La Stampa 1 marzo 2008, Luca Ricolfi, 1 marzo 2008
PROMESSE E ANCORA PROMESSE
La Stampa 1 marzo 2008.
Non erano passate ventiquattro ore dall’invito di Montezemolo a «dire la verità» sulla situazione dell’Italia che già i due leader del centro-destra e del centro-sinistra si lanciavano in ogni sorta di promesse. Fra le più mirabolanti di ieri, la promessa berlusconiana di portare la pressione fiscale al di sotto del 40% in 5 anni (attualmente è al 43,3%) e la promessa veltroniana di una sorta di ritorno dell’età dell’oro, curiosamente identificata con l’era del primo centro-sinistra, quello degli Anni 60 (i meno giovani ricorderanno che quell’era prese avvio con la crisi economica del 1963, che segnava la fine del «miracolo economico» e non certo l’inizio di un’epoca felice).
Non provo nemmeno a fare la lista delle decine e decine di benefici che i due programmi promettono a famiglie e imprese: li ascolteremo e riascolteremo ogni giorno per un mese e mezzo. Ciò su cui vorrei attirare l’attenzione, invece, sono quelle che scherzosamente si potrebbero definire le «minacce» implicite in entrambi i programmi. vero che sia il Pdl sia il Pd (ma dovevano proprio scegliere due sigle così simili?) auspicano di finanziare parte delle promesse con maggiore crescita e misure di contrasto all’evasione fiscale.
Ma è anche vero che sia il Pdl sia il Pd paiono rendersi conto che quei tipi di misure (pro-crescita e anti-evasione) non basteranno, e occorrerà quindi fare parecchie scelte dolorose. Entrambi prevedono dismissioni del patrimonio pubblico, entrambi prevedono riduzioni della spesa corrente. Nel programma di Berlusconi, ad esempio, si parla di un «grande e libero patto» fra Stato e governi locali per attuare il federalismo fiscale e vendere parte del patrimonio pubblico, facendo capire che saranno soprattutto questi ultimi - Regioni, Province e Comuni - a doversene fare carico. Nel programma di Veltroni si parla di un taglio della spesa corrente primaria di circa 40 miliardi di euro (2.5 punti di Pil) nel breve volgere di tre anni.
Quel che resta nell’ombra, tuttavia, è la situazione di partenza dell’Italia, che invece è l’elemento che più di ogni altro ci permette di farci un’idea di quel che ci aspetta. Giusto ieri l’Istat ha certificato che nel 2007 il deficit pubblico è andato meglio del previsto (1.9% anziché 2.4% del Pil), ma l’economia è cresciuta meno delle attese e la pressione fiscale ha toccato il livello record del 43.3%. Quanto al 2008 gli organismi internazionali pronosticano un allargamento della forbice fra il nostro tasso di crescita e quello dell’Eurozona (da -0.7 a -1.1). Nel frattempo il cambio fra euro e dollaro ha sfondato quota 1.5, mentre il prezzo del petrolio ha oltrepassato la barriera dei 100 dollari a barile. In queste condizioni lo scenario più realistico, almeno a breve, non è quello di un «rilancio dello sviluppo», ma quello di un peggioramento del rapporto deficit/Pil, dovuto sia alla minore crescita sia ai circa 7 miliardi di spesa pubblica preventivati ma ancora privi di copertura.
Se più o meno questa è la situazione, diventa molto più importante guardare alle minacce che alle promesse dei programmi elettorali. Non potendo contare su una rapida ripresa dell’economia, sia Berlusconi sia Veltroni, dopo aver concesso qualcosa alle rispettive basi sociali (abolizione dell’Ici sulla prima casa, salario minimo per i precari), dovranno mettere mano alla parte dolorosa del loro programma: vendita del patrimonio pubblico e contenimento della spesa pubblica corrente.
Nel caso delle dismissioni il problema sarà superare le resistenze dei governi locali, che negli ultimi anni - come si ricorda nel programma del Popolo della libertà - sembrano aver imboccato prevalentemente la strada opposta (pubblicizzare anziché privatizzare). Nel caso dei tagli di spesa il non detto di entrambi i programmi è che, se si faranno sul serio, colpiranno soprattutto le regioni del Mezzogiorno, nelle quali gli sprechi (e l’evasione) sono molto più diffusi che nel resto del paese.
Comunque, tranquillizziamoci: di questo piccolo particolare geografico non si parla né nel programma del Pd, né in quello del Pdl. Quindi lo scenario più verosimile è il solito: di lotta agli sprechi si parlerà in generale, molto in generale. E al momento buono - quando si tratterà di recuperare effettivamente gettito - pioverà sul bagnato, ossia sui soliti «contribuenti onesti». Come è accaduto sempre e, temo, accadrà ancora a lungo.
Luca Ricolfi