La Repubblica 27 febbraio 2008, Bernardo Valli, 27 febbraio 2008
Il carisma perduto del vulcanico Sarkozy. La Repubblica 27 febbraio 2008. La dominante democrazia d´opinione è una piovra ormai indistruttibile e inevitabile
Il carisma perduto del vulcanico Sarkozy. La Repubblica 27 febbraio 2008. La dominante democrazia d´opinione è una piovra ormai indistruttibile e inevitabile. L´ultima clamorosa vittima è Nicolas Sarkozy. Come i mostri marini di Verne e di Wells sfuggono alla scienza, così la democrazia d´opinione non si basa sulla concretezza del voto, peculiarità della democrazia rappresentativa. Ma alla stessa stregua degli adolescenti scarsamente interessati a distinguere fantascienza e realtà nelle loro letture, i cittadini subiscono una forte suggestione quando leggono i verdetti espressi dai sondaggi. Spesso valutano i consensi e dissensi virtuali come se fossero voti pressoché reali. Trionfante la scorsa primavera, Nicolas Sarkozy è considerato adesso, dopo il brusco calo di popolarità (quasi due francesi su tre scontenti del suo operato e della sua immagine) un presidente frustrato. Frustrato anche dal fatto, insolito nella Quinta Repubblica, che il suo primo ministro, François Fillon, raccoglie più consensi di lui. Personaggio schivo, riservato, Fillon è l´esatto contrario dell´agitato Sarkozy. Essendo il presidente e il primo ministro promotori della stessa politica, si deve trarre la conclusione che quel piace di Fillon è lo stile pacato, e quindi quel che dispiace di Sarkozy è il carattere. Un tempo all´origine della forte popolarità, il decisionismo presidenziale appare sempre più disordinato. E per certi aspetti inquietante. I martellanti sondaggi che annunciano il calo dei consensi accentuano l´impressione. Spietata, mediatica, diretta, permanente, la democrazia d´opinione attanaglia gli eletti della democrazia rappresentativa e può inquinare il loro (a volte ancora fresco) successo. spietata perché non lascia il tempo di respirare. permanente: i sondaggi si susseguono a un ritmo infernale. sempre più mediatica perché rilanciata da tutti i mezzi di informazione associati: stampa scritta, radio, televisione, internet. diretta perché, come la miniaturizzata democrazia degli antichi greci (o dei giacobini), ma in proporzioni ovviamente assai più cospicue, essa irrompe in modo brutale, senza intermediari, nella vita politica, scavalcando il suffragio universale, i partiti, il Parlamento. La dilagante democrazia d´opinione rischia di trasformare il potere in un esercizio appunto frustrante, a tratti persino in un incubo. Questo non è certamente ancora il caso di Nicolas Sarkozy. Il suo mandato è appena cominciato; ha soltanto nove mesi; restano più di quattro anni. Essendo affidata agli umori del momento, non lasciando indelebili tracce notarili, la democrazia d´opinione consente inoltre veloci recuperi negati dall´assai più lenta, e, anzitutto, istituzionale, democrazia rappresentativa. Nicolas Sarkozy ha quindi davanti a sé tutto il tempo necessario per risalire la china. Tanti sono i casi di uomini di governo che di recente hanno riconquistato in modo spettacolare la popolarità perduta subito dopo una vittoria elettorale dignitosa, se non proprio trionfale. Quello di Gerhard Schroeder è l´esempio più vicino. Eletto cancelliere di giusta misura, nonostante la robusta opposizione all´interno del suo stesso partito (la sinistra della Spd lo considerava assai poco socialdemocratico, tanto che durante il suo governo è avvenuta la scissione da cui è nato il nuovo partito Die Linke), Schroeder si è alienato molto presto l´opinione pubblica tedesca esibendosi troppo alla televisione, mostrandosi con ostentazione in compagnia di industriali e finanzieri, intento a fumare costosi sigari cubani. Per non parlare delle mogli e degli abiti confezionati da buoni sarti italiani. Le sue rimonte sono state da mozzafiato. Non solo ha riconquistato un secondo mandato, ma alla terza elezione, quando tutti lo davano per spacciato, ha in sostanza pareggiato con Angela Merkel, lasciando il suo partito al governo, nell´attuale grande coalizione. Sulla carta Nicolas Sarkozy ha tutti i numeri per compiere la stessa difficile impresa. E tuttavia il suo caso è diverso. Uscito nove mesi fa (con un confortevole 53 per cento) dalle urne sesto presidente della Quinta Repubblica, e qualche settimana dopo irrobustito nel suo potere da una forte maggioranza parlamentare, egli sembrava avere davanti a sé un mandato di cinque anni senza ostacoli. Molti italiani, e non tra i più ingenui (o tra i più inclini a una esterofilia provinciale) hanno sognato allora un Sarkozy cisalpino: un capo dell´esecutivo giovane, dinamico, decisionista e popolare come il presidente francese. Se paragonata al tortuoso paesaggio dell´Italia politica, la Francia di Sarkozy appariva in effetti come un´autostrada liscia come un bigliardo. Ma il «napoleone democratico» vagheggiato da tanti nostri pubblicisti, precipitosi al punto da cantare le glorie del neo presidente d´oltralpe prima ancora che lo diventasse, si sta rivelando un personaggio più complesso del previsto. Il suo dinamismo di candidato appare adesso esibizionismo. Tutte quelle che parevano un tempo virtù appaiono difetti difficili da accettare per i francesi in un presidente. La democrazia d´opinione lo sta seriamente maltrattando. Essa scandisce, con i sondaggi rivelatori degli umori del Paese, ogni gesto sbagliato: il divorzio affrettato, la storia d´amore troppo pubblicizzata, il matrimonio precipitoso, gli scatti d´ira che si concludono con insulti, e con un´evidente perdita dell´autocontrollo, il dissidio con il Consiglio costituzionale, e tanti altri episodi insoliti che rivelano non l´annunciato carisma ma un carattere complesso. Più difficile da correggere che una politica sbagliata. Bernardo Valli