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 2008  marzo 03 Lunedì calendario

Sarò il ministro del Nord Est. La Stampa 3 marzo 2008. Il primo pensiero è per lo zio missionario a Porto Alegre, «ho accettato pensando anche agli italiani in Sudamerica, a cominciare da quelli in Brasile, bisogna fare qualcosa anche per loro»

Sarò il ministro del Nord Est. La Stampa 3 marzo 2008. Il primo pensiero è per lo zio missionario a Porto Alegre, «ho accettato pensando anche agli italiani in Sudamerica, a cominciare da quelli in Brasile, bisogna fare qualcosa anche per loro». Poi, una telefonata dopo l’altra e l’aria si satura dell’«Inno di Mameli», che sarebbe poi la suoneria del cellulare di Massimo Calearo, classe 1955, industriale elettromeccanico di Isola Vicentina, 300 dipendenti e 50 milioni l’anno di fatturato, dimessosi ieri sera da presidente di Federmeccanica, dopo aver incontrato una settimana fa per un’ora nel loft del Pd Walter Veltroni. Un mese di contatti, telefonate personali sulla linea Walter-Massimo, alla fine ormai si danno del tu. E Veltroni che annuncia la candidatura, la più «pesante» delle liste che si chiudono stanotte, la più controversa certamente, e infatti dice, per la prima volta, «possiamo fare la più forte rimonta della storia politica del Paese, la possiamo fare perché il Pd è la forza del patto tra produttori e lavoratori». E più «produttori» del presidente di Federmeccanica, per Veltroni che da subito ha puntato su Confindustria (sì, chiedendo disponibilità anche a Luca di Montezemolo), presidente a parte non ce n’era. «Quando ci siamo visti, Veltroni mi ha convinto subito, perché si capisce che crede in quello che dice». E poi certo, «questo è un momento fondamentale per il Paese, c’è poco tempo, bisogna puntare subito sulla crescita, e il programma del Pd è convincente». Calearo è inevitabilmente un pragmatico e spiega che il pendolo della sua scesa in campo si è fermato in un punto preciso: «Ho chiesto delle garanzie, certo, e ho sciolto la riserva solo quando le ho ottenute. Il Veneto deve essere rappresentato al governo». E non si sottrae all’ovvia domanda: Attività produttive o Commercio con l’estero? «Questo si vedrà in un secondo momento, prima bisogna vincere le elezioni». Soprattutto, Veltroni gli è apparso consapevole che in Veneto sono concentrate un migliaio delle tremila Pmi italiane che potrebbero essere competitive nel mondo, e non riescono a svincolarsi da lacci e lacciuoli. In mezzo, tra la disponibilità accesa un mese fa e il sì dell’altro ieri sera, l’esame attento del programma, e la candidatura di Piero Ichino, «una persona che stimo». Guarda caso, il professore ex deputato del Pci, aveva dato nobiltà accademica a un’idea di Calearo che era sembrata un po’ naif: la lotta all’evasione fiscale modello Pechino, «perché non inventiamo lo scontrino fiscale col gratta-e-vinci?». Con Calearo e Colaninno, Veltroni mette in lista due campioni di quello che De Gasperi nel lontano 1947 chiamò «il Quarto Stato». Ma con Calearo, un campione del vitalismo anche un po’ anarcoide del Veneto, l’antica e poverissima regione del vecchio Bisaglia, che oggi, da sola, produce il 10 per cento del Pil nazionale, e che per il Pd «partito riformista non di sinistra», come Veltroni l’ha definito nei giorni scorsi, era sin qui data per persa. Una regione nella quale Ds e Margherita nel 2006, insieme, erano al 23 per cento, contro il 24,5 da sola, di Forza Italia, più l’11 di An e l’11,5 della Lega. Naturalmente adesso Calearo sottolinea di «avere accettato per dare voce al mondo delle piccole e medie imprese del Nord-Est, che finora avevano scarsa rappresentanza», e se gli si chiede se è consapevole di aver fatto lui un endorsement a Veltroni, dando fiducia al Pd, risponde in maniera diretta: «Io sono uno che ha sempre lavorato, e guardo ai fatti, per questo ho aspettato di poter leggere il programma. Vede, le ideologia sono finite, e Veltroni questo lo ha ben capito. Non voglio far polemiche, ma ho visto manifesti con su scritto «Italia rialzati». Beh, io penso che sia la politica a dover essere all’altezza dei propri compiti, non l’Italia». Le parole esatte di Veltroni all’assemblea costituente del Pd, mentre naturalmente lo slogan «Italia rialzati» è di Berlusconi. Col quale, peraltro, la polemica è in piedi da quel lontano marzo del 2006 in cui l’allora premier fece irruzione sul palco della Confindustria vicentina (Calearo presidente) ed esortò, per così dire, gli industriali «ad andare meno alle riunioni confindustriali o alle Bahamas, e a lavorare di più». Calearo gli rispose il giorno dopo, «io alle Bahamas non ci sono mai stato». Non che Calearo sia di sinistra. Darebbe il voto agli immigrati? «Dipende...». ANTONELLA RAMPINO