senza tentare questa anomalia, la Sicilia non avrebbe avuto vantaggi. stato un bene tenere dentro anche l’Udc». Con buona pace dei siculi democristiani che, barrando scudocrociato, alle Politiche voteranno contro il centrodestra e, alle Regionali, a favore. «Alle Regionali voteranno per me. Per il candidato del Mpa alleato con il PdL». Ma lei era pronto a sacrificare l’accordo col PdL sull’altare di Totò Cuffaro. così forte il vostro asse? «Il nostro non è un asse di potere, ma di amicizia e reciproco affetto, che io oggi sento più forte che mai. E poi siamo cresciuti assieme». A scuola di "Lillo" Mannino. Anche Marco Follini e Pier Ferdinando Casini sono stati allevati da Tony Bisaglia, poi s’è visto com’è andata. «Totò, a differenza di tanti sciacalli, è un uomo di cuore». I vostri detrattori la fanno meno poetica: dicono che a legarvi sia la gestione dei fondi comunitari. «Chi dice questo è un deficiente. I fondi vanno gestiti con il massimo della trasparenza, secondo le leggi». Che risultato si aspetta alle Regionali? «I sondaggi mi danno ampiamente sopra al 50%». Non si sta montando la testa? «Saranno i siciliani a dirlo». Quanti soldi ha chiesto al Cavaliere? «Neanche una lira». Nemmeno un ministero nella sua "lista della spesa"? «Assolutamente no. A Berlusconi ho chiesto cose concrete. Prima di tutto il Ponte sullo Stretto». Ma un progetto così faraonico non rischia di far spendere cifre astronomiche per l’ennesima cattadrale nel deserto? «Il Ponte non costa nulla al contribuente italiano. Lo hanno documentato le più importanti società di valutazione economica del mondo». Vuole far credere che un’infrastruttura monumentale impiantata in mezzo al mare e che sarà visibile pure dalla luna è totalmente a costo zero? «I contratti già firmati con le imprese dimostrano che costerà in tutto 3,5 miliardi: quanto i giochi invernali di Torino e il 40% in meno dell’alta velocità Roma-Napoli. Ma non si limita a questo il piano per il Sud che ho sottoscritto col PdL. Esso parla anche di ferrovie, fiscalità, disinquinamento del porto di Augusta, superamento dell’industria petrolchimica». Lei fece uno sciopero della fame a Gela. Contro l’Eni. «Per questo il grande capitale ce l’ha con me. E i giornali in mano ai poteri forti mi aggrediscono quotidianamente. Ma non mi fermo. Una motivazione come la mia crede che la baratti per un ministero? Alla mia veneranda età, con qualche mezza pensione che percepisco, potrei starmene a casa a godermi la famiglia e dedicarmi ai miei hobbies». Tipo? «Ho un’azienda agricola, valorizzo prodotti locali». Cosa coltiva? «Arance rosse, fichi d’india, l’uva di Mazzarrone e quella di Canicattì, pomodori pachino e anche il pistacchio, che ha un significato politico importante». Veramente, è più noto per il suo potere afrodisiaco... «Politico, politico. Chi legge capirà, dia retta. Poi glielo spiego fuori registrazione». Lei zappa la terra? «Mi piace interessarmi personalmente della coltivazione degli agrumi. Allevo galline, un paio di cavalle e due cani: Chiara e Full. Sono due cirneti dell’Etna». Cuffaro dice che lei gli regalò un gallo che uccise il suo. «Non sarà mai successo. Cuffaro era sicuramente in vena di vittimismo. Troppi galli insieme non possono stare». Però Totò dice anche che grazie al gallo che lei gli regalò le sue galline sono più contente. «Si vede che era un gallo scarso quello di Cuffaro. Ma io ho galline molto belle. Prima facevo schiudere le uova solo con le chiocce. Poi mi hanno regalato un’incubatrice e in questi giorni mi sono nati una ventina di pulcini. Ma la campagna elettorale mi impedisce di assistere alla schiusa delle uova». Oltre alla sua azienda agricola, lei gestisce anche una società controllata dalla Provincia che ne avrebbe raddoppiato i dipendenti gravando sul bilancio provinciale di 25 milioni di euro. O no? «Sono menzogne montate ad arte dalla sinistra. Ho dovuto chiedere a un mio amico avvocato di presentare querela per calunnia nei confronti del Corriera della Sera e di Repubblica che hanno scritto questa cosa». Non è vero che lei ha fatto assumere 500 persone in tre anni in cambio di voti? «Non ci siamo meritati la fiducia dei cittadini distribuendo favori o posti di lavoro. Da noi ci sono centinaia di migliaia di disoccupati. Non sarebbero i 500 falsamente inventati dai giornali a risolvere il problema». La accusano di «continuità con il cuffarismo», per aver alimentato un sistema di assunzioni clientelari come bacino di consensi quando guidava la Provincia di Catania. «A prescindere dal fatto che molti esponenti della sinistra sono stati dietro la porta di Cuffaro per anni, ottenendone benefici e prebende». A prescindere. «Non mi faccia fare i nomi di quelli che sono andati avanti all’insegna di un consociativismo che con me sarà archiviato». A Catania dicono non si muova foglia senza il placet di Lombardo. A partire dalla sanità. «Io ho amministrato una provincia che Ecma Monitor e il Sole 24 Ore hanno dimostrato essere al primo posto in Italia per gradimento del suo presidente. E al secondo in quanto a efficienza, trasparenza e rigore finanziario». Dev’essere stato molto amico anche di Follini, se lo scelse come testimone di nozze. «Sì, è vero». Siete anche andati in vacanza assieme. «Abbiamo fatto qualche viaggio di studio assieme». Siete ancora così amici? «Certamente. Ci incontriamo spesso al Caffè Sant’Eustachio, dietro al Senato». per colpa di Casini che mollò l’Udc? «Ho lasciato l’Udc perché quando ho rivendicato l’autonomia della classe dirigente siciliana si sono scatenati gli "ascari" casiniani contro di me». Non perché nel rimpasto di governo Casini mandò Mario Baccini al governo al suo posto? « esattamente il contrario. Nell’ottobre 2005 mi fu offerto un ministero, ma io rifiutai». Dicono che su di lei calò anche il veto di Fini. Tant’è che contemporaneamente il suo amico Nello Musumeci se ne andò da An. «Nessun veto da parte di Fini, che in questo momento, anzi, ha dato un sostegno che neanche avrei sospettato a favore della nostra causa». Lo fa l’apparentamento con Musumeci? Daniela Santanchè ha scommesso di no. BARBARA ROMANO