Corriere della Sera 1 marzo 2008, Evelyn Roll, 1 marzo 2008
La rivoluzione di Angela. Corriere della Sera 1 marzo 2008. Angela a 17 anni, durante la festa di Capodanno
La rivoluzione di Angela. Corriere della Sera 1 marzo 2008. Angela a 17 anni, durante la festa di Capodanno. Negli anni universitari a Lipsia la giovane Merkel lavorò anche come barista: «E mettevamo su musica dell’Ovest» Cancelliera, a quarant’anni di distanza tutti scrivono, parlano e discutono del 1968. A malapena ci si chiede cosa succedeva a quel tempo nell’Est. Questo la infastidisce? «Mi meraviglia, e indipendentemente da questo, i fatti del ’68 non furono specificamente tedeschi, c’era invece un movimento internazionale, il primo movimento globale, occidentale. Ha avuto anche un’impronta tedesca, ma non è nato in Germania. Questo sviluppo internazionale aveva diverse forze motrici, la più importante delle quali, nella Repubblica Federale Tedesca, aveva anche a che fare con lo sviluppo del benessere nel dopoguerra». Il benessere? «Intendo che un’importante premessa per il 1968 fu il fatto che, diversamente dagli anni che hanno immediatamente seguito la guerra, non si soffriva più la fame tutte le sere, che erano state create le strutture fondamentali della Repubblica Federale. Ora, per la prima volta, la generazione giovane aveva la testa libera per preoccuparsi di nuove istanze sociali. Nella discussione che è in corso qui da noi, sento un po’ la mancanza di una collocazione internazionale: cosa c’era alla base del movimento americano? Quali motivi erano tipicamente tedeschi?». E com’era il ’68 nella Germania Orientale? Lei aveva a quel tempo solo 14 anni ma... «Ciò che ricordo ancora molto bene sono i moti in Cecoslovacchia. Durante le vacanze estive del 1968 ero con la mia famiglia sulle montagne del Riesengebirge. Si parlava tutti i giorni di Praga. I bambini erano irrequieti. Gli adulti erano irrequieti. Poi i miei genitori andarono due giorni a Praga. Sarei andata volentieri con loro, perché doveva essere tutto così eccitante, là in piazza Venceslao, sentire parlare liberamente e addirittura poter comprare giornali occidentali». Che esperienza hanno avuto i suoi genitori? «Tornarono entusiasti, con la speranza che le cose potessero cambiare anche all’interno del socialismo. Di questo si discuteva nella Ddr: non si voleva la copia della Germania Occidentale, si cercava una via propria. E ciò che stava accadendo in Cecoslovacchia, ce lo auguravamo anche per la Ddr. Ricordo ancora bene che io stessa mi ero chiesta allora se il socialismo avrebbe potuto riformarsi al suo interno». E poi venne il 21 agosto. «Come sempre verso la fine delle vacanze estive, ero da mia nonna a Berlino Est. E mi rivedo ancora quella mattina, in cucina, quando dalla sua piccola radio arrivò la notizia: le truppe russe sono entrate a Praga. Quello fu un colpo davvero ❜❜ terribile. E ci furono anche truppe che entrarono in Cecoslovacchia dalla Ddr. Ho provato per questo una grande vergogna nei confronti dei Cechi. Ero terribilmente triste». Sapeva allora che in Occidente una parte del movimento studentesco giustificava l’intervento delle truppe sovietiche? «No, solo in seguito ho capito che il ’68 era un fenomeno mondiale, un movimento di rottura. Gli uni volevano aprire una breccia nel socialismo e renderlo più umano, senza avere nulla contro l’economia di mercato. Gli altri venivano dall’economia di mercato ed esaltavano il socialismo. Effettivamente erano due movimenti contrapposti, ma, al tempo stesso, simili». Quali erano gli avvenimenti che vedeva alla televisione occidentale? «Innanzitutto, naturalmente, il movimento americano, che trovavamo simpatico e leggero: la musica, Joan Baez, Bob Dylan, gli hippies. Poi il movimento studentesco europeo, gli scontri di strada, che nel loro modo di manifestarsi non mi erano affatto simpatici». E come reagì, quando apprese che i giovani tedeschi occidentali all’epoca si trattenevano volontariamente nella Ddr per settimane o mesi per farsi istruire? «Lo ritenni, detto brutalmente, masochismo e ne fui sorpresa. Ovviamente non conosco la vecchia Repubblica Federale antecedente al 1968 per esperienza personale, bensì attraverso radio, televisione e cronache. Per esempio quando Gustav Heinemann nel 1969 fu eletto presidente federale ho seguito la sua elezione nei bagni della scuola con la mia radio a transistor. Mi agitai per come furono emozionanti le 3 tornate elettorali. La Repubblica Federale, il marco tedesco, l’economia di mercato, il legame con l’Occidente, lo Stato sociale mi sembrarono uno scenario pluralistico ed efficiente, un Paese libero e democratico. Non si doveva combattere questo Paese e i suoi sistemi, sicuramente non con la forza». Capodanno 1971 L’estate del 1968 Angela Merkel in una foto del 1968: aveva 14 anni. «Ricordo molto bene i moti di Praga. Solo poi ho capito che il ’68 era un movimento mondiale, all’Est e all’Ovest». Sotto, con la tenda in campeggio Con la minigonna Una foto con i compagni di classe: le foto vengono dall’album di uno di loro Ha studiato a Lipsia. Come’era? «Naturalmente ci divertivamo e al contempo eravamo già impegnati politicamente. Ma come studentessa di Fisica dovetti passare molte ore a sorbirmi l’algebra e fare esperimenti fisici. Andavo una volta alla settimana al comitato studentesco, facevamo discoteca nell’auditorium di Fisica ». Angela Merkel ammette: all’epoca facevo la barista. quanto riportò un giornale gossip. Che riportò pure che Lei in circostanze difficili procurava, miscelava gli ingredienti per il whisky alla ciliegia e lo vendeva con profitto secondo le leggi dell’economia di mercato. «Tutto vero. E abbiamo messo su dischi e suonato persino buona musica: 60% musica dell’Est e 40% occidentale era la prescrizione. Ma secondo la nostra interpretazione si riferiva ai titoli, non alla lunghezza, per cui spesso mettevamo solo i titoli dell’Est». In Occidente frange sessantottine diventarono sempre più radicali. Ne risentì anche l’Est? «Sì certo. La Raf era spaventosa. La scelta delle vittime era pianificata in modo spaventosamente strategico. L’ho sempre profondamente disprezzato e rifiutato». Oggi crede, se guarda all’era Schmidt, che anche l’eccessiva reazione di politica, polizia e giustizia abbia contribuito a esacerbare il conflitto in Germania? «No, questa violenza non è giustificata da niente. Lo Stato di diritto doveva difendersi dal terrore. Quanto alla gestione delle manifestazioni oggi la polizia ha sviluppato ulteriori strategie per la normalizzazione». Angela Merkel una volta è stata persino occupante abusiva di casa e nessun agente di polizia le ha mai fatto niente. «Ma questo non aveva proprio niente di politico. La Ddr contava sulla capacità di molti di risolvere in modo creativo il loro problema di abitazione. A Berlino Ovest c’era il principio che uno otteneva un lavoro se aveva casa, ma otteneva una casa se già abitava in città». E come funzionava per chi veniva da Templin e aveva studiato a Lipsia? «Chiesi anch’io proprio la stessa cosa. La risposta dell’impiegata dell’amministrazione comunale delle case fu che quando scelsi gli studi avrei dovuto sapere che non avrei trovato lavoro come fisica...» . Ciò succedeva in un’epoca in cui a Francoforte un certo Joschka Fischer occupava le case e si dava ai tafferugli contro la polizia, di cui Lei lo ha sollecitato a pentirsi nel 2001 in occasione del dibattito parlamentare sul ’68. «Veramente non vorrei ripetere il dibattito di sette anni fa. Le sassaiole di Fischer sono avvenute esattamente in un’epoca condizionata da Willy Brandt e per me giovane quest’epoca era per esempio legata al crollo e all’apertura alla Polonia. Da noi Brandt e Schmidt furono ammirevoli ma poi ho appreso con stupore che per molti gruppi della sinistra occidentale Schmidt era un bersaglio. Ciò non si confaceva al mio modo di vivere quell’epoca». Fischer nel frattempo si è pentito? «Flirta ancora in qualche modo con quei tempi. C’è un intero gruppo di persone che crede di essere l’unità di misura del dibattito sociale della Germania Federale, ma in una società pluralistica e democratica, non sono solo alcuni a dettare il tempo. La nostra società è variegata e richiede una tolleranza minima. Credo che alcune frange del movimento del ’68 avessero anche un carattere autoritario, intollerante». Evelyn Roll