La Repubblica 1 marzo 2008, SANDRO VIOLA, 1 marzo 2008
Le elezioni già decise nella Russia di Putin. La Repubblica 1 marzo 2008. A che cosa servono le elezioni parlamentari e presidenziali nella Russia di Vladimir Putin? La risposta è facile
Le elezioni già decise nella Russia di Putin. La Repubblica 1 marzo 2008. A che cosa servono le elezioni parlamentari e presidenziali nella Russia di Vladimir Putin? La risposta è facile. Servono a formalizzare le scelte già fatte segretamente al vertice del potere, conferendo agli eletti una posticcia, risibile parvenza di legittimità. Il Cremlino tenta d´evitare, così, che risaltino in modo troppo sfrontato la natura del regime e la stortura delle sue istituzioni. Ma la mascherata non basta a nascondere i lineamenti del sistema politico messo su in questi otto anni da Putin e dai suoi uomini. Vale a dire: un partito unico per quanto riguarda le elezioni al Parlamento, e una successione alla presidenza stabilita secondo procedure di tipo monarchico. Chiarito questo, ci si può chiedere se abbia un senso dilungarsi sui possibili risultati delle elezioni presidenziali di domani. Dalle urne uscirà infatti,senza la minima possibilità d´errore, il nome di Dmitrij Medvedev, per la sola e semplice ragione che due mesi fa egli è stato designato da Putin come suo successore. E col suo primo decreto, il nuovo presidente nominerà primo ministro proprio Putin. Il quale si trasformerà così da re a reggente, conservando intatti i poteri che esercitava al Cremlino. Tutto com´era stato patteggiato in dicembre tra i vari clan o potentati che compongono la struttura del regime russo. vero, ci sono altri tre aspiranti alla presidenza. Ma due di essi – il clown Vladimir Zhirinovskij, che secondo i sondaggisti avrà il 5 per cento dei voti, e l´indipendente Andreij Bogdanov che non dovrebbe andare oltre lo 0,1 – hanno la sola funzione di fingere un pluralismo delle scelte elettorali. Quanto al terzo, il comunista Gennadij Zyuganov, se nel suo elettorato, la parte di popolazione più anziana e più nostalgica dell´Unione Sovietica, non s´è verificata nel frattempo una grande morìa, raccoglierà il 13-14 per cento che i comunisti raggiungono regolarmente ad ogni elezione. Erano sempre andate così le elezioni presidenziali nella Russia post-comunista? No. Dodici anni fa, nonostante il mare di danaro che gli oligarchi d´allora avevano messo a sua disposizione, Boris Eltsin dovette faticare sino a farsi venire un infarto per prevalere, e solo al ballottaggio, su Zyuganov. Mentre nel 2000 Putin stesso, che come presidente ad interim già disponeva dei mezzi per ritoccare a piacere i risultati, venne eletto con appena il 52 per cento dei voti. Qualche tempo fa, dunque, in Russia si votava quasi sul serio. Mentre oggi, dopo gli otto anni di Putin, siamo alla farsa. Mancando qualsiasi incertezza sul nome che domani sera vedremo uscire dalle urne, l´attenzione si sposta sull´uomo che tra qualche settimana ascenderà al Cremlino. Medvedev sarà il "puppet" di Putin – come scrivono vari commentatori americani – cioè a dire un fantoccio, o riuscirà ad influire, avendone in teoria tutti i poteri, sulla prossima vicenda politica, economica e sociale della Russia? Qui le risposte sono tutto meno che facili. Non si deve infatti dimenticare che il regime poggia su uno zoccolo duro composto da 100-150 ex agenti segreti, i quali hanno praticato per anni, insieme ad altre oscure mansioni, la cosiddetta disinformazione. Le tecniche, cioè, con cui far credere che sia vero il contrario del vero. Da qui i dubbi che affiorano da quella che potremmo chiamare l´"operazione Delfino": o con altre parole, il lancio pubblicitario dell´immagine di Dmitrij Medvedev in patria e all´estero. In corso da circa un mese, l´"operazione" è articolata soprattutto su alcuni passi dei discorsi che il prossimo presidente ha pronunciato dopo che Putin lo aveva prescelto per la successione. E che cosa ci dicono i passi di quei discorsi, scrutinati in precedenza, inutile dirlo, dal Cremlino? Dicono che quella di Medvedev sembrerebbe una concezione del potere, della democrazia e dell´economia non del tutto concorde (se non addirittura, in alcuni punti, discorde) con le pratiche del regime. Medvedev ha posto infatti l´accento, oltre che sull´elogio della libertà, sulla necessità di modernizzare l´economia russa rafforzandone il settore privato, diminuendo l´influenza delle grandi "corporations" statali, togliendo spazio alle interferenze governative. Non solo: ha anche detto di non vedere con favore la presenza di uomini con incarichi politici nei consigli d´amministrazione delle aziende di Stato. E quegli uomini sono i suoi colleghi al vertice del regime, che assommano ai poteri che vengono dalle loro funzioni nel potere esecutivo la gestione della ricchezza russa: petrolio, gas, armamenti, eccetera. Qui l´"operazione Delfino" appare molto sofisticata. Non si tratta più, infatti, di far sapere che il giovane Medvedev è un intellettuale senza legami con i servizi segreti, un ammiratore di molti aspetti delle nostre società e un fan dei Deep Purple, così da procurargli una buona accoglienza in Occidente. Questa è pratica normale, nei servizi russi, che nell´82 descrissero il capo del Kgb Yurij Andropov, il successore di Breznev, come un appassionato di jazz e gran lettore di gialli americani. No, l´accenno critico alla "razza padrona" che a Mosca cumula il potere politico e quello economico, quel folto gruppo di persone oggi tra le più ricche d´Europa, va valutato con più attenzione. Certo, il fatto che Medvedev non può aver improvvisato, e dunque che almeno Putin sapesse in anticipo quel che il Delfino avrebbe detto nei suoi discorsi, fa pensare che la critica ai potenti del regime costituisca un aspetto della campagna di disinformazione. Un "maquillage" destinato a far credere in un Medvedev di idee proprie (e gradite in Occidente), mentre nei fatti il nuovo capo dello Stato sarà un re minorenne sotto tutela, così come Putin deve aver garantito ai siloviki, gli ex Kgb che lo contornano, per ottenerne l´assenso sul nome del successore. Ma che tutto andrà come s´aspettano i clan del Cremlino, questo non è al momento sicuro. L´ipotesi più probabile sul prossimo futuro politico in Russia, è indubbiamente la Reggenza. Ma esistono altre ipotesi che non si possono ancora scartare. Per esempio la possibilità che Medvedev, oltre a rafforzare col peso della carica lo sparuto gruppo liberista del regime, possa anche servire a Putin come leva per risistemare gli equilibri interni al potere, riducendo man mano l´influenza dei clan e il pericolo che viene dai loro sempre più scoperti antagonismi alla compattezza del regime. Perché questo va tenuto presente: la stabilità dell´attuale potere in Russia non è più quella che sembrava negli anni scorsi. I clan si sono già combattuti con ricatti e arresti arbitrari attorno al problema della successione, e gli smottamenti d´una vera lotta di potere non sono quindi da escludere. Colpisce infatti che solo adesso, due giorni prima dell´elezione di Medvedev, la Russia abbia assunto nei confronti dei programmi nucleari dell´Iran una posizione assai vicina a quella dell´Occidente. Quasi che Putin intenda raffreddare le tensioni che lui stesso aveva suscitato nei rapporti con l´America e l´Europa, così da potersi dedicare senza altre distrazioni a salvaguardare gli equilibri e la durata del suo regime. Sandro Viola