varie, 3 marzo 2008
TREVISANI
TREVISANI Davide Cesena (Cesena e Forlì) 7 gennaio 1937. Industriale • «Il sogno? ”Partecipare alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, che darebbe uno slancio all’economia del Sud e quindi del Paese”. L’orgoglio? ”Aver raddrizzato la Torre di Pisa, assicurandole altri 200 anni di vita”. Davide Trevisani, presidente e fondatore di Trevi, sogna italiano ma fa affari in inglese. Con il suo gruppo di ingegneria del sottosuolo, nato nel 1957, ”quando ero un giovane geometra di campagna, con tre operai e grazie a 300 mila lire prestate dalla Banca Popolare di Cesena” - primo nome ”Impresa palificazioni Trevisani Geom. Davide” [...] nel settore costruzioni è prima nella corsa all’internazionalizzazione. Nel 2007 il fatturato estero è stato pari a 705 milioni di euro, pari all’83% del totale e in crescita del 32%. Su 4.850 impiegati solo 1.200 sono italiani, 30 i paesi dove il gruppo è presente. Impresa internazionale per necessità, la Trevi. ”Era la metà degli Anni 90 - ricorda Trevisani -, la crisi aveva bloccato molti cantieri in Italia. Abbiamo reagito. Ai tempi eravamo già in Iran, Argentina e Nigeria: abbiamo pensato di riorganizzarci puntando proprio sull’estero». Ma non è stata una fuga dal sistema Italia - lo stesso sistema che tiene alla larga molte multinazionali -, assicura Trevisani. ”In Italia ci sono difficoltà, ma ci siamo abituati. Il costo del lavoro? Non lo ritengo un problema, la gente va retribuita per quello che merita. Piuttosto all’Italia manca la possibilità per gruppi come il nostro di fare una programmazione di lungo periodo. Nelle grandi opere, ogni governo cancella quanto ha deciso quello precedente. Senza programmazione, le imprese non possono svilupparsi come potrebbero”. Nemmeno all’estero, però, la vita è priva di ostacoli. Spiega Stefano Trevisani, figlio di Davide e amministratore delegato di Trevi Estero: ”Negli Stati Uniti, ad esempio, abbiamo trovato un ambiente molto più aggressivo dal punto di vista legale, della contrattualistica. E questo rappresenta un freno non da poco”. A fare la differenza, sostiene il presidente, ”è la tecnologia. Sempre negli Usa siamo leader di mercato nei nostri business davanti alle imprese locali”. Il supereuro non aiuta, ”ma alla fine a fare la differenza è il primato tecnologico, in America come negli altri Paesi dove siamo e restiamo. Penso all’Iran dove, come italiani, siamo molto rispettati”. Il perno degli affari restava e resta tuttora quello delle fondazioni speciali: costruzione dei macchinari e servizi di ingegneria del sottosuolo, sia esso terrestre o marino. [...] ”Se il prezzo del petrolio sale, noi siamo contenti - assicura il presidente -. Nell’ultimo triennio i ricavi dal business legato al greggio (vendita di macchinari per la trivellazione e attività estrattiva) sono saliti del 30/35% all’anno. Inoltre abbiamo dato una risposta alla fame di energie alternative”. Ed è nata la terza gamba del gruppo, la Trevi Energy: si specializzerà nell’eolico, attraverso la costruzione di campi offshore, a cominciare dal Sud dell’Italia. Business internazionale, dunque [...] In 50 anni di lavori, tra ponti come il Vasco de Gama sul fiume Tago in Portogallo, ferrovie come quella che collega Caracas a Cua, maxi dighe come la Gilgel Gibe in Etiopia, le fondamenta di Ground Zero, le maggiori soddisfazioni sono in Patria. A cominciare ”dall’aver contribuito a ringiovanire di 200 anni una signora come la Torre di Pisa”. Per il futuro l’obiettivo è un ponte. ”Tra il ”93 e il ”94 abbiamo partecipato alla costruzione dell’Akashi Bridge, che in Giappone collega l’isola di Kobe con la terraferma. Le preoccupazioni per i costi sono cadute presto: il ponte più lungo del mondo è diventato una attrazione turistica, un volano per l’economia. Analogo ruolo avrebbe il Ponte sullo Stretto di Messina, alla cui progettazione abbiamo lavorato anche noi. Grandi opere come queste alla lunga si ripagano da sé”» (Francesco Spini,. ”La Stampa” 3/3/2008).