Libero 28 febbraio 2008, Samuel Gregg, 28 febbraio 2008
Dai nazisti ai finanzieri. Libero 28 febbraio 2008. Quando una crisi finanziaria globale scuote le economie del mondo, non stupisce che le banche siano tenute particolarmente d’occhio
Dai nazisti ai finanzieri. Libero 28 febbraio 2008. Quando una crisi finanziaria globale scuote le economie del mondo, non stupisce che le banche siano tenute particolarmente d’occhio. Ben pochi, tuttavia, avrebbero potuto pensare che gli sguardi si sarebbero appuntati sul piccolo Liechtenstein. Il piccolo principato alpino e la Germania si stanno scambiando reciproche accuse perché il Liechtenstein permette ai tedeschi di trasferire nelle sue banche i propri fondi per alleggerire il conto da pagare al fisco. La controversia è nata quando Berlino ha ammesso che, nel corso delle indagini a carico di alcuni cittadini tedeschi sospettati di evadere le tasse, gli inquirenti avevano ottenuto in cambio di una somma di denaro informazioni sui clienti di una banca del Liechtenstein da un exdipendente del medesimo istituto che, pare, avrebbe sottratto illecitamente tali informazioni, violando così le leggi sul segreto bancario. In altri termini, le autorità tedesche avrebbero acquistato informazioni ottenute tramite quella che potrebbe essere stata una violazione di una legge perfettamente giusta, legittima e, nel caso del Liechtenstein, sancita dalla costituzione del Paese. Non stupisce, quindi, che Alois, Principe del Liechtenstein, abbia accusato le autorità tedesche di avvalersi di «metodi che violano i principi dello Stato di diritto». I governi europei non amano il modesto livello delle imposte praticate dal Liechtenstein, né il fatto che molte aziende europee si avvalgono delle ridotte aliquote d’imposta sul reddito d’impresa praticate dal principato. Questo, tuttavia, non concede alle autorità di Berlino il diritto di agire, se le accuse mosse loro sono vere, come farebbe un ricettatore. Il problema viene reso ancora più grave dal fatto che la Germania sta offrendo ad altri Paesi le informazioni ottenute. Il principe Alois ha alzato il tiro, dichiarando che «la Germania non risolverà i problemi che ha con i propri contribuenti attaccando il Liechtenstein. Quel Paese ha il peggior sistema tributario del mondo». L’eccessivo onere della tassazione non è che uno dei problemi economici che affliggono la "vecchia Europa" e rispetto ai quali il Liechtenstein offre un netto contrasto. Sotto molti punti di vista, il Liechtenstein rappresenta quello che potrebbe essere una società europea libera, integrata, prospera, favorevole al mercato e con imposte ridotte. Il Liechtenstein è diventato uno Stato sovrano nel 1806, in seguito alla dissoluzione del Sacro Romano Impero. Fino al 1918 ebbe stretti rapporti all’Impero austro-ungarico, ma al termine del primo conflitto mondiale concluse un’unione doganale e monetaria con la Svizzera. Dopo un periodo di instabilità tra le due guerre, negli anni Cinquanta il Liechtenstein si incamminò sulla via della prosperità. La crescita economica che ha fatto del principato uno dei Paesi più ricchi del mondo ha molte cause, ma il successo del Liechtenstein va attribuito principalmente a due fattori. Il primo fu la decisione di specializzarsi nei servizi finanziari e nell’alta tecnologia. Il secondo fu il fatto che il Liechtenstein seguì scrupolosamente la nota affermazione di Adam Smith, secondo il quale: «ben poco è necessario per portare uno Stato dal più infimo livello di barbarie al più alto grado di ricchezza: pace, tasse moderate e una ragionevole amministrazione della giustizia». Gli abitanti del Liechtenstein, dunque, non hanno tratto beneficio solo dal fatto che il loro Stato si appropria di una frazione relativamente moderata della loro ricchezza, ma anche dall’assenza di quelle ridondanti burocrazie as-sistenzialistiche che contraddistinguono l’"Eu ropa sociale". Di conseguenza, il bilancio del Liechtenstein è solitamente in attivo, mentre il tasso di disoccupazione del Paese è pari ad appena il 2,7 per cento. Il Liechtenstein, inoltre, è riuscito ad evitare alcuni dei problemi sociali che contraddistinguono buona parte dei Paesi dell’Europa occidentale. Sebbene il 34% della popolazione del principato sia nata al di fuori del Paese, il Liechtenstein ha deliberatamente rifiutato quel multiculturalismo ideologico che oggigiorno impedisce a numerosi Paesi europei di liberarsi dalla "correttezza politica". Il principato preferisce dedicarsi senza compromessi all’integrazione tutti gli stranieri residenti entro i suoi confini, esigendo, tra l’altro, che imparino il tedesco, la lingua ufficiale del Paese. In sintesi, il resto d’Europa potrebbe impara- re molto dal Liechtenstein. Piuttosto che perseguitare i cittadini stanchi dell’oppressiva tassazione del loro Paese, il governo tedesco farebbe bene a dedicare le proprie energie all’ennesimo tentativo di riformare un’economia che, ancora una volta, appare alquanto traballante. Il Liechtenstein offrirebbe un ottimo modello. estremamente improbabile, peraltro, che il principato si faccia intimidire dalla Germania: in passato questo piccolo Paese non ha esitato a sfidare Stati ben più minacciosi. Nel 1945, ad esempio, un gruppo di russi in fuga dalla tirannia comunista attraversò il confine del Liechtenstein per sottrarsi all’avanzata dell’Arma ta Rossa. Sebbene non disponesse di forze armate e dovesse comunque affrontare un nemico preponderante, il piccolo Liechtenstein si rifiutò di consegnare i profughi. Nel 1993 il Nobel Aleksandr Solzhenitsyn definì questo gesto come «una straordinaria lezione di coraggio». Solzhenitsyn mise quindi a confronto il coraggio del Liechtenstein con il comportamento delle potenze occidentali, che non esitarono a consegnare all’Armata Rossa migliaia di sovietici anticomunisti, che vennero destinati alla degradazione o alla morte nei gulag. I problemi odierni del Liechtenstein non sono paragonabili allo sfidare un regime criminale quale l’Urss, ma finché il principato si rifiuterà di piegarsi alle pressioni dell’Europa affinché riduca le proprie libertà, saremo certi che la libertà in Europa, per quanto minacciata, non è scomparsa. Samuel Gregg Prima pagina Anzitutto Italia Esteri Economia Sport Attualità Cultura e scienza Spettacoli Milano Roma Chi siamo • Note informative Copyright by Libero © 2006 - P.Iva 06823221004 - Tutti i diritti riservati