La Repubblica 2 marzo 2008, GIANCARLO DE CATALDO, 2 marzo 2008
Il triste tramonto del Buon Bandito. La Repubblica 2 marzo 2008. «senza denaro è triste il destino/ ma il coraggio non ci è mai mancato/ se sei la mala passi dappertutto/ se sei la mala ti puoi pagare tutto/ evviva il vino e la bella vita/ viva le donne e la ladreria!»
Il triste tramonto del Buon Bandito. La Repubblica 2 marzo 2008. «senza denaro è triste il destino/ ma il coraggio non ci è mai mancato/ se sei la mala passi dappertutto/ se sei la mala ti puoi pagare tutto/ evviva il vino e la bella vita/ viva le donne e la ladreria!». Fu il vezzo di mettere in versi le scorribande del suo terzetto di scassinatori che condannò monsieur Clement: un poliziotto in borghese orecchiò il ritornello della ballata in argot che spopolava nelle bettole lungo la Senna e dal prezioso indizio fu agevole risalire all´inafferrabile rapinatore che aveva fatto razzia di casseforti nella Parigi di fine secolo. Inevitabilmente processato e condannato, Clement venne tuttavia osannato come un eroe popolare. Stesso destino sarebbe occorso, anni dopo, al rapinatore anarchico Jacob, la cui destinazione al bagno penale fu accolta dai francesi con la morte nel cuore. Maurice Leblanc, il padre di Arsenio Lupin, s´ispirò tanto a Clement che a Jacob. Gran seduttore, fascinoso conversatore, elegante commensale, inafferrabile e gentile spirito libero, Lupin è l´archetipo del Buon Bandito moderno, il degno figlio della rivoluzione industriale, del modernismo, dell´incalzare del pensiero scientifico. Legioni di lettori spasimano per le sue imprese, le donne sognano di incontrare dal vivo uno come lui, i giovani godono della disfatta degli sbirri che invano gli danno la caccia. Eppure, il Buon Bandito non ha niente a che vedere con il pio Robin Hood. Il quale non si limitava a derubare i ricchi, ma usava reinvestire ben più dell´"otto per mille" in beneficenza sociale. E nemmeno con il brigante della tradizione (l´Angiolillo, il Vardarelli) che raddrizza i torti e conforta le vedove. I vari Clement, Jacob, Lupin non sono dei filantropi, rubano per vivere alla grande, in quanto a coscienza sociale risultano alquanto primitivi anche all´osservatore più benevolo. Tuttavia, il processo di identificazione scatta immediato. Tratti precisi delineano la figura del Buon Bandito: detesta la violenza, per giocarsi la partita sul terreno delle idee e di geniali, arditissimi piani. Punisce l´avidità, rispetta i deboli, ogni impresa è per lui una sfida da condurre nel rispetto di regole comuni e condivise. E, soprattutto, rischia in prima persona: se preso, non piagnucola, non si "butta a Santa Nega", semmai, orgogliosamente, rivendica, ritorcendo le accuse contro i "borghesi" e la loro mentalità gretta e utilitaristica. Flessibile, come ogni mito che si rispetti, quello del Buon Bandito si adegua al mutare dei tempi. Già pochi anni dopo Lupin al "padrone delle ferriere" si sostituiscono gli anonimi consigli d´amministrazione delle società finanziarie. Il Buon Bandito legge Brecht e fa tesoro del celebre aforisma sulla natura ontologicamente "criminale" delle banche. Legge Horkheimer e Adorno, capisce che gangster e statisti tendono ad assimilarsi sotto il profilo morale e anche antropologico, che hanno non solo le stesse abitudini, ma persino la stessa faccia, e allarga l´orizzonte dei suoi interessi. il "cassettaro" che ripulisce il caveau senza nemmeno degnarsi di comperare un´arma sul mercato clandestino. L´hacker che, con un colpetto del dito indice, dirotta sul suo conto cifrato il patrimonio di una multinazionale. George Clooney che svuota le casse del casinò dove le mafie vanno a candeggiare i proventi dei loro sporchi traffici. Ma è proprio quel contesto che il Buon Bandito sa così bene leggere e interpretare che sta decretando, a rapidi passi, la fine del suo mito. Fine che avverrà, forse tra breve, per colpa dell´Auditel: perché le sue gesta ci lasceranno indifferenti, sedotti, come siamo, da ben altri stimoli. Il pregio del Buon Bandito è di restare fedele a se stesso, ai suoi "ideali" non violenti e sottilmente provocatori. Siamo noi a essere cambiati. cambiata, forse irrimediabilmente, la nostra percezione del rapporto fra il crimine e la normalità. Da molto, ormai, abbiamo smesso di provare interesse per genesi e prassi di qualunque impresa, sportiva come criminale. Ciò che ci sta a cuore è unicamente il risultato finale. Il "come va a finire", assolutamente svincolato da modi, tecniche, percorsi. Che sia gentiluomo o feroce, un bandito è tale soltanto se viene catturato, processato e - a volte persino accade - condannato. Altrimenti, è uno che ce l´ha fatta, e buon per lui. A noi, magari, toccherà la prossima. Questo confine fra "noi" e "loro" che rendeva così unici gli Jacob e i Lupin oggi lo avvertiamo sempre più vago e scontornato. Segni inequivocabili di criminofilia ci circondano. Vediamo uomini d´affari vestiti all´ultima moda come pusher dei ghetti. Respiriamo tutti, consapevolmente o meno, nelle notti elettriche delle metropoli come nei viottoli della "sana" provincia italiana, la coca, allegra compagna di scorribande. La ricchezza è un valore che affratella, se si porta appresso la violenza, nessun problema. la regola del gioco. Il Buon Bandito passa il testimone a Superciuk. Quel personaggio inventato dal genio dei fumettari Magnus & Bunker: lui che ruba ai poveri per dare ai ricchi, ecco uno che ha capito come vanno le cose. GIANCARLO DE CATALDO