Libero 2 marzo 2008, Alessandro Dell’Orto, 2 marzo 2008
Che idea geniale sciogliere i Trettré. Libero 2 marzo 2008. Edoardo Romano, complimenti per il palmare
Che idea geniale sciogliere i Trettré. Libero 2 marzo 2008. Edoardo Romano, complimenti per il palmare... Ultimo modello? «Che fa, sffotte ? Sono da sempre in guerra con la tecnologia, non so accendere un computer e mi rifiuto di imparare. Guardi qui, che agendina: 800 nomi, tutti scritti a matita. Ogni due anni li copio, ci metto tre mesi». E per gli appuntamenti di lavoro? «A casa tengo ’n agenda tanta , ci sono su gli impegni da qui al 2010. Ogni sera copio su un foglio gli incontri del giorno dopo ed è una goduria: quando esco so sempre cosa fare e dove andare. Sono organizzatissimo, preciso. Quasi maniacale». Senza andare troppo in là nel tempo: domani che farà? «Qualche incontro d’affari e poi mi godo questa terza fase della vita personale e artistica, la più bella. Lavoro sulla scia della maturità, delle conoscenze e dell’immagine, mi muovo tra cinema, teatro e tv. In poche parole, scelgo cosa fare perché ho serenità economica e posso privilegiare la qualità alla quantità». Ultimo lavoro realizzato? «"Il papà di Giovanna", film di Pupi Avati in uscita a settembre. Avati non paga molto, ma grazie a lui ho vissuto uno dei momenti più emozionanti della vita». Cioè? «La passerella a Cannes con il film "Il cuore altrove". Quattro giorni indescrivibili, tutto extralarge, lusso, conferenza con 100 giornalisti da tutto il mondo. E poi il tappeto rosso per la prima, flash, applausi, gente impazzita». Già, la gente. La riconoscono ancora? La prima domanda che le fanno? «"Dove sono gli altri due?"». Che risponde? «"Sono morti, torno proprio ora dal funerale!". Ahahah. C’è chi ci crede, una vecchina un giorno si intristisce: "Che peccato, erano così simpatici!"». La seconda domanda? «"Perché non tornate?". Sa, il livello è così basso che si sente la mancanza della nostra generazione. Il problema è che ora gli artisti servono ai programmi, ma i programmi non servono agli artisti. Tempi troppo veloci, troppe volgarità. Ora si confonde notorietà con successo: il successo è quando ci si ricorda di te anche se sei sparito». E voi, allora, tornate o no? «No. Gino non vuole, non ha voglia di stressarsi. Fa teatro, gli sta bene ac cussì . D’altronde è sempre stato un indeciso, lo chiamavamo "Il signor ni". Mirko è autore a Mediaset, lui è d’accordo con me: questo sarebbe il momento giusto per rientrare». Già, 10 anni dopo. Pentiti di esservi mollati? « stata l’idea più geniale che abbiamo avuto: come per le attività com"merciali, devi vendere quando vanno bene. E poi la tv andava in una direzione che non ci apparteneva, noi eravamo più attori comici che cabarettisti, i nostri sketch duravano fino a 15 minuti. Siamo figli della scuola napoletana, non so se mme’ sppiego ». Perfettamente. Anzi, andiamoci insieme a Napoli. Come era il giovane Edoardo Romano? «Nasco il 2 gennaio 1942, papà operaio della ferrovia. Abitiamo nei Quartieri Spagnoli, zona povera, compagni di gioco senza istruzione». Vita da strada? «Divento scugnizzo superando le prove del decalogo». Cioè? «Dimostrare coraggio appendendoti al retro del tram, fare qualche scippetto, chiedere soldi in stazione. Ma la strada è stata anche la mia fortuna, mi ha insegnato a comunicare con la gente». Studi? «Mi diplomo geometra a fatica, poi scelgo di lavorare. Entro nel negozio sotto casa dove vendono macchine per cucire Singer e chiedo di fare il rappresentante». Primo affare? «Quartiere popolare, suono, aprono la porta e mi guardano male: "No, vada pure: non abbiamo spiccioli da dare". Capito? Credevano fossi un mendicante! Offeso, mi licenzio. Poi ci ripenso». E fa carriera. «Entro in un’azienda di cioccolato come rappresentante, uscirò 10 anni dopo come ispettore vendite. Poi mi assumono in una multinazionale del settore alimentare e da capo area divento vicedirettore delle vendite, stipendio da 4 milioni e mezzo al mese. E calcoli che siamo alla fine degli anni Settanta». Urca, complimenti. Scusi, e il mondo dello spettacolo? «Eheheh. Quello fa parte della mia seconda vita». Parliamone. Primo contatto? «Sottoscala a Napoli, conosco Gino e Mirko, propongo loro di metterci insieme. Primo nome: "I rottambuli". Più avanti Marcello Casco, attore e autore, suggerirà di chiamarci "Tret tré", nome che prende spunto dalla carta vincente del gioco "Tressette"». Quando iniziate a fare sul serio? «Inizio estate, provino a Roma per Rai2 e ci scelgono. fatta, e allora mi licenzio senza dire niente a mia moglie: fingo di andare in ufficio, invece vado a teatro. Finchè, dopo sei mesi, vengo scoperto». Ops. «Naturalmente lei non è d’accordo, ad ogni occasione si lamenta con le mogli degli altri due: "Edoardo è impazzito, mo’ lo mando a fare una visita!". Nemmeno le donne di Mirko e Gino sono contente e continuano a ripeterci: "Basta! Andate a lavorare!!!"». Beh... Siamo nel 1980, lei ha 38 anni, guadagna 4 milioni e mezzo e molla tutto per fare il comico: scelta bizzarra. «Sì, ma il problema è un altro». Cioè? «Torno dalle vacanze e ci dicono che quel famoso contratto è saltato, niente più lavoro. E resto a spasso. Un periodo infernale. Anche perché...». Che succede? «Muore papà e a mia moglie diagnosticano un tumore. Sembra una maledizione, servono soldi per curarla». E come fa? «Con grande umiltà, Edoardo Romano si trova un lavoretto: vendita di carta igienica. Qualità pessima, della più fetente». Scusi, Romano. Prima parlava della malattia di sua moglie. Sì, insomma... «Lidia si ammala nel 1980, morirà nel 1984. Il più grande dolore della mia vita. La porto a Parigi per cure speciali, le sto vicino, cerco di farla sorridere. Come quella volta che andiamo a comprare una parrucca perché ha perso i capelli a causa della chemioterapia: mi travesto nel negozio e recito per rendere la situazione meno pesante». L’ultimo ricordo? «Siamo mano nella mano, a casa. Prima dell’ultimo respiro mi guarda negli occhi: "Edoardo, giura che non ti risposerai". Ha mantenuto la promessa? «Certo, non tornerò mai più sull’alta re. Ho avuto solo un’altra storia importante, io 50 anni e lei 20. Sei anni insieme, poi era troppo possessiva». Torniamo ai Trettré. Quando il salto di qualità? «Un giorno obbligo Mirko e Gino a venire a Roma, recupero dei pass fasulli per entrare in Rai e saliamo al quinto piano. Pronti via, io davanti e loro dietro un po’ imbarazzati, faccio tappa ad ogni ufficio fino a piano terra e saluto tutti come fossero vecchi amici: "Buongiornoooo, si ricorda di me?. Come va?". l’occasione per conoscere un po’ di gente...». Quasi come uno dei vostri tormentoni storici: "Perrrrrmette che mi presenti? Mi chiamo Edoardo Romano!!!!!" . «E quello nasce proprio accussì . Mi metto al telefono e chiamo tutti per cercare lavoro. Finché il registra Nicotra, sfinito, ci fa andare al provino per il numero zero di "Drive In", anche se il cast ormai è già fatto». E vi prendono. «All’ultimo momento arriva anche Berlusconi, che si libera da un impegno: è la nostra fortuna. Concludiamo lo sketch con " Pe’ quassicosa ’a esposizione!!! ", lui si diverte e chiede di inserirci nel programma». Già, ma come nasce " Pe’ quassicosa ’a esposizione!!! "? «Modo di dire napoletano. Noi per pigrizia abbreviamo un po’ tutto. Per esempio, sa come si dice tangenziale? "Angenziana!"». Raccontiamo gli altri vostri tormentoni storici. "L’acqua è poca, ossia scarseggia, e la papera non galleggia" . «Eccerto, cioè: se non ci sono soldi, non sopravvivi». Ancora: "A mme’ me pare ’na strunzata!!!!" . «Filosofia napoletana mista a ironia. Che ne so, un tizio ti racconta che ha impiegato una vita negli studi e finalmente ha scoperto una cosa rivoluzionaria e te la mostra, è orgoglioso. Tu lo guardi, fai la faccia dubbiosa e poi sintetizzi: "Sarà pure ’n opera d’ar te, ci avrai pure impiegato ’na vita, ma a mme’ me pare ’na strunzata!!!!" Lo smonti sintetizzando, fa ridere». Nel 1985, alla terza edizione di "Drive In", è il boom. «Ci trasferiamo a Milano e alloggiamo all’Hotel Pincipessa...». Scusi, perché ride? «Si chiama "Principessa Clotilde", ma noi lo chiamavamo "Principessa clitoride" vista la quantità di belle donne che ci alloggiavano...». Buona questa. Parliamo un po’ di voi. Perché avete avuto tanto successo? «Andavamo d’accordo perché non ci frequentavamo mai fuori dal lavoro». Adesso vi sentite ancora? «Sì, ci teniamo in contatto». Miglior pregio di Gino? «La pazienza, la flemma. Non è mai stressato, se ne frega di tutto». Difetto? «Arriva sempre in ritardo. Una volta, per colpa sua, siamo arrivati tardi a un provino Rai per la trasmissione "Non Stop" e hanno preso i nostri rivali, quelli de "La smorfia"». Miglior pregio di Mirko? «Ottima penna e bravura ad assemblare». Difetto? «Si preoccupa troppo di tutto». Miglior pregio di Edoardo Romano? «Ero e sono bravo a creare tutte le opportunità». Difetto? «Sono un gran cagacazzo ». Torniamo a voi. Nel 1991 arrivederci Fininvest, i Trettré vanno alla Rai. «E mi invento uno sketch audace: entro in scena con una valigia per prendere in giro Berlusconi che ci ha appena accusati di essere traditori. Estraggo una foto del Cavaliere, poi la sciarpa del Milan. Mirko mi fa la battuta: "Ma che fai? Ora siamo qua in Rai". E io: "Oggi qua, domani là. Esse bi, capisci amme’!!" ». "Esse bi" sta per Silvio Berlusconi. «Ebbravo. Nelle prove funziona, ma gli altri due hanno un poco di paura e me lo bocciano. Prima dell’esordio in diretta, però, uno degli autori mi convince: quella cosa su Berlusconi è bella, va fatta». E che succede? «Prima puntata, entro in scena e senza avvisare gli altri mi presento con la famosa valigia. Mirko capisce cosa sto per fare e si incazza, ma a quel punto mi deve venire dietro. Ed è un grande successo». E Berlusconi? «Torno a casa e trovo un biglietto: ha telefonato Berlusconi. Lo richiamo. "Cribbio, mi è piaciuto il suo sketch, nessuno avrebbe avuto il coraggio di farlo. Dopo la penultima puntata venite ad Arcore, che parliamo un po’". Ci proporrà di tornare in Fininvest per "Buona Domenica"». Nuovo contratto, nuovi miliardi. A proposito: grazie ai Trettré siete diventati ricchi? «Soldi ne abbiamo presi, e molti. Eravamo in società - una srl - e io ero quello che si occupava della gestione. Anche perché quella volta che ho mandato Gino a depositare un assegno...». Ha fatto casino? «Beh, è entrato nella banca sbagliata e ha fatto il bonifico al conto corrente di un altro!!!». A fine anni Novanta addio Trettré. «Il lavoro rallenta, siamo all’apice, abbiamo la certezza di lasciare un’im - magine forte ed essere catturati singolarmente. Avessimo continuato, saremmo morti artisticamente dopo due anni». Lei che ha fatto? «Ho tagliato i capelli a zero per cambiare look. Poi l’incontro con l’autore Gigi Giuffrida, il teatro e l’inizio della terza vita. Quella di adesso». Edoardo Romano, ultime domande veloci. 1) Miglior attore di sempre? «Benigni, per cultura e comicità». 2) Tra i giovani? «Mi piace Carlo Buccirosso». 3) Ha figli? «Giuseppe ha 32 anni e vive a Milano, mentre Simona ha 34 anni e vive in Spagna: una settimana fa mi ha fatto diventare nonno». 4) Lei invece dove vive? «Sto a Roma per lavoro. La mia vera casa però è in Brianza. Adoro il verde e la qualità della vita del Nord». 5) C’è una cazzata che non rifarebbe? «Nella mia vita rifarei tutto. Ho sempre raggiunto gli obiettivi che mi sono prefissato». Prossimo obiettivo? «Fare una fiction per la Rai. E una sitcom». Ultimissima. Come concluderebbero i Trettré? Anzi, no, si fermi. Mica scelglierà proprio... «Troppo tardi! Sarà stata anche una bella intervista, avrà fatto anche tante domande interessanti. Ma a mme’ me pare ’na strunzata!!!! . Ahahahahaha». "p Il nostro segreto era che non abbiamo mai avuto un leader e non ci vedevamo dopo il lavoro. Quella volta che Gino ha versato un assegno sul conto di una banca sbagliata... Quando adesso mi chiedono che fine hanno fatto gli altri due rispondo per scherzo "Sono morti" e c’è chi ci crede davvero e commenta "Poverini, erano così simpatici...". Ora mi godo la vita e lavoro per divertirmi. Che soddisfazione quando ho fatto la passerella a Cannes per il film "Il cuore altrove" Alessandro Dell’Orto