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 2008  febbraio 23 Sabato calendario

In rivolta i finanziatori di Hillary. Il Sole 24 ore 23 febbraio 2008. Hillary Clinton, impegnata a recuperare consensi nelle urne, adesso deve fare i conti anche con la rivolta dei suoi finanziatori

In rivolta i finanziatori di Hillary. Il Sole 24 ore 23 febbraio 2008. Hillary Clinton, impegnata a recuperare consensi nelle urne, adesso deve fare i conti anche con la rivolta dei suoi finanziatori. L’ultimo rapporto sulle casse dell’ex first lady ha mandato su tutte le furie persino i più ardenti sostenitori: il New York Times, nel rivelare la ribellione, ha battezzato il documento come una "mappa di fallimenti" politici e manageriali. E ha snocciolato cattivi investimenti e sprechi che in gennaio hanno bruciato milioni di dollari in cambio, non degli attesi successi, ma di imbarazzanti sconfitte nelle primarie democratiche per mano del rivale Barack Obama: 100mila dollari per nutrire premature feste alla vigilia dei disatrosi caucus dell’Iowa. Stanze di gran lusso per oltre 25mila dollari all’albergo Bellagio di Las Vegas in Nevada, dove Clinton strappò solo una risicata vittoria. E 800mila dollari, dei quali 275mila in gennaio, alla Sunrise Communication per catturare il voto afroamericano in South Carolina, perso malamente. Soprattutto, cinque milioni di dollari versati a top consultant, consulenti di grido, finora incapaci di raddrizzare le sorti della campagna. «Non abbiamo raccolto tutti questi soldi per continuare a pagare personaggi che hanno perseguito la strategia sbagliata», ha detto al quotidiano statunitense un irato finanziatore di New York. Nella bufera è la società del principale stratega, Mark Penn, che ha intascato 3,8 milioni di dollari il mese scorso, parte di un salato conto non ancora saldato superiore ai dieci milioni di dollari. Il responsabile della comunicazione, Howard Wolfson, ha ricevuto 267mila dollari in gennaio, 730mila in tutto. E gli autori degli spot pubblicitari, capitanati da Mandy Grunwald, si sono fatti pagare 2,3 milioni con altri 240mila in arrivo. Sia Clinton che Obama stanno spendendo circa un milione di dollari al giorno, ma il rendimento degli investimenti è parso nettamente migliore per il senatore dell’Illinois. La rivolta interna è pericolosa per la Clinton, che ha dovuto ammettere difficoltà finanziarie e ha cominciato febbraio assillata dai debiti. Alcuni grandi sostenitori, per correre ai ripari, intendono raccogliere in extremis dieci milioni di dollari per fiancheggiare l’ex first-lady, ma l’esito del loro sforzo rimane da verificare. Obama, intanto, ha vantato di essere vicino al traguardo del milione di piccoli donatori, un esercito che continua a crescere. Lo svantaggio finanziario complica i tentativi di riscossa politica della Clinton: i sondaggi nei prossimi Stati chiamati al voto il 4 marzo vedono Obama in ascesa. In Texas l’ex first-lady è scivolata alla pari con lo sfidante e in Ohio il suo vantaggio è ridotto a sette punti percentuali. Il dibattito con Obama nella notte di giovedì a Austin, a tratti incandescente, è parso un pareggio più che la chiara vittoria auspicata dallo staff dell’ex first-lady. Clinton ha accusato Obama di plagio per aver usato frasi del collaboratore Patrick Deval, governatore del Massachusetts: «Un cambiamento fotocopiato», ha incalzato. Ma la grande tensione si è manifestata anche in una guerra di interpretazioni sul momento più pacato del dibattito: con toni accorati e accolti da forti applausi, la Clinton ha ricordato che le difficoltà della sua vita «sono nulla rispetto a quelle che ogni giorno affrontano gli americani». Ha aggiunto di essere «onorata» di condividere il palcoscenico con Obama, stringendogli la mano. E affermato che, qualunque sarà l’esito delle primarie, lei e il rivale «non avranno problemi». La campagna della Clinton ha sottolineato che le parole dimostrano forza e passione, ideali per la Casa Bianca. I detrattori hanno visto il preludio a una resa delle armi. Archiviato il dibattito, di sicuro, Clinton e Obama si sono lanciati nello sprint finale in Texas e Ohio. Una girandola di eventi che ha provocato anche tensioni e paura: la stampa texana ha svelato che mercoledì sera i servizi segreti avevano ordinato alla polizia di cessare i controlli di sicurezza alla Reunion Arena di Dallas per agevolare l’ingresso di una folla di 17mila persone al comizio di Obama. La decisione è stata ora definita un «errore» ma le polemiche sollevate dimostrano che cresce la preoccupazione per la sicurezza del senatore afroamericano. A Dallas, nel 1963, fu assassinato John F. Kennedy. E ieri la città texana è stata teatro di un tragico evento: un poliziotto motociclista che scortava Clinton è morto in un incidente stradale. Marco Valsania