La Stampa 1 marzo 2008, Bruno Ventavoli, 1 marzo 2008
Nel paese dei conti addormentati. La Stampa 1 marzo 2008. Dite Frassino e non tutti pensano a quel comune appoggiato nella media Val Varaita
Nel paese dei conti addormentati. La Stampa 1 marzo 2008. Dite Frassino e non tutti pensano a quel comune appoggiato nella media Val Varaita. Provincia di Cuneo. Una parrocchiale gotica, cave in disarmo, ottimo formaggio. Duecentonovantatré abitanti, e ben 81 libretti di risparmio «dormienti» (immobili cioè da oltre 10 anni) appena censiti dalle Poste italiane. Uno ogni tre abitanti. Praticamente un record nazionale di soldi dimenticati nelle casseforti altrui (e pensare che uno dei monti sopra il paesetto si chiamerebbe «Ricordone»). Frassino non è il solo. Nella provincia di Cuneo i casi analoghi sono 5923, 1 ogni 96 abitanti. Con picchi nei paesini. Paesana, per esempio, ne ha 154 su tremila abitanti; Sanfront 104, su 2600. Un’epidemia di amnesia? Una colossale rimozione freudiana nei confronti dei risparmi aviti? Una ribellione collettiva alla favola di Jean De La Fontaine sulla virtù della formica oculata rispetto alla cicala sciampagnona? Le spiegazioni sono ben più semplici. In queste zone di frontiera, in queste valli aspre e povere, dove un tempo si migrava in Francia per tentare fortuna, talvolta è difficile scoprire che un parente morto lontano aveva risparmi da parte, un libretto occultato in un armadio o in soffitta. Tecnicamente, questi, si chiamano conti «dormienti». Come le spie che nei thriller vivono infiltrate nei Paesi stranieri e aspettano il segnale per mettersi in azione. Nella nostra terminologia burocratica sono più semplicemente i conti che non vengono «movimentati» da almeno dieci anni. Una volta quei denari svanivano discretamente nei meandri degli istituti. Ora, per legge, finiranno allo Stato. E tutti gli enti, Banche, Poste, Assicurazioni, dal 17 febbraio sono obbligati a rintracciare i legittimi proprietari o gli eredi per consegnare loro i denari o chiedere che cosa intendono fare del bel tesoretto addormentato. Chi dorme non piglia pesci, dice il proverbio. Ma neppure i risparmi faticosamente centellinati, aggiunge la legge dello Stato italiano già finita sulla Gazzetta. E di soldi caduti in oblio ce ne sono una montagna. Un tesorone tra i 12 e i 15 miliardi. Le Poste hanno appena affisso gli elenchi negli uffici e sulle bacheche virtuali di Internet: i libretti immobili da oltre dieci anni sono 700mila. Intesa San Paolo ha censito 26 mila conti e 54 mila libretti; Unicredit, 27mila conti; il Monte dei Paschi, 14mila. Tutti stanno mandando epistole in giro per l’Italia, invitando i risparmiatori a farsi vivi, a «risvegliare» i conti con un versamento, un prelievo, o una semplice dichiarazione. Se il sonno, il silenzio, persisterà, il gruzzolo verrà invece trasferito nelle casse dello Stato. E lì, sempre secondo la legge, finirà in un apposito fondo per «stabilizzare» i precari della Pubblica amministrazione. O per risarcire le vittime di frodi finanziarie, ovvero gli sventurati cittadini che avevano investito i sudati fondi famigliari in quei magnifici strumenti chiamati bond Cirio, Parmalat o Argentina. Gente ancora furibonda. Che non avrebbe nessuna vogliadi dormire. Bruno Ventavoli