Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  marzo 02 Domenica calendario

E Quasimodo insultava Montale. La Repubblica 2 marzo 2008. Gli archivi di Giancarlo Vigorelli riserveranno probabilmente molte sorprese viste le numerose amicizie testimoniate nell´album fotografico Così tante vite a cominciare da quella con Gadda foriera di lettere inedite: di volume in volume l´epistolario gaddiano comincia a diventare davvero cospicuo, una sorta di racconto parallelo alle opere

E Quasimodo insultava Montale. La Repubblica 2 marzo 2008. Gli archivi di Giancarlo Vigorelli riserveranno probabilmente molte sorprese viste le numerose amicizie testimoniate nell´album fotografico Così tante vite a cominciare da quella con Gadda foriera di lettere inedite: di volume in volume l´epistolario gaddiano comincia a diventare davvero cospicuo, una sorta di racconto parallelo alle opere. Ci dobbiamo, intanto, contentare dei frammenti finora emersi e diluiti nel corso del tempo: lettere di Montale, di Quasimodo, di Moravia e di Dacia Maraini, della Ginzburg. Lettere al critico, ma anche lettere all´amico: la società letteraria italiana è sempre stata abbastanza ristretta, limitata a pochi circoli, geograficamente legati alle solite città, Milano, Firenze e poi Roma e, finché c´erano, ai soliti caffè. Nel nostro caso è Vigorelli a spostarsi: da lombardo diventa romano e da critico giornalista per dirigere Momento sera. Tornerà poi a Milano. Ma veniamo ai «frammenti»: il primo, cospicuo, è firmato da Montale (Eusebio) che gli scrive chiamandolo Eustachio. La lettera, da Firenze, è datata 4 marzo 1940 e qui la trascrivo: «Caro Eustachio, sono atterrito. Come farai? E poi chi legge l´"Assalto"? Ti pagano almeno? Finirai per maledirmi. Ma non fare note biografiche. Quelle poche le vedi nella Treccani "volume supplemento". Non ho però compiuto studi come crede A. Bocelli al quale io non l´ho mai detto. Ne ho fatti, dai Barnabiti, senza esito. Sapevo qualcosa di latino, nulla di greco. Ma queste cose non dirle, ché mi rovineresti. In più puoi dire che ho tradotto 3 lavori di Shak.: Winter´s Tale, Timon of Athens e Comedy of Errore - e da Eliot, da Guillén, da Leonie Adams. (Non sono, tra parentesi, come crede Titta Rosa, un eliotiano: il monthly (allora) criterion ha pubblicato Arsenio nel 1928, "prima" cioè che uscissero le liriche che avrei imitato in Arsenio. Confronta e vedi.) Ora traduco persino dello Steinbeck, per vivere. Delle Occasioni esce a giorni la 2a ediz. con quattro aggiunte da poco. Inediti proprio non ne ho. Come fare? Se mi venisse fatto qualcosa in questi giorni non mancherei di avvisarti. Puoi dire, en passant, che il New York Times del 29 gennaio mi ha dedicato un grosso feuilleton, che se t´interessa poso anche mandarti. di Henry Furst. In Corrente mi ha salvato Traverso, altrimenti si restava alla nota dell´aficionado Elio. Stroncature poche: quella di Sigillino e quella di Eurialo. E questa, io non ho mai detto che sia stata suggerita da altri: ma che certe conversioni di E. (che ormai non è più fermo a Betti) escludendomi rivelano il solito traffico, al quale non mi assoggetto. All right. Tutto è andato bene. Io sono un bischero ma non è colpa mia se gli altri sono più bischeri... «Nell´antologia metti anche due o tre ossi, in modo che le occasioni non siano più di un 60% dell´intera serie pubblicata. (Anche per ragioni editoriali) Sai che Ojetti m´aveva proposto (dopo essersi comprato il libro) per un piccolo pourboire dell´Accademia, ma Papini si oppone a spada tratta, persino con accuse politiche? Quanto alle poesie dice che le faceva meglio lui 20 anni fa, ma che ora ha mutato idee. Quindi è probabile che resterò a becco asciutto. Tanto meglio, se non fosse per quei quattro maledetti soldi. «Qui noia, ma non si sta certo peggio che altrove. Il Marques girava con una tua lettera pazzo di felicità. convinto di muoversi in una pepiniera di genii che gli faranno una piattaforma immortale. Siccome l´ho scoperto io, anni fa, tra gli abbonati del W.C. (Vieusseux), mi crede il suo Virgilio. Carlino è un po´ abbacchiato, sospeso tra la vita militare incombente e le varie stroncature; ma si rimetterà. «Come vedi, temo di poterti dare poco aiuto. Se vuoi rifiutare l´onorifico incarico del camerata Granzotto fallo pure. Ti devo già fin troppo. «Non so come stai fra i varii "gruppi" e se puoi ancora uscire di casa. Salutami quelli che si ricordano benevolmente di me». La lettera è firmata con un «sempre aff. mo Eugenio Montale». A questo punto servirebbero molte chiose per mettere in chiaro, fin dove possibile, i numerosi riferimenti a persone ed eventi. Mi limito a far notare il problema dei «maledetti soldi». Montale è stato licenziato dal Vieusseux in data 1 dicembre 1938, «nonostante i suoi meriti letterari e lo zelo e competenza», si legge nel verbale, poiché sprovvisto dell´appartenenza al Pnf. Gli viene liquidata l´indennità di preavviso e quella di licenziamento, ma all´atto pratico si ritrova privo di uno stipendio. Come accenna anche in questa lettera incomincia a tradurre per sopravvivere. Nel ”40 esce un solo articolo di Montale ed è la recensione al Ricordo della Basca di Antonio Delfini. Quanto alle Occasioni, il libro di poesie cui si fa più di un cenno, è uscito alla fine di ottobre del ”39. Il disoccupato Montale, che per un po´ pensò anche di andarsene in America, aveva scritto in quei mesi a Bobi Bazlen di aver evitato due suicidi in due mesi: e così registrava l´invio a Einaudi dell´opera: «Sono 50 poesie di cui 40 brevi e 17 sono inedite. Verrà un 120 pagine. Versi 1131 di fronte ai 1600 degli Ossi. Totale versi 2731; Leopardi ne ha scritto (esclusa la Batracomiomachia) 3996». Delle stroncature e delle altre chiacchiere del tempo non c´è ormai quasi più traccia. *** Vent´anni dopo un altro poeta italiano, Premio Nobel (1959) molto prima di Montale, e cioè Salvatore Quasimodo, scrive a Vigorelli a proposito di una intervista venezuelana contenente giudizi su Ungaretti e Montale. «Quello che riguarda Ungaretti, è chiaro, non l´avrei detto oggi e di questo puoi rassicurare il poeta. Per Montale, pur non avendo detto nulla in quella occasione, non mi pentirei di sottoscriverlo anche oggi perché Eusebio nei miei riguardi si è dimostrato, e continua a dimostrarsi, come il peggior lacchè di un monarca decaduto. Comunque non sono stato io mai a dirottare dalle buone qualità umane che ogni uomo di cultura dovrebbe avere "dentro". E se Eusebio, invece di fare gli scongiuri insieme col suo diletto fossile salottiero appena sente il mio nome, si mettesse una mano al posto del cuore (almeno sulla giacca) le cose andrebbero meglio. Io vivo a Milano e la città di Milano (parlo della ruota dei chierici) non mi sarebbe stata per lungo tempo nemica in virtù della presenza del nostro poeta». Dunque se Montale alludeva ai benevoli nei suoi confronti, Quasimodo reclama meno ostilità: Vigorelli, ma non solo lui, avrebbe potuto testimoniare della complessa vita (e psiche) dei letterati, spesso alle prese con invidie, maldicenze e colpi bassi. *** Di un colpo basso si lamenta Dacia Maraini in una lettera del ”62 a Vigorelli, piena di amarezza. Era accaduto che Vigorelli se la prendesse con L´età del malessere, opera della giovanissima Maraini candidata al Premio Formentor (che poi vinse). Vigorelli aveva attaccato la scrittrice, presentata da Moravia, alla libreria Einaudi di Roma. Poi aveva scritto alla Maraini ed ecco che lei gli rispondeva: «Caro Vigorelli, La ringrazio per la sua lettera. Soltanto non riesco a capire come lei possa scindere così facilmente la persona dello scrittore dalla sua opera. Lei non può dire che non ha nulla contro di me se tratta con tanto disprezzo ciò che scrivo e i termini in cui mi si è attaccato quella sera alla libreria Einaudi mi hanno offesa proprio perché i miei libri sono la più diretta espressione della mia persona. Ed io non mi presento al pubblico per essere ammirata per la mia faccia o per la mia giovane età, ma lavoro seriamente per dire alcune cose che mi stanno a cuore...». A sostegno della Maraini era intervenuto anche Moravia con una successiva lettera a Vigorelli: «Caro Vigorelli, come già ti dissi il giorno del nostro incontro per strada, non ho niente in contrario, per quanto riguarda la mia persona, a dimenticare quanto è accaduto dentro e fuori la libreria Einaudi. Tuttavia vorrei dire alcune cose circa la tua lettera a Dacia Maraini. Secondo me avresti dovuto riflettere un poco prima di riconfermare con tanta sicurezza e decisione il tuo giudizio negativo sull´opera della Maraini». Moravia aveva scritto una prefazione e presentato l´opera al premio Formentor. Grande bagarre. I premi sono un´altra occasione di scontro, non sempre effimero, tra i letterati. Per questo mi piace citare una lettera a Vigorelli di Natalia Ginzburg che, a proposito della candidatura al Campiello del suo libro Caro Michele, avverte il giurato Vigorelli: «Non desidero concorrere al Premio, anche perché, essendovi fra quei libri scelti alcuni libri che trovo molto belli, e nomi di amici che mi sono molto cari, non desidero entrare in competizione». PAOLO MAURI