Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  febbraio 28 Giovedì calendario

Robert e Tonya Harris hanno deciso di giocare le date di nascita dei loro nipotini a «Mega Millions», la lotteria americana che regala jackpot da fantascienza

Robert e Tonya Harris hanno deciso di giocare le date di nascita dei loro nipotini a «Mega Millions», la lotteria americana che regala jackpot da fantascienza. Una buona idea, perché hanno vinto 270 milioni di dollari. I due signori fanno gli operai, vivono in Georgia, stanno con i piedi per terra. Sanno che quella camionata di dollari tutti insieme potrebbe sconvolgere le loro vite. E così hanno optato per la soluzione che prevede il vitalizio. Ogni anno, per 26 anni, riceveranno 10,3 milioni di dollari. Cifra che non avrebbero, comunque, mai incassato nemmeno in cento, mille vite di operoso lavoro. Ma il fascino perverso degli immensi jackpot è proprio questo. Regalare quantità di denaro faticosamente immaginabili, sganciate da qualsivoglia legame con la dimensione quotidiana delle persone normali. Al limite dell’immoralità. Che faranno i coniugi Harris con l’immensa fortuna sarà solo il tempo a dirlo. Certo è che le statistiche sono abbastanza impietose con i fortunati. Pare che il 90 per cento dei vincitori perda tutto, rovinandosi per giunta l’esistenza, in cinque anni massimo. Com’è possibile? Ci domandiamo tutti con un sorriso invidioso. Investendo anche solo la metà, un quarto, un ottavo di quelle cifrette in tranquilli Bot si potrebbe vivere alla grande. Facile predicarlo. Difficile, farlo. Basta frequentare i miti antichi, aprire a caso Dostoevsky, sfogliare cronache di giochi, per scoprire che l’arrivo improvviso di grandi somme di denaro sconvolge la vita. Quasi sempre in peggio. Chi segue «Lost» sa che «Hurley», dopo aver vinto 114 milioni di dollari indovinando sei numeri, ha cominciato a essere perseguitato da una sfortuna metafisica. E la vincita nella «Zona Morta» di Stephen King non porta a nulla di buono. E’ letteratura dirà qualcuno, ma se spulci gli archivi della vita quotidiana scovi un Lothar, disoccupato tedesco, che vince oltre 2 milioni di euro alla lotteria e si ubriaca di vodka per festeggiare fino a morire. Così come la signora di New York, che si è spenta, abbandonata dal cuore emozionato, mentre varcava la soglia dell’ufficio per andare a intascare un cospicuo premio. L’anno scorso un uomo di Plymouth, Michael Antonucci, ha vinto 4 milioni di euro. In pochi anni è diventato più povero di prima. Ora è tornato a fare il rigattiere («ma non mi pento di nulla, va bene così»). Ha acquistato un convento, inutilmente, bruciando 1 milione. Ha comprato uno studio di registrazione per lanciare nuove band: e s’è ritrovato con un pugno di suoni. Ha sperperato in auto di lusso, vestiti, alberghi da favola. Naturalmente s’è anche sposato una bella ballerina di topless bar con la metà dei suoi anni, e lei, con la nota riconoscenza della fanciulle da night, ha divorziato tenendosi la casa e le tette finte. Jack Whittaker, impresario della West Virginia, ha incassato il montepremi più alto della storia americana, 315 milioni di dollari. Lui era già un piccolo imprenditore. E quindi i soldi sapeva maneggiarli. Ma gli è andata male lo stesso. Perché il gruzzolo gli ha avvelenato la vita. Sua moglie l’ha lasciato. Lui, che andava in giro vantandosi di avere «Dio dalla sua parte», è stato derubato e pestato un sacco di volte. Ha dissipato milioni ai casinò. E s’è beccato un sacco di denunce per molestie sessuali da cameriere e ragazze nei localacci che frequentava. Per accattivarsi un po’ di simpatie altolocate ha anche costruito un’immensa chiesa (pare sia ancora vuota). E, tragedia, la sua amata nipotina, che riempiva di dollari e di regali, è morta di overdose. La fortuna è sempre cieca. Se dà con una mano, toglie con l’altra, sostenevano i saggi e i miti antichi, cercando una spiegazione all’aleatorietà delle sostanze umane. In realtà il denaro è una cosa ben più complicata, non bastano storielle metafisiche a esaurire il suo mistero. Non puzza, è vero. Ma richiede perizia per manovrarlo. Essere ricchi è un’arte, una scienza. Non tutti lo possono diventare. Anche se vengono messi nelle condizioni di poterlo essere. Come non basta avere capelli neri e occhi scuri per chiamarsi Monica Bellucci. Il premio Nobel Herbert Simon ha spiegato che se tutti i soldi del mondo (magari per decreto di un perfido comunista egualitario piovuto da Marte) venissero suddivisi in parti uguali tra gli abitanti del Pianeta terra nel giro di cinque anni tornerebbero nelle saccocce di chi li ha sempre posseduti. Al Monopoli, come nella Borsa dell’esistenza, vincono sempre gli stessi. Perché il denaro, non è l’oro, né l’argento, né le banconote, ma uno stato mentale. Se non ce l’hai, non te lo puoi inventare. Manco se gli dei superni ti danno un aiutino con un jackpot. In «Svegliati Ned» (regia di Kirk Jones), un vecchietto resta secco mentre scopre di aver vinto alla lotteria guardando la tv. Cercano di approfittarne i simpatici compaesani di un villaggio irlandese, cercando di sostituirsi al defunto e di fregare lo Stato. Qui, i soldi vinti con l’azzardo possono fare la felicità. Ma degli altri.