La Stampa 1 marzo 2008, Maurizio Molinari, 1 marzo 2008
Questo è un paese per carcerati. La Stampa 1 marzo 2008. Ogni cento adulti americani uno si trova dietro le sbarre e nella maggioranza dei casi si tratta di giovani maschi, afroamericani o ispanici
Questo è un paese per carcerati. La Stampa 1 marzo 2008. Ogni cento adulti americani uno si trova dietro le sbarre e nella maggioranza dei casi si tratta di giovani maschi, afroamericani o ispanici. A svelarlo sono le 36 pagine del rapporto del Pew Center di Washington intitolato «One in 100» (Uno su cento) che, cifra dopo cifra, accompagna il lettore in un viaggio nel più popolato sistema carcerario del Pianeta. Gli Stati Uniti hanno poco più di 300 milioni di abitanti, 230 milioni dei quali sono adulti e alla fine del 2007 il numero dei detenuti è arrivato a 2.319.258, grazie ad un aumento di 25 mila unità dovuto alla crescita delle detenzioni soprattutto negli Stati del Sud-Est: 4.447 in Florida, 2.413 in Georgia, 1.171 in Alabama, 1.267 in Mississippi. Per avere un’idea del dato statistico documentato dal Pew Center bisogna ricorrere ai paragoni internazionali: rispetto ai 2,3 milioni di detenuti americani la Cina, che ha una popolazione assai più numerosa, ne conta appena 1,5 milioni mentre la Federazione russa si ferma a 890 mila. Per spiegare le ragioni di questo «primato americano» il direttore del Pew Center, Susan Urahn, chiama in causa le leggi di «numerosi Stati» che fanno scattare le manette per piccoli reati come anche la tendenza a riarrestare entro breve tempo chi viola i termini della libertà provvisoria. L’identikit dei detenuti svela una mappa della criminalità che non è affatto omogenea: in carcere si trova un uomo ogni 106 e una donna ogni 355, nel caso degli uomini ispanici il rapporto scende a 1 su 36 e degli uomini afroamericani a 1 su 15 mentre per gli afroamericani compresi fra i 20 e 34 anni si arriva a 1 su 9, ovvero circa il 10 per cento del totale. Nel caso della terza età l’equilibrio invece è rovesciato: oltre i 55 anni i detenuti sono 1 su 837, uno dei gruppi più esigui. A conferma della rilevanza delle leggi dei singoli Stati, la distribuzione della popolazione carceraria non è uniforme sul territorio. Sono sette gli Stati che hanno oltre 50 mila detenuti: Texas, California, Michigan, New York, Ohio, Florida e Georgia. Il primato è del Texas, che nel 2008 ha scavalcato la California, mentre nel 2007 l’aumento maggiore in assoluto è stato del Kentucky, con un aumento del 12 per cento dei detenuti. Il Pew Center si astiene da emettere giudizi di valore sul fenomeno e concentra l’attenzione sugli aspetti economico-finanziari di una realtà che pesa ogni anno sulle tasche dei contribuenti per almeno 49 miliardi di dollari. Diminuire tali costi è un’esigenza per il governo federale come per le autorità locali e il Pew Center indica come possibile modello da seguire quello che è stato adottato da Kansas e Texas perché «di fronte alle proiezioni di un aumento continuo della popolazione carceraria hanno scelto una strategia che verte sul ricorso della supervisione in centri comunitari per i criminali a basso rischio» così come sul varo di incentivi legislativi al fine di ridurre il numero dei «recidivi», ovvero di coloro che tornano in prigione dopo un periodo di libertà inferiore ai 36 mesi. Fra le critiche sollevate nei confronti del rapporto c’è il fatto di non identificare quanti fra i detenuti sono degli immigrati, clandestini o meno, e quando un reporter l’ha rilanciata a Susan Urahn la risposta è stata sferzante: «Non facciamo differenza fra detenuti immigrati o meno, ma se proprio vuole saperlo i giovani immigrati uomini hanno un tasso di detenzione assai più basso dei coetanei nati negli Stati Uniti ed è proprio la loro presenza ad abbassare il tasso di incarcerazione nazionale». Dati alla mano, il tallone d’Achille non sono gli immigrati ma ventenni e trentenni ispanici o afroamericani che tornano in prigione in continuazione: in California, dove la guerra di gang è fra le più sanguinose d’America, ben il 70 per cento dei detenuti scarcerati torna dietro le sbarre entro un periodo massimo di 3 anni. A pesare invece di più sui bilanci è l’invecchiamento: il numero dei detenuti over-50 è aumentato del 173 per cento fra il 1992 ed il 2001 ed ognuno di loro in media costa almeno 70 mila dollari l’anno (quanto tre giovani carcerati) soprattutto a causa delle cure mediche. Maurizio Molinari