La Stampa 29 febbraio 2008, Lucia Annunziata, 29 febbraio 2008
Perché combattere i paradisi fiscali. La Stampa 29 febbraio 2008. Non condivido l’affermazione che lei, signora Annunziata, ha fatto sui paradisi fiscali parlando dell’isola di Sark
Perché combattere i paradisi fiscali. La Stampa 29 febbraio 2008. Non condivido l’affermazione che lei, signora Annunziata, ha fatto sui paradisi fiscali parlando dell’isola di Sark. Non dobbiamo farci incantare da realtà particolari, sulle quali questi territori prosperano. In un mondo globalizzato dove tutto è in concorrenza, anche il mercato delle imposte dovrebbe esserlo, anche gli Stati sovrani dovrebbero farsi concorrenza sulle tasse. Chi riesce a garantire le prestazioni sociali con una minore pressione fiscale è più bravo a governare di un altro che con tasse elevate non riesce a garantire un bel nulla. Ci sono tanti paradisi fiscali in Europa e nel mondo, stranamente sono tutti territori dove la qualità della vita e il benessere raggiungono standard che non siano neppure in grado d’immaginare. Al contrario noi che paradiso fiscale non siamo, che abbiamo una pressione fiscale tra le più elevate d’Europa, ci lamentiamo che i servizi che ci vengono offerti in cambio delle imposte sono sempre più scadenti. Non voglio arrivare a quella tappa finale secondo la quale minore è l’imposizione migliore è la qualità della vita, non è una regola generale ma è puntualmente verificata. Non dobbiamo farci incantare dalle sirene dei paradisi fiscali? E perché? Per anni ci siamo lasciati incantare dal pifferaio magico che ci ha raccontato che grazie a una politica di elevate imposte si riusciva a operare una redistribuzione del reddito in favore delle classi meno abbienti. A me pare che l’unica cosa che in questi anni è stata redistribuita sia la povertà, a tutti i livelli sociali. VITO PARCHER, CHIUSA (BZ) La ringrazio, innanzitutto, del suo tono pacato. Le tasse, si sa, sono ragione di sentimenti molto infiammati, per cui apprezzo molto il suo approccio. Rispondo ai suoi perché, additando un fatto dominante nella cronaca: uno dei paradisi fiscali di cui parliamo, il Liechtenstein, è stato messo nel mirino da una spettacolare operazione antievasione della Germania. La polizia tedesca ha fatto di tutto: dal fotografare tutti coloro che entrano in banca in quel Paese, al pagamento di 4 milioni di euro a un impiegato che ha fornito un elenco di evasori, pur di combattere questo reato. Metodi insomma da far impallidire i controlli che hanno portato il centro destra italiano a definire Vampiro l’ex (ormai) viceministro Visco. Nell’elenco tedesco si è scoperto che ci sono cittadini di ogni nazione europea, tanto per smentire che l’Italia è un caso unico; e che, fra questi, ce ne sono anche molti italiani, della categoria dei ricchi. Perché dunque criticare i paradisi fiscali? Perché, come questa vicenda tedesca dimostra: 1) a evadere sono i benestanti; 2) l’evasione scava un fossato fra chi può non pagare e la maggioranza dei cittadini, le cui tasse sono sottratte in busta paga. Visco sarà stato un Vampiro, ma mi pare che nella sua intransigenza non abbia fatto altro che seguire una strada europea. Lucia Annunziata