Il Messaggero 29 febbraio 2008, LORENZO DཿAVACK, 29 febbraio 2008
Castrazione chimica. Il Messaggero 29 febbraio 2008. SEMPRE più montante la polemica sulla castrazione chimica nei confronti di individui che abbiano compiuto reati di carattere sessuale, con particolare riferimento poi a quelli sui minori
Castrazione chimica. Il Messaggero 29 febbraio 2008. SEMPRE più montante la polemica sulla castrazione chimica nei confronti di individui che abbiano compiuto reati di carattere sessuale, con particolare riferimento poi a quelli sui minori. Una polemica che, rientrando nelle misure ”sicurezza”, trova già ampio spazio nella propaganda elettorale. In genere tale rimedio, a volte in modo più soft indicato come ”controllo farmacologico delle perversioni sessuali”, è giustificato con l’argomento secondo cui si garantirebbe una efficace difesa sociale nei confronti dei soggetti aperti alla criminalità di carattere sessuale e sarebbe possibile sottrarre alle tradizionali sanzioni detentive individui che, privati della potenza sessuale, perderebbero aggressività. Si ritiene opportuno ricordare alla politica e alla società che il Comitato Nazionale per la Bioetica, organo di consultazione del Governo per le questioni eticamente sensibili, ebbe modo di affrontare questa tematica in due diverse occasioni: con il parere Problema bioetico della sterilizzazione non volontaria (20.11.1998) e con la Mozione sul trattamento obbligatorio dei soggetti per reati di pedofilia (17.01.2003). Entrambi i documenti hanno pronunciato la illiceità, sia sul piano etico che giuridico, di trattamenti forzati, quali sterilizzazione e castrazione, indipendentemente dal soggetto che ne deliberi l’effettuazione (genitori, medici, giudici, Stato) o dalle motivazioni (in particolare quelle di carattere psicologico-sociale) che possono essere addotte per giustificarle. Ritengo che le ragioni ed argomentazioni all’epoca avanzate siano ancora oggi tutte assolutamente valide e inviterei i futuri organi politici a leggerle e a tenerne conto. Primariamente è fortemente discutibile che tali misure presentino un carattere terapeutico-sanitario, dato che come ha avuto modo di osservare il prof. Silvio Garattini, illustre membro del Cnb, «non c’è nessuna certezza che interventi di carattere chimico quali quelli che sono stati suggeriti possano avere degli effetti veramente disincentivanti, non solo sull’atto di violenza sessuale, ma sull’atto di violenza sessuale nei confronti dei bambini ...». «Il problema osserva ancora Garattini è ben più complesso e parte dal cervello non dal testosterone. Dunque obbligare qualcuno a prendere un farmaco della cui efficacia non siamo certi diventa una forma di abuso». Inoltre, appare insuperabile il principio chiaramente espresso nella c.d. Convenzione europea di bioetica che all’art. 2 afferma che «l’interesse e il bene dell’essere umano devono prevalere sull’interesse della società e della scienza». Altresì insuperabile il principio costituzionale del consenso al trattamento medico da parte del soggetto (art 32,2 Cost.), qualora di trattamento medico si debba parlare. La difesa, poi, dell’integrità del corpo del reo appartiene ai principi fondamentali del diritto penale moderno (è la persona e non il suo corpo ad essere punito) e pertanto, già sotto questo profilo, una sanzione fisica come la sterilizzazione o la castrazione chimica non trova alcuna legittimazione. In realtà le ipotesi di sterilizzazione e castrazione penale non sono giustificabili come terapeutiche e nascondono la primitiva logica di contrappasso giudiziario che sta a loro fondamento. In modo analogo si dovrebbe allora anche presupporre che sia raccomandabile l’amputazione della mano a fronte di chi si macchia del reato di furto, per poi giungere attraverso questo ragionare all’ammissibilità della pena di morte. Ribadiamo che da un punto di vista etico la difesa della vita e dell’inviolabilità del corpo non discrimina tra vita innocente e vita colpevole. Non può allora che stupire la convergenza da parte di diverse correnti politiche su questa apertura, più o meno entusiasta, alla castrazione chimica di cui con poca scientificità si auspica il ricordato effetto di disincentivare gli atti di violenza sessuale, soprattutto sui minori. Personalmente ritengo che l’ipotesi di un tale intervento sul corpo anche con il consenso del reo a fronte di possibili sconti di pena, si traduca in atti eticamente inaccettabili e contrari all’art. 5 c.c., cagionando una diminuzione permanente dell’integrità fisica e incidendo in modo coattivo e irreversibile sulla corporeità della persona umana, sottraendole una dimensione essenziale alla sua identità. Un baratto questo nell’ambito dello sconto di pena che non si allontana di molto dalla stessa mercificazione del corpo umano. Ciò non esclude che in vicende come queste, che debbono essere valutate con estrema attenzione, tenuto anche nel debito conto l’aspetto sociale e psichiatrico che coinvolge il reo, si possano ipotizzare interventi più rigorosi, anche e soprattutto sotto il profilo processuale, che, rispettando un sistema di valori etici e giuridici, tuteli le categorie più deboli della società quali sono donne e minori. LORENZO D’AVACK