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 2008  febbraio 23 Sabato calendario

Il Mediterraneo investe sul traffico verso l’Asia. Il Sole 24 ore 23 febbraio 2008. I cavi in fibra ottica sottomarini che dall’Italia arrivano in Egitto, Medio Oriente e India sono destinati ad assumere un ruolo vitale per il business delle aziende che si affacciano sul Mediterraneo

Il Mediterraneo investe sul traffico verso l’Asia. Il Sole 24 ore 23 febbraio 2008. I cavi in fibra ottica sottomarini che dall’Italia arrivano in Egitto, Medio Oriente e India sono destinati ad assumere un ruolo vitale per il business delle aziende che si affacciano sul Mediterraneo. Questi collegamenti miglioreranno nei prossimi due anni, perché ora vivono un controsenso dal punto di vista economico: a oggi sono pochi e instabili – lo dimostra la rottura di cinque cavi negli ultimi 30 giorni, che ha paralizzato internet in quei Paesi – e tuttavia sono sempre più utilizzati. Le loro sorti sono la cartina tornasole della crescita, in frequenza e importanza, dei rapporti d’affari tra le aziende europee e quelle dei Paesi in via di sviluppo. «E l’Italia, per la sua posizione geografica, è un nodo centrale di questi interscambi, fatti di traffico telefonico e internet che passa da un capo all’altro del Mediterraneo, fino in India, attraverso il canale di Suez», spiega Renzo Ravaglia, amministratore delegato di Interoute Italia, che gestisce una rete internazionale in fibra ottica. «Adesso c’è di conseguenza un fiorire di iniziative per potenziare, con circa una decina di cavi futuri, i collegamenti tra noi e il Vicino Oriente», continua. Per esempio a metà febbraio è stato annunciato Imewe, un cavo che sarà posto tra Bombay e Marsiglia (passando dalla Sicilia) entro il terzo trimestre del 2009. Sarà lungo 13mila chilometri e sarà di proprietà di un consorzio di otto operatori (dei Paesi interessati), tra cui Telecom Italia. La stessa Interoute ha appena annunciato la posa di un cavo tra Sicilia e Malta, per rafforzare la rete mediterranea. Tra le altre iniziative: al largo al nord dell’Egitto sarà posato un cavo da Egypt Telecom entro il 2010, con l’investimento più grande nella sua storia, 125 milioni di dollari. Il tutto, mentre a oggi ci sono solo tre cavi, peraltro molto ravvicinati, per il traffico che dall’Europa arriva in Medio Oriente e India. Basta che se ne rompano due (come accaduto) e le comunicazioni telefoniche e internet tra quei Paesi e l’Europa sono impedite. Diventano difficoltose anche quelle tra Europa e Cina, perché i collegamenti più diretti passano dal Medio Oriente. Alessandro Longo Perché è importante, invece, che siano sempre garantite? «Per gli interessi di due tipi di aziende. Quelle italiane che hanno sedi offshore o rapporti in outsourcing con aziende dei Paesi in via di sviluppo o cinesi. E, di converso, per le aziende che, originarie di quei Paesi, hanno creato sedi in Italia», spiega Ravaglia. Entrambi i fronti stanno crescendo molto. Si pensi all’egiziana Orascom, che controlla Wind e che ora finanzia la posa di un nuovo cavo in Medio Oriente, per il proprio sistema Mena. «I grandi operatori stanno investendo in infrastrutture nelle zone dove fino a poco tempo fa sarebbe stato rischioso, appunto per soddisfare le esigenze dei propri clienti o delle proprie sedi distaccate all’estero. un mercato in forte espansione», spiega Pasquale Ciancio, direttore Sud Europa e Turchia per Tata Communications, azienda indiana tra i principali venditori di traffico internazionale. Buoni collegamenti sono necessari soprattutto per le grandi aziende, che vogliono creare una vpn (rete privata virtuale) con le sedi all’estero. In questo modo possono unificarle tutte in un solo network, abbattere i costi di comunicazione e ottimizzare la collaborazione a distanza. «Abbiamo per esempio creato una vpn tra l’Italia e le sedi in Cina, per le officine Danieli», dice Ravaglia. Per gli operatori è il grande affare del futuro: riuscire a costruire una propria buona rete verso Oriente significa poter gestire in prima persona il traffico su cui viaggerà una fetta crescente del business internazionale. Potranno accaparrarsi i migliori clienti che avranno bisogno di collegamenti veloci tra l’Europa e l’Est. Un rapporto appena pubblicato da Forrester Research segnala che sempre più aziende italiane si affidano infatti all’outsourcing indiano, per avere servizi di information technology di buona qualità e a basso costo. Al solito, si affidano a fornitori multinazionali come Ibm e Capgemini, che hanno risorse in India. Ci sono però anche aziende tutte indiane che offrono outsourcing e che hanno investito in Italia, a caccia di clienti nostrani: Infosys e Wipro hanno sedi a Milano e dall’Italia ricavano 2 e 7 milioni di euro l’anno. Tcs ha sedi a Milano, Firenze, Padova e Roma e ha 160 clienti italiani.