Corriere della Sera 1 marzo 2008, Alessandra Farkas, 1 marzo 2008
Angelina a sorpresa con Bush. Corriere della Sera 1 marzo 2008. Per una volta in sintonia con l’odiato padre repubblicano John Voight, – già sponsor del «falco» Rudy Giuliani – ma contro le posizioni del suo candidato del cuore: Barack Obama
Angelina a sorpresa con Bush. Corriere della Sera 1 marzo 2008. Per una volta in sintonia con l’odiato padre repubblicano John Voight, – già sponsor del «falco» Rudy Giuliani – ma contro le posizioni del suo candidato del cuore: Barack Obama. «L’America resti in Iraq, per aiutare i rifugiati », scrive l’attrice e attivista Angelina Jolie sul Washington Post dove si schiera contro il ritiro immediato delle truppe Usa dall’Iraq, in barba ai sondaggi, alle direttive del partito democratico e al sentimento diffuso tra i liberal della Mecca del Cinema. Dal 2001 ambasciatrice di buona volontà dell’Alto Commissariato Onu per i Profughi (UNHCR), dal 2007 iscritta al prestigioso Council on Foreign Relations insieme a Dick Cheney, Condi Rice, Henry Kissinger e Colin Powell, la star di «Tomb Raider» è appena rientrata dalla sua seconda visita in Iraq in sei mesi. Le sue argomentazioni sono quindi «in presa diretta e umanitarie». «L’America ha l’obbligo morale di aiutare le famiglie sfollate’ teorizza ”. Oltre due milioni di iracheni sono rifugiati nel loro stesso Paese, senza casa, lavoro, cibo, medicine e acqua potabile. Il 58 per cento hanno meno di 12 anni». Per convertire gli scettici sfodera la «parola magica» tanto cara al presidente Bush e ai neo-con: «national security». «Abbiamo un serio interesse di sicurezza nazionale a lungo termine nel porre fine a questa crisi – scrive ”. Gli Stati Uniti non possono permettersi di correre il rischio che oltre quattro milioni di poveri e sfollati nel cuore del Medio Oriente esplodano in una violenza disperata, consegnando l’intera regione a un’ulteriore spirale di caos». Ma sono anche altri i passi dell’articolo dove la star più impegnata di Hollywood suona come una fan di Bush e McCain. «Non possiamo permetterci di sperperare i progressi fatti», incalza, difendendo l’efficacia del surge, la controversa strategia dei rinforzi varati nel gennaio 2007 dall’amministrazione Bush. In Iraq Angelina ha incontrato il primo ministro iracheno Nouri al-Maliki, un’unità di soldati americani e il comandante delle truppe Usa, Generale David Petraeus. Potrebbe essere stato quest’ultimo a convincerla della necessità di restare. «Mi ha promesso di appoggiare al massimo ogni nuovo sforzo per risolvere la crisi umanitaria », dichiara entusiasta, «il che mi lascia fiduciosa che ulteriori progressi siano possibili». Persino le truppe le avrebbero espresso il desiderio di fermarsi (ma su questo punto la blogosfera ha avuto molto da ridere). «Quando ho chiesto ai soldati se volevano tornare a casa il più presto possibile, mi hanno risposto che hanno nostalgia, ma che hanno investito molto in Iraq. Hanno perso molti amici e ora vogliono partecipare al progresso umanitario che finalmente giudicano possibile». Prima del commiato, Angelina lancia un appello «ai candidati presidenziali e ai leader del Congresso affinché aumentino gli stanziamenti a favore degli sfollati iracheni». «L’Unhcr ha chiesto 261 milioni di dollari per quest’anno – chiarisce – cioè meno di quanto gli Stati Uniti spendono ogni giorno nella guerra in Iraq». Alessandra Farkas