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 2008  marzo 03 Lunedì calendario

Il costo? 550 milioni. Corriere della Sera 3 marzo 2008. Le tre emergenze sanitarie di questi ultimi otto anni, che poi non si sono rivelate tali, Bse, Sars e influenza aviaria, sono costate alle casse dello Stato italiano più di 550 milioni di euro

Il costo? 550 milioni. Corriere della Sera 3 marzo 2008. Le tre emergenze sanitarie di questi ultimi otto anni, che poi non si sono rivelate tali, Bse, Sars e influenza aviaria, sono costate alle casse dello Stato italiano più di 550 milioni di euro. Oltre mille miliardi delle vecchie lire. La Bse è quella che ha maggiormente dissanguato le finanze pubbliche. Tra Sanità e Agricoltura si è speso non meno di 443 milioni di euro. La parte toccata alla Sanità è stata di 173 milioni 964 mila euro. In particolare, 164 milioni per allestire i laboratori diagnostici, assumere e formare il personale, acquistare i kit diagnostici. La differenza di 8,5 milioni di euro è stata destinata al potenziamento del Centro di referenza nazionale per le encefalopatie spongiformi. Il ministero dell’Agricoltura, per parte sua, tra il 2000 e il 2007 ha sostenuto il mercato dei bovini e gli allevatori – in crisi per il crollo delle vendite ma anche perché a seguito di una sola mucca positiva al test si era costretti ad abbattere un intero allevamento – con 32 milioni 946 mila euro per consentire agli allevatori di ricomprare le vacche abbattute e 4 milioni 383 mila euro per le giovenche. Ma la vera «mazzata» è venuta dalla distruzione delle carcasse bovine, con conseguente trattamento del materiale biologico ad alto rischio, stoccaggio e smaltimento delle farine animali. Una spesa di 228 milioni di euro dal 2001 al 2006 e ulteriori 5 milioni e mezzo dal 2006 ad oggi. Per la Sars sono stati spesi 60 milioni di euro, messi a disposizione della Protezione civile, che poteva più prontamente ed efficacemente utilizzarli, da parte del ministero della Salute. Trenta milioni andarono al Sacco e allo Spallanzani, 15 milioni furono destinati all’acquisto di antidoti per l’allarme terrorismo dovuto ad agenti chimici (non c’entra con la Sars, ma in quel periodo anche il terrorismo rappresentava una grossa fonte di allarme; comunque la maggior parte di quei vaccini oggi sono con ogni probabilità scaduti), gli altri 15 milioni per l’acquisto di 25 stazioni di decontaminazione da usare sia in caso di pandemia di Sars sia per difendersi dalla diffusione di altri eventuali virus o agenti chimici pericolosi. Le stazioni di contaminazione sono tendoni altamente tecnologici, che possono essere montati da personale specializzato in 4 minuti: ne sono state dotate tutte le Regioni italiane per porti e aeroporti. Tranne in qualche Regione (il Veneto per esempio), dove sono ben mantenute e pronte ad essere utilizzate, le tende sono pressoché abbandonate. Dentro quei 15 milioni di euro ci sta anche la spesa per mascherine, stivali, dispositivi di protezione per medici e personale di porti e aeroporti. E per l’assunzione di nuovo personale medico a tempo indeterminato e determinato. Nel 2005 scoppia l’allarme pandemia da influenza aviaria. Due i fronti della spesa pubblica: quello degli allevatori di polli, che sono stati poi risarciti con quasi 31 milioni di euro, stanziati principalmente dalle Regioni più colpite, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, oltre ad un cofinanziamento statale di 16 milioni e 700 mila euro. E quello del ministero della Salute: riuscendo a passare dai volatili all’uomo il virus dell’aviaria ha causato nel Sud-est asiatico (ma non in Italia) una grave forma di influenza, anche mortale. Per non farsi trovare impreparati di fronte allo scoppio di un’eventuale epidemia, il ministro Francesco Storace stanziò 6 milioni 102 mila 921 euro: 5 milioni e mezzo per prenotare 38 milioni di dosi di vaccino, attraverso tre contratti di prelazione con tre diverse case farmaceutiche. Il vaccino non è mai stato messo a punto perché non è possibile farlo se prima non scoppia la pandemia. Il resto fu speso per acquistare 150 mila dosi di una sorta di pre-vaccino destinato al personale sanitario di primo impatto. Mariolina Iossa