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 2008  marzo 03 Lunedì calendario

E ora trema il paradiso svizzero. La Repubblica 3 marzo 2008. «Il Liechtenstein? Solo le prove generali

E ora trema il paradiso svizzero. La Repubblica 3 marzo 2008. «Il Liechtenstein? Solo le prove generali. Il vero obiettivo della campagna di Angela Merkel e della Ue è il "pesce grosso": la Svizzera». A Lugano, sul lungolago più amato dai contribuenti italiani, l´aria è frizzantina. La primavera alle porte però c´entra poco. Nei salottini del private banking ticinese, così come nei riservatissimi caveau di Zurigo e Ginevra il problema è un altro: la bufera prossima ventura che - qui ne sono convinti tutti - proverà (questione di settimane dicono) a scardinare per l´ennesima volta la pietra angolare dell´economia nazionale: il segreto bancario. Un ombrello impenetrabile sotto cui sono stati parcheggiati 3mila miliardi di "risparmi" di cittadini esteri (10 volte il pil elvetico) di cui 270 miliardi esportati da presunti contribuenti italiani. Un´industria che garantisce il 15% del prodotto interno nazionale e il 25% di quello del Canton Ticino. «Preoccupati? Certo che siamo preoccupati», conferma Franco Citterio, presidente dell´associazione delle banche ticinesi. «Giovedì scorso abbiamo tenuto un incontro tra autorità finanziarie e politica - spiega Citterio - E le posso assicurare che il disagio è condiviso. Siamo sicuri che tra poco qualcuno in nome della battaglia ai paradisi fiscali tornerà all´attacco». I timori, in un caso come questo, non conoscono confini. E in stato di pre-allarme sono entrati anche le decine di migliaia («il numero vero è difficile da stimare», ammette Citterio) di nostri connazionali che da quarant´anni a questa parte hanno spostato una fetta dei loro soldi nei forzieri anonimi e blindati della Confederazione. Imprenditori, liberi professionisti, commercianti, tante ricche vedove «con depositi nella grande maggioranza tra i 250mila e i 2,5 milioni di euro», stima il numero uno dei banchieri locali. Un tesoro immenso (circa 200 miliardi solo in Ticino) dove - in mezzo ai patrimoni di tante grandi famiglie - sono rimasi nascosti molti segreti della finanza di casa nostra, dal Banco Ambrosiano a Tangentopoli fino a Parmalat e alle scalate di Fiorani s& C. «Io? Sono qui per caso - assicura Mario (lui dice di chiamarsi così), mettendosi davanti alla targa italiana della sua Audi nera nel parcheggio di una banca di via Zurigo a Lugano -. Il Liechtenstein? Ho letto i giornali. Ma non sono problemi che mi riguardano». Questa la versione ufficiale. Ma la realtà, girando e garantendo discrezione tra gli uffici delle fiduciarie ticinesi, pare essere un´altra. Certo chi ha portato i soldi da questa parti in maniera trasparente («l´hanno fatto in tanti anche dopo lo scudo fiscale, regolarizzando i conti ma lasciandoli in Svizzera per garantirsi servizi finanziari più sofisticati», dice Eugenio Romita, tributarista dello studio Di Tanno) non ha nulla di cui preoccuparsi. Ma l´esercito degli esportatori illegali non si fida: «Negli ultimi tre giorni il nostro centralino è intasato - ammette un impiegato di una grande banca ticinese - Cosa chiedono? Vogliono essere rassicurati sul fatto che nessuno farà mai i loro nomi». E i più sofisticati («in tanti, le assicuro») hanno deciso di mettere un altro schermo "fiscale" tra sé e l´erario italiano, facendo aprire un "sotto-conto" a Singapore, a Panama o in Dubai, paesi meno sensibili alle pressioni Ue. Una mossa, tra l´altro, che mette al riparo anche dalle delazioni di eventuali gole profonde come successo in Liechtenstein. Berna e la sua economia bancocentrica - già duramente provata dalla tempesta dei subprime - temono una contro-fuga di capitali. E il governo non a caso ha adottato la linea dura: «Le regole non si cambiano» ha fatto sapere nei giorni scorsi. Tradotto in soldoni - la lingua che qui si capisce meglio - significa che i nomi dei correntisti esteri di banche svizzere, italiani in testa, sono e rimarranno segreti. E che lo scambio di informazioni con i paesi Ue avverrà solo per una serie di reati penali gravi (dalla corruzione al terrorismo) ma non su richieste legate a profili di evasione fiscale. Reato che a Lugano e dintorni - guarda caso - è solo amministrativo mentre la violazione del segreto bancario è punita con la reclusione fino a sei mesi. Di sicuro per Jan Egbert Sturm, direttore del centro di ricerca congunturale Kof di Zurigo «non c´è un rischio di revisione di queste norme a breve termine anche se la verità è che la pressione è cresciuta e la Svizzera è tornata nel tritacarne». Il termometro dei valichi di confine però non segna ancora tensione da allarme rosso. «Qui da noi è tutto normale. Certo troviamo ogni tanto qualcuno con due-tre migliaia di euro di troppo in tasca. Molti con ricevute bancarie di versamenti o prelievi in Svizzera o assegni post-datati. Ma siamo nella norma - dice Bruno Ferrara, capo-dogana a Ponte Tresa, due passi da Lugano -. I controlli? Ma ormai i soldi viaggiano via computer! Certo l´esperienza ci aiuta a fare ispezioni mirate. Ma calcoli che dalle 5 alle 9 di ogni mattina qui passano 12mila macchine di frontalieri. E perquisirle tutte è francamente impossibile.». Nessun fuggi-fuggi insomma. Anche perché da queste parti considerano la campagna anti-Svizzera un po´ forzata. «Di aperture alla Ue ne abbiamo già fatte tante», ricorda l´Abi elvetica. Ultima l´intesa sulla ritenuta del 2003 in base alla quale Berna, in cambio dell´ok al segreto bancario, versa ai paesi d´origine un´aliquota del 15% sugli interessi obbligazionari (solo quelli) di cittadini stranieri. Nel 2006 all´Italia - che grazie allo scudo fiscale ha fatto riemergere dalla Svizzera oltre 30 miliardi, più o meno il 50% del totale - sono stati girati "solo" un centinaio di milioni di euroritenuta, somma che per gli esperti dimostra come la norma sia facilmente aggirabile. Il primo serio esame sulla robustezza dei forzieri svizzeri però non è troppo lontano. Ad aprile Angela Merkel, la nuova Giovanna d´Arco del fisco continentale, sarà in visita a Berna. E ha già fatto sapere che la trasparenza bancaria «sarà un argomento all´ordine del giorno». «Siamo una preda facile», commenta amaro Citterio. Se il muro di silenzio e di mistero che circonda i conti elvetici inizierà a incrinarsi, il rischio è che questo fiume di denaro senza patria ritorni a emigrare di nuovo. E con Liechtenstein, Lussemburgo e Monaco anche loro sotto assedio, a far festa saranno con ogni probabilità i paesi offshore emergenti. Dove le grandi banche svizzere, guarda un po´, hanno iniziato da tempo a potenziare i loro uffici. ETTORE LIVINI