La Repubblica 2 marzo 2008, ANNA BANDETTINI, 2 marzo 2008
Allegro non troppo Ho settant´anni. La Repubblica 2 marzo 2008. ci voleva la mano di un inventore geniale per trasformare un omino di cartone, timido e ordinario, animoso e bonaccione, uno che arditamente, ma solo talvolta, osa mostrare una nascosta faccia di bronzo, in un piccolo, splendido eroe che fa ridere e fa venire il magone
Allegro non troppo Ho settant´anni. La Repubblica 2 marzo 2008. ci voleva la mano di un inventore geniale per trasformare un omino di cartone, timido e ordinario, animoso e bonaccione, uno che arditamente, ma solo talvolta, osa mostrare una nascosta faccia di bronzo, in un piccolo, splendido eroe che fa ridere e fa venire il magone. Il signor Rossi, che in doppiopetto e senza sorriso si ficca sempre nei guai, come uno di noi, uno dei tanti che sempre si rialza, era tragicomico allora e tragicomico adesso, dopo mezzo secolo di avventure animate. «Mi è sempre piaciuto raccontare l´uomo ridendoci su. Deve essere per via di mio padre, gran spirito critico. Se guardi il mondo con occhio critico, lo vedi più in profondità e dunque puoi anche scherzarci. Ecco da dove sono nati i miei film», dice Bruno Bozzetto, settant´anni domani, ancora ironici, entusiasti, appassionati. «Ma di festeggiarli non se ne parla. Starò con Tommaso, il mio piccolo nipote, che tanto mi diverte». Dopo centinaia di film e una cinquantennale, lusinghiera carriera, il più amato cartoonist italiano, un culto del cinema animato per invenzione grafica, ironia, impegno morale, il più celebre all´estero, il solo che sia riuscito a raggiungere una nomination all´Oscar (col magistrale Cavallette del 1990), continua a godersela immerso nelle sue passioni. «Non so star fermo - racconta Bozzetto - Sono una locomotiva. Nei rari momenti in cui non lavoro, disegno ma soprattutto scrivo. Raccontini, nulla di più, che poi rimetto prontamente nel cassetto. Meglio che faccia cinema». Pochi grandi hanno fatto tanto come lui, anche partendo da giovani. Un Oscar per il signor Rossi, il primo vero cortometraggio - dopo l´esperimento di Tapum! La storia delle armi del ´58 -, il primo con l´omino qualunque che sarebbe poi diventato una celebrità, è del ”60. «A Bergamo c´era un festival del film d´arte diretto da un certo Nino Zucchelli, dove ero di casa. Al festival ci si divertiva, era pieno di artisti jugoslavi che mi svuotavano la cantina. A un certo punto decisi di mandare un mio film in concorso, che però non fu accettato. Me la presi anche perché sinceramente al festival vedevo cose più brutte delle mie. Fu lì che mi venne la storia dell´omino appassionato che sta su la notte per montare il film della sua vita… La storia è la mia caricatura, ma il signor Rossi è quel Zucchelli che mi rifiutò il film». Quello sguardo sarcastico è rimasto come un marchio di fabbrica: dalla parodia western di West and soda del ´65 all´imitazione ironica dei zuccherosi cartoon Disney di Allegro non troppo del ´77 (qualche anno fa entrambi restaurati dalla Cineteca Italiana di Milano), agli indimenticabili lungometraggi con l´altro popolarissimo personaggio Vip mio fratello superuomo del ”68, fino agli sberleffi delle serie tv (Spaghetti family, I Cosi). Ma soprattutto quello sguardo ha marchiato gli innumerevoli cortometraggi, dirompente sintesi di una commedia umana: undici minuti di sarcasmo sulla guerra, la fame e la tv con I sottaceti (’71), due minuti di disastri planetari con la Storia del mondo per chi ha fretta (2001), sei minuti per lo sghignazzante ritratto degli italiani in Europa di Europa & Italia, primo film in 2D (2000), trafugatissimo sul web... e così via. «La mia vera passione è il cinema, non il cinema d´animazione. Fin da quando era ragazzino. Mio padre aveva comprato una Bauer, come la vidi non la mollai più scoprendo che il cinema era bellissimo come mezzo per raccontare storie. Bello ma impegnativo. Perché voleva dire ogni volta chiamare gli amici, mettere le luci... Allora cominciai a fare pasticci nel block notes e a riprenderli. Deve essere nato così Donald Duck Cartoon, primissima prova animata». Aveva quindici anni, mai avrebbe pensato che quello era il suo futuro. «Con coerenza mi ero iscritto prima a biologia, poi a geologia e infine a legge. I cartoon li facevo per passione, finché dopo qualche pubblicità mi chiamarono a Carosello. Allora i maestri che mi avevano stimolato erano Pagot dei Fratelli dinamite, Richard Williams della Pantera Rosa, gli autori della Zagreb Fil di Zagabria. Poi soprattutto Norman Mc Laren che mi ha dato il coraggio di fare qualcosa di diverso, di diverso da Disney e Tom e Jerry, voglio dire. Io volevo fare discorsi sulla società. Oggi posso dire che la pubblicità è stata una fortuna, perché dandomi da vivere mi permise di fare i tanti cortometraggi che non facevano guadagnare nulla ma dove mi esprimevo in totale libertà e creatività. Sono stati anni formidabili». Erano gli anni Sessanta in una Milano, dove è nato, che aveva la voglia di vivere della sua gioventù. «Il primo studio fu il salotto di casa, in San Babila. Quando cominciai con i Caroselli c´erano centinaia di disegni da far asciugare, erano dovunque, per terra, in corridoio. Poi, una volta sposato, andai ad abitare a Bergamo e lo studio si trasferì in via Melchiorre Gioia». Di lì sono passati devoti allievi come Manuli, Nichetti, Alvise Avati, il figlio di Pupi. Luogo mitico per i cinefili, lo studio ha chiuso nel 2000 sostituito da una strana "factory famigliare": Bruno, il figlio Andrea e Pietro Pinetti lavorano insieme a Bergamo, dove adesso abitano; Fabio, l´altro figlio, ha aperto a Milano una sua società di animazione; di computer si interessa anche una delle due gemelle che con moglie, cane, canarino compongono la «banda di matti» autoritratta nella serie la Famiglia Spaghetti. «Le idee più belle le ho avute in coda in autostrada durante i tragitti Milano-Bergamo. Avevo, anzi ho ancora, un registratore. Quando mi viene una frase indovinata, un pensiero, registro. Per anni, per esempio, vedevo di fianco all´autostrada una montagna di rifiuti che cresceva e che poi un giorno fu coperta di terra. E se un domani un contadino va a zappare lì sopra, cosa ci trova sotto? Mi chiesi un giorno». Venne fuori Big Bang, un corto dove la terra diventa un enorme cassonetto in procinto di scoppiare, che oggi sarebbe perfetto… «Le idee non sono un problema, il difficile è svilupparle perché il cartoon richiede tempo e professionalità». E tecnica, che Bozzetto ha sperimentato avidamente. «Per lazzaronismo, mi creda. Il cartone è un lavoro lungo, arcaico. Il digitale rende tutto più veloce. Per questo sono un fan della Pixar e di John Lassiter, vera pietra miliare dell´animazione 3D. Prima di lui c´erano delle sagome meccaniche senza anima, dopo di lui sono diventati umani. Prenda Nemo, con Bambi è il più bel cartone mai fatto. Anche internet è un mezzo stupendo, fai un film e dilaga come una epidemia, te lo vedono in tre-quattro milioni. Il problema è che non ci guadagni niente. Da anni mi sto spaccando la testa per trovare un modo per farlo fruttare, per i giovani sarebbe l´ideale. Ma ora ho altri progetti». Il primo progetto è un film pilota per Disney Channel che potrebbe diventare una serie di ventisei episodi. «Sempre la Disney mi ha chiesto un altro film pilota sulla falsariga dei miei corti su internet, stilisticamente semplici. Ci sono poi i cartoon sulle pensioni per Superquark. E nel cassetto una sceneggiatura di un lungometraggio, un Minivip e Supervip nella fantascienza, ma trovare una produzione oggi è dura. Quello che mi dà ai nervi è che in Italia fai il cartoon e tutti pensano ai bambini. Per adulti non è concepito e produrne diventa sempre più difficile. Così io che sono un velocista ho dovuto rallentare. Avrei potuto fare trenta lavori, ne faccio dieci. Pazienza, un po´ di tempo per il windsurf lasciamocelo». ANNA BANDETTINI