Il Messaggero 2 marzo 2008, LUCIA SGUEGLIA, 2 marzo 2008
La Russia oggi alle urne. Il Messaggero 2 marzo 2008. ’Russia, avanti!” C’è scritto sulle decine di bandiere coi colori della Federazione sventolanti ai lati del ponte sulla Moscova che punta al Cremlino, conficcate contro il vento a indicare chiaramente la direzione
La Russia oggi alle urne. Il Messaggero 2 marzo 2008. ’Russia, avanti!” C’è scritto sulle decine di bandiere coi colori della Federazione sventolanti ai lati del ponte sulla Moscova che punta al Cremlino, conficcate contro il vento a indicare chiaramente la direzione. Chi paga? si chiede qualcuno. Mentre da Ovest arrivano le voci di un Occidente molto critico verso Mosca e il suo livello di democrazia, dentro il paese l’immagine nel giorno del voto presidenziale è quella di una Russia che va dritta per la propria strada. Già segnata, almeno fino ai risultati: con l’atteso jack pot di Dmitri Medvedev, forte della cospicua rendita di credibilità passatagli dal suo ”padre spirituale” Vladimir Vladimirovich Putin coi suoi otto anni di pil in salita. Sui rari manifesti elettorali, i due a braccetto si incamminano verso il futuro; mentre la tv satellitare in lingua inglese Russia Today, nata per propagandare una migliore immagine del paese all’estero, prova a dire che la democrazia è anche il diritto di previlegiare temporanemanete il benessere alla libertà. Alle urne oggi vanno 109 miloni di russi, anzi si sono avviati il 15 febbraio, nelle regioni più remote dell’immenso paese: che conta 11 fusi orari, dall’enclave baltica di Kaliningrad all’estremo oriente della Kamciatka. 364 i seggi all’estero per i tanti emigrati più o meno di lusso, e in orbita tra le stelle voterà anche l’astronauta Malenchenko. Unica incognita, l’affluenza. Per molti commentatori Putin, che venerdì dai teleschermi ha invitato a votare i cittadini «per il bene del paese», la desidera alta per legittimare il proprio successore, e nelle regioni i ”suoi” governatori avrebbero lavorato sodo per convincere ad andare alle urne tutti gli impiegati statali. Altri però suggeriscono che un plebiscito ”bulgaro” sarebbe imbarazzante per Medvedev (dato ora al 70%, briciole per gli altri tre sfidanti). Tra poco, coi suoi 42 anni sarà il presidente più giovane della storia russa dopo l’ultimo imperatore Nicola II, e finora, lui che non ha un passato nel kgb, ha voluto presentarsi come «più democratico» e «più liberale» del suo predecessore. Ulteriore, grande interrogativo: tenuta e funzionamento di quella che si prospetta come una reggenza a due, con Putin premier. Una transizione che durerà poco, si dice. Intanto, a vegliare sul voto sono dispiegati 450 mila uomini tra esercito e polizia (non troppi in verità per l’enorme estensione della Federazione), cani segugio sulle tracce di esplosivi nei 96 mila seggi, metal detector nelle maggiori città, nella classica tradizione sovietica buffet e lotterie per attrarre i votanti, sms che ricordano l’appuntamento il tocco di modernità. L’opposizione, ridotta a tre avversari ufficiali nelle persone del comunista Zyuganov, unico con un supporto reale e dei seggi alla Duma, e le due comparse Zhirinovski e Bogdanov, sembra ora cercare altri spazi di espressione. Fallito l’obiettivo di trovare un unico leader, ieri ha tentato la protesta last-minute Garri Kasparov. Depositando, insieme al leader dell’Unione delle Forze di Destra Belikh negli uffici della Commissione Elettorale Centrale a Mosca, una raccolta di 5500 firme di elettori che hanno deciso di boicottare la consultazione, bollata come «una farsa». Un gesto che è apparso però anche come un auto-epitaffio per i nemici di Putin. Ma guardando a domani, già si intravedono nuove turbolenze all’orizzonte, fuori dai confini: Gazprom, il ”Ministero dell’Energia” russo di cui Dmitri il giovane ha appena lasciato la guida, minaccia di tagliare nuovamente il gas a Kiev. LUCIA SGUEGLIA