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 2008  febbraio 27 Mercoledì calendario

Banche cannibali sui conti. Libero Mercato 27 febbraio 2008. Altro che dieci anni. I mini depositi hanno il sonno molto più facile

Banche cannibali sui conti. Libero Mercato 27 febbraio 2008. Altro che dieci anni. I mini depositi hanno il sonno molto più facile. In assenza di movimenti, possono diventare dormienti già dopo 12 mesi. A prevederlo non è la nuova normativa entrata in vigore il 20 febbraio, ma le vecchie regole relative alla trasparenza bancaria. Regole nate, paradossalmente, per difendere i consumatori e che ora rischiano però di trasformarsi in un pericoloso boomerang. La pratica, più o meno diffusa in tutti gli istituti bancari, riguarda il congelamento dei piccoli conti correnti (nella fattispecie sotto i 258 euro) sui quali nel corso di un anno non sia stata fatta alcun tipo di operazione da parte del cliente. La clausola contrattuale prevede il blocco di tutte le attività relative al c/c, a partire dalle spese fino al calcolo degli interessi. Contestualmente cessa di essere inviato l’estratto conto annuale, altrimenti obbligatorio. La norma, come si diceva, dovrebbe tutelare il cliente dal rischio di ritrovarsi con un conto dimenticato che, col passare del tempo finisce in rosso e accumula debiti nei confronti della banca. Circostanza non infrequente quando le spese di gestione erano elevate, molto più rara oggi con i conti a costo zero che praticamente lasciano a carico del cliente soltanto la tassa governativa annuale di 34 euro. Resta il fatto che dopo 12 mesi i conti sotto i 258 euro vengono messi in naftalina. Dove finiscono i soldi? La maggior parte delle banche (tra le altre Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bper, Santander e molte piccole popolari) si limita ad indicare nei contratti che l’istituto «cessa di corrispondere gli interessi, di addebitare le spese di gestione del conto corrente e di inviare l’estratto conto». Alcune, come l’Istituto bancario del Lavoro e la Banca di Roma, vanno oltre, e aggiungono, la prima, «che la banca avrà la facoltà di risolvere il contratto senza necessità di alcuna comunicazione da parte della stessa» o, la seconda, che «il contratto di conto corrente si intenderà automaticamente risolto». E qui la vicenda si complica. Dall’istituro romano, ex Capitalia ora controllato al 100% da Unicredit, sostengono che il conto viene chiuso per evitare che sullo stesso vadano a gravare le tasse governative. In ogni caso, assicurano che la banca invia comunicazioni due mesi prima della scadenza dell’anno ed è pronta a riaccendere il conto su richiesta del cliente. La norma verrà probabilmente modificata con l’omogeneizzazione dei regolamenti e dei contratti successiva alla fusione con Unicredit, che dovrebbe arrivare a regime il prossimo autunno. La sostanza, però, non cambia. Non si capisce se il conto congelato venga inserito in un fondo apposito, se venga considerato come raccolta e se venga contabilizzato nei bilanci dell’istituto. Ma la questione che più preoccupa riguarda il suo progressivo avvicinarsi al sonno ufficiale, quello previsto dopo dieci anni senza movimenti od operazioni. Un percorso che viene inevitabilmente favorito dalla cessazione di qualunque comunicazione alla clientela. E una bella spinta in quella direzione la dà un’altra vecchia norma prevista dalle istituzioni di vigilanza della Banca d’Italia, anch’essa applicata più o meno indiscriminatamente dalla maggior parte degli istituti. Si tratta in questo caso di conti al di sotto dei 2.500, che continuano tranquillamente a sopravvivere, ma all’oscuro del cliente. Entro quella cifra, e sempre in mancanza di movimenti per 12 mesi, infatti, le banche possono smettere di inviare le comunicazioni alla clientela. Decade, in altre parole l’obbligo dell’estratto conto annuale. Appare chiaro che la pratica, che non sembra prevista nei contratti di Banca Intesa e Unicredit, facilita e favorisce l’abbandono del conto. E apre la strada allo scivolamento delle somme contenute nel fondo pubblico per i risarcimenti. Qualunque fosse lo spirito di queste norme, è evidente che la miscela con la nuova legislazione sui conti dormiente rischia di diventare esplosiva. Il quadro regolatori richiederebbe aggiustamenti e ritocchi urgenti, per evitare che quel termine di dieci anni previsti per il trasferimento delle somme al fondo pubblico sia reso sempre meno lungo da pratiche che anticipano il dormiveglia. Al di sotto dei 100 euro, ad esempio, i conti dormienti restano in banca. Ma quei conti, come abbiamo visto, hanno cessato di esistere ben prima. Forse, durante gli incontri di questi giorni in Bankitalia sui conti dormienti, sarebbe il caso di parlare anche di questo. E non solo di come utilizzare i soldi che finiranno nelle casse dello Stato. Sandro Iacometti