Corriere della Sera 27 febbraio 2008, BILL EMMOTT, 27 febbraio 2008
Suonare in Nord Corea? Serve. Corriere della Sera 27 febbraio 2008. Non basterà la musica a trasformare la chiusa e brutale Corea del Nord, né inciderà sui pessimi rapporti tra nordcoreani e Usa
Suonare in Nord Corea? Serve. Corriere della Sera 27 febbraio 2008. Non basterà la musica a trasformare la chiusa e brutale Corea del Nord, né inciderà sui pessimi rapporti tra nordcoreani e Usa. Ma la visita dell’Orchestra filarmonica di New York a Pyongyang, con folto seguito di giornalisti americani, resta comunque di buon auspicio. Alcuni giornali newyorchesi hanno attaccato l’Orchestra, accusandola di prestare rispettabilità a un regime crudele, ma è un’accusa ingiusta. Gli scambi culturali tra l’Unione Sovietica e l’Occidente durante la Guerra fredda non scalfirono minimamente il muro di Berlino. Né la celebre diplomazia del «ping pong» tra l’America e la Cina provocò la fine del maoismo. Quegli scambi certamente non fecero danni; semmai, nel manifestare l’eccellenza di una civiltà sconosciuta a un popolo fino ad oggi isolato dal resto del mondo, o martellato da una propaganda negativa, potrebbero addirittura fare del bene. Si dice che il prossimo musicista invitato in Corea del Nord sarà Eric Clapton, il chitarrista rock. Certo, che sia in grado di manifestare la parte migliore di una grande civiltà dipende dai gusti. Ma se sarà davvero invitato, dovrebbe accettare. La questione più spinosa riguarda piuttosto il dubbio che questi inviti emanati dal regime della Corea del Nord rappresentino un vero segnale che qualcosa sta cambiando all’interno di quel Paese chiuso, di stampo stalinista. risaputo che solo l’élite, ovvero i soli membri del Partito dei lavoratori della Corea del Nord, avrà un contatto diretto con i visitatori, e quella élite è per definizione la più fedele e sottomessa al regime. Tuttavia, qualsiasi barlume di informazione sul mondo esterno e sulle condizioni di vita assai superiori di cui godono altri Paesi è potenzialmente pericoloso per il regime. Questi inviti rappresentano perciò un rischio, anche se piccolo. Le informazioni penetrano già nella Corea del Nord tramite il milione circa di cittadini che sono andati a lavorare nel Nordest della Cina, al di là del confine, e tramite l’importazione illegale di videocassette. Nessuno sa quale effetto può avere tale conoscenza: non ci sono stati infatti segnali esterni che abbia scatenato proteste attive o movimenti di dissenso. probabile che questi inviti rivolti ai musicisti stranieri siano il riflesso delle pressioni esercitate sulla Corea del Nord dalla Cina, che incita il regime a mostrare al mondo un volto più amichevole. Potrebbero inoltre riflettere i dissensi interni al regime sull’opportunità di aprire o meno il Paese al mondo esterno, seguendo l’esempio cinese, con l’obiettivo di un rilancio economico. Durante gli anni Novanta, la Corea del Nord è stata devastata da una catastrofica carestia e la sua economia, da allora, è rimasta molto fragile. Invitare musicisti non è la stessa cosa che invitare case automobilistiche o banche d’investimento, alla maniera cinese, ma rappresenta almeno un punto di partenza. La prova maggiore per il regime della Corea del Nord resta nel futuro e riguarda il successore dell’attuale massimo dirigente del Paese, il «caro leader» Kim Jong-il. Ha ormai 66 anni, la stessa età del padre e predecessore, Kim Il-sung, quando passò il potere al figlio. Ma finora non c’è traccia di un erede, né un figlio né un fratello che siano stati allevati per succedergli in questo ruolo. Il vero pericolo per la Corea del Nord è che, in mancanza di un successore, un’eventuale lotta per il potere rischia di produrre suoni assai meno civili e melodiosi della Filarmonica di New York. Successo Bill Emmott