Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  marzo 02 Domenica calendario

Guadagno 14 euro. La Stampa 2 marzo 2008. Perfino lui stamane voterà per il delfino di Putin. «E perché non dovrei? Dmitrij Medvedev è giovane e ha l’aria per bene

Guadagno 14 euro. La Stampa 2 marzo 2008. Perfino lui stamane voterà per il delfino di Putin. «E perché non dovrei? Dmitrij Medvedev è giovane e ha l’aria per bene. E poi lo ha già scelto Putin per noi: e a Putin io devo tutto». L’uomo che dice di chiamarsi Dmitrij Avdonin ha 55 anni: ha perso il lavoro, dal mattino fin quando fa chiaro si muove alla ricerca di qualche rifiuto da riciclare fra le strade e i cortili di Golianovo - che potrebbe essere tradotto anche come il «quartiere dei miserabili» all’estrema periferia Nord Est di Mosca - in cui attorno ai prefabbricati brezneviani stanno crescendo casermoni di dubbia stabilità, come testimoniano i resti delle ringhiere cadute dal decimo piano di un fabbricato nuovissimo. D’estate, quando lavora in un’azienda agricola di Podolsk, una settantina di chilometri a Nord, guadagna 500 rubli al giorno (circa 14 euro), ma ora vive di elemosine e della vendita di oggetti che rimedia nei cassonetti dell’immondizia. Li fruga anche adesso che la pioggia è diventata un fastidioso nevischio gelato: «Non posso permettermi di fermarmi», ammette. Perché allora rendere omaggio a Putin, quando non si ha un lavoro e si affitta un letto per 50 rubli al mese? Perché Putin ha ragione quando sostiene che «i partiti democratici sono manipolati dall’estero» e vanno boicottati, risponde Dmitrij ripulendosi la barba dai fiocchi gelati. E poi, perché «quando lui parla mi sento russo fin dentro il midollo. Putin sa che cosa dire all’America, sa difendere il suo popolo, non ha paura di voi occidentali, è uno di noi e ci ha reso grandi». A differenza di Gorbaciov che «ci ha venduto a Reagan». Niente da dire sul fatto che, fino all’estate, gli toccherà di arrangiarsi? Tornando al suo cassonetto, Dmitri invita a non «provocare». Evdokia Larionovna ha 76 anni, per 50 ha lavorato in un’industria chimica. Ha una pensione di 5000 rubli al mese, l’equivalente di 140 euro, e si lamenta: «Aver lavorato tanto in una fabbrica a rischio non ci premia, prendiamo gli stessi soldi di chi ha lavorato la metà di noi». Eppure, anche lei stamane voterà per Medvedev, conferma indicando le vetrine colorate del «Cafè Karamel» e, poco più avanti, l’insegna fangosa del supermercato «Kopeika», «un centesimo», metafora mercantile di desideri e bisogni compressi che otto anni di era Putin non sono bastati a saziare: «Ho fatto una vitaccia ma grazie a Putin adesso si sta relativamente bene». «Mai sentito parlare di Eltsin, quando al mattino non si sapeva come sarebbe stato di sera? E Gorbaciov, che parlava parlava ma passati i primi sei mesi non riusciva a dar da mangiare neppure alla gente di Mosca?», domanda orgogliosa di quel che troverà fra poco al «Kopeika». Non tornerebbe indietro, Evdokia. Nonostante l’edificio in cui vive - 27 metri quadrati da dividere «soltanto con mio marito» - sia stato costruito a 5 piani ma con le misure di una casa di 4: con soffitti più bassi, dunque, per risparmiare sui costi di produzione. Nonostante per entrare in casa sia spesso costretta a far scendere qualcuno ad aprirla, perché dall’esterno la serratura del portone si inceppa. Nonostante il latte del «Kopeika», ammette, alle volte sia acido. Va mai in centro, Evdokia, le capita mai di passeggiare fra le vetrine della Tverskaya (l’ex via Gorki) dove un cappotto firmato costa due anni della sua pensione, o un caffè al banco l’equivalente di 3 euro? Il sorriso è scomparso, per fortuna il portone si apre. Nonostante il reddito medio dei suoi abitanti sia fra i più bassi, Golianovo è forse il quartiere della grande Mosca più schierato in favore di Medvedev. O meglio di Putin, che fa lo stesso per quanto riguarda lo scontato voto presidenziale di oggi. La spiegazione sorprende ma sembra rinviare al passato: oggi l’indigenza, a Mosca, è meno aggressiva di un tempo, nonostante i contrasti sociali siano superiori e sicuramente più evidenti, più diffusi e vistosi. «Anche i poveri stanno meglio», sostengono a ragione gli uomini del Cremlino. E la rassegnazione non è più soltanto un rifugio individuale ma un sostegno sociale al potere, come dimostrano le altissime percentuali di «apprezzamento» e «fiducia» nei confronti del presidente uscente da parte degli strati meno fortunati della popolazione. Ha certamente ragione Lev Gudkov, direttore del Centro Levada, un istituto indipendente di sondaggi, quando sostiene che «La forza di Putin consiste nella mancanza di qualsiasi resistenza e opposizione in grado di opporsi». Ma il suo successo nasce anche altrove: Putin è stato capace di far recuperare alla stragrande maggioranza dei russi la fiducia nel proprio futuro, per quanto difficile sia il loro presente. Perché a differenza di chi l’ha preceduto ha rianimato l’orgoglio russo - con atteggiamenti e scelte autoritarie che hanno sconcertato l’Occidente - e ha trasmesso un diffuso senso di stabilità: a cominciare dagli strati più deboli che, se sono veri i sondaggi, oggi non faranno mancare il voto a Medvedev. Borbottava Evdokia prima di chiudersi la porta alle spalle: «Sa qual è il guaio con voi occidentali? che cercate di farci pensare come voi». Emanuele Novazio