Tuttoscienze 20 febbraio 2008, MONICA MAZZOTTO, 20 febbraio 2008
La straordinaria alleanza tra gli animali e gli autistici. Tuttoscienze 20 febbraio 2008. Gli animali sono come gli autistici «savant»? Leggere nella mente di un autistico, che e’ in grado di imparare a memoria i nomi di un elenco telefonico, e’ come leggere nella mente di una nocciolaia, un uccello capace di nascondere migliaia di semi e di ritrovarli a distanza di mesi? Queste idee, al centro di un dibattito scientifico sempre piu’ acceso, sono dell’americana Temple Grandin, docente di «Animal Science» alla Colorado State University
La straordinaria alleanza tra gli animali e gli autistici. Tuttoscienze 20 febbraio 2008. Gli animali sono come gli autistici «savant»? Leggere nella mente di un autistico, che e’ in grado di imparare a memoria i nomi di un elenco telefonico, e’ come leggere nella mente di una nocciolaia, un uccello capace di nascondere migliaia di semi e di ritrovarli a distanza di mesi? Queste idee, al centro di un dibattito scientifico sempre piu’ acceso, sono dell’americana Temple Grandin, docente di «Animal Science» alla Colorado State University. «Sarei disposta ad affermare che gli animali potrebbero essere dei ’’savant’’ autistici - sostiene -. Gli animali hanno talenti particolari, che gli esseri umani non hanno, proprio come gli autistici». E per la ricercatrice questo e’ dovuto ad alcune caratteristiche a livello cerebrale che accomunano autistici e animali. «L’autismo e’ una stazione intermedia lungo la strada che porta dagli animali agli uomini». Un passaggio che la Grandin, autistica a sua volta, conosce bene. Il punto centrale, secondo lei, e’ che gli animali vedono il mondo per «dettagli» e, come gli autistici, non sono in grado di creare generalizzazioni e categorizzazioni. Un bambino autistico, per esempio, impara che il concetto di «giraffa» e’ legato alla maculatura del manto e cosi’ chiama «giraffa» anche un leopardo. Cio’ che domina la sua mente e’ l’immagine e non il concetto. «Essendo autistica - spiega la Grandin - ogni mio pensiero e’ visuale e, quando penso, e’ come se usassi la ricerca di Google per le immagini. Cio’ che accomuna la mente di un animale a quella di un autistico e’ proprio la mancanza del linguaggio e la predominanza delle immagini. Inoltre, gli autistici sono estremamente iperspecifici: significa vedere le differenze tra le cose molto meglio che le somiglianze. Noi vediamo gli alberi molto meglio della foresta e, spesso, per noi non esiste la foresta, ma solo una distesa di alberi, alberi e ancora alberi. Gli animali sono fatti cosi’». Queste teorie, raccolte nel libro «La macchina degli abbracci» (Adelphi), hanno stimolato l’analisi da parte di chi con la mente degli animali lavora da anni e, infatti, oggi, su «Plos Biology» si pubblica un’attenta critica, firmata da alcuni tra i maggiori neuroscienziati del mondo, tra cui l’italiano Giorgio Vallortigara, docente al «Center for Mind/Brain Sciences» dell’Universita’ di Trento. «Credo che il consenso riscosso dalle teorie della Grandin - commenta Vallortigara - derivi dal fascino che esercita su di noi la mente diversa. Gli autistici ’’savant’’ hanno abilita’ assolutamente affascinanti. Sono isole di genio e dai non adetti ai lavori queste capacita’ possono essere paragonate a quelle riscontrate in certi animali. L’ecolocalizzazione dei pipistrelli o la coordinazione motoria dei felini sono solo due esempi. Ma, se si mettono nel contesto appropriato i dati etologici, tutto diventa meno sorprendente. Queste capacita’ degli animali non sono gratuite, ma esistono per ragioni ecologiche piuttosto precise. Sono specializzazioni adattative che nulla hanno a che fare con le capacita’ degli autistici ’’savant’’». Una delle differenze che si riscontrano e’ che le abilita’ «eccezionali» degli animali non si manifestano a discapito delle normali funzioni cognitive, fatto che invece accade negli autistici. «Come negli autistici - continua Vallortigara - le incredibili abilita’ cognitive della nocciolaia sono limitate a un singolo campo, quello della memoria spaziale. Pero’, al contrario degli autistici, le nocciolaie non mostrano menomazioni in altri settori cognitivi. Gli animali non sono in una situazione di malattia, mentre l’autismo e’ una condizione patologica». Ma il punto su cui i neuroscienziati sono piu’ in disaccordo e’ quello della visione del mondo da parte degli animali. «La Grandin sostiene che gli animali, come gli autistici, vedono per immagini e che non sono in grado di generalizzare - sottolinea il professore - ma questo non ha senso. Non sarebbe adattativo per un individuo non essere in grado di riconoscere alcune caratteristiche, radunandole in un’unica voce. La capacita’ di categorizzazione e’ agli albori delle necessita’ cognitive di un organismo. In fondo, formare categorie vuol dire essere in grado di fornire una risposta unitaria a una classe di oggetti. Per esempio, se consideriamo tutti i semi da beccare, vediamo che non sono mai identici in natura. Ma, se si trascurano i dettagli, sono sufficentemente simili da poter essere considerati ’’roba da mangiare’’. E questo e’ esattamente quel che fanno gli uccelli. Se gli animali non fossero in grado di farlo, come sostiene la Grandin, sarebbero morti, sopraffatti dall’analisi dei dettagli senza riuscire a trasformare il pensiero in azione». Secondo Vallortigara, non solo e’ noto che gli animali sono in grado di creare categorie, ma si conosce anche il luogo del cervello in cui risiede questa abilita’: «E’ l’emisfero sinistro, addetto alla creazione di gruppi e categorie». Le critiche, tuttavia, si intrecciano ai riconoscimenti. «La Grandin ha grande intuizione e feeling con gli animali - conclude Vallortigara -. L’aspetto che piu’ mi colpisce del suo lavoro e’ che per lei gli animali sono importanti. Lei e’ una zootecnica e si occupa di migliorare le condizioni di vita degli animali da allevamento e da macello. Mettendo insieme empirismo e scienza, cerca in queste situazioni di sfruttamento di far soffrire il meno possibile gli animali. E questo e’ ammirevole». MONICA MAZZOTTO