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 2008  febbraio 23 Sabato calendario

No all’offensiva del clericalismo. Il Giornale 23 febbraio 2008. A che cosa si deve l’offensiva della cultura neotradizionalista, e della collegata politica clericale, contro la laicità dello Stato e la società secolarizzata in corso oggi in Italia in una misura sconosciuta al resto dell’Occidente? A me pare che all’origine della nuova conflittualità vi siano alcuni fattori nuovi anche per un Paese come il nostro, in cui lo Stato nazionale si è formato in contrasto con il potere temporale della Chiesa

No all’offensiva del clericalismo. Il Giornale 23 febbraio 2008. A che cosa si deve l’offensiva della cultura neotradizionalista, e della collegata politica clericale, contro la laicità dello Stato e la società secolarizzata in corso oggi in Italia in una misura sconosciuta al resto dell’Occidente? A me pare che all’origine della nuova conflittualità vi siano alcuni fattori nuovi anche per un Paese come il nostro, in cui lo Stato nazionale si è formato in contrasto con il potere temporale della Chiesa. Il primo è l’accresciuta importanza dei temi cosiddetti «etici» con i mutamenti provocati dall’innesto della tecnoscienza sul bios. Il secondo è dato dalla svolta accentuatasi con Benedetto XVI che ha portato il pensiero ufficiale della Chiesa a contrapporsi frontalmente alla modernità e dai suoi presupposti filosofici, l’illuminismo e il liberalismo. Il terzo è stato rappresentato dall’interventismo in politica delle gerarchie ecclesiastiche sotto la guida del cardinal Ruini dopo la fine della Dc. E l’ultimo fattore è nato dalla progressiva perdita di autonomia della politica che tenta, a destra come a sinistra, di fare un uso sempre più strumentale della religione. Le alte gerarchie della Chiesa, fiancheggiate intensamente da gruppi come quello dei cosiddetti «atei devoti » e «teo-con», hanno chiesto più spazio pubblico per la religione, in particolare su questioni come nascita, morte, vita e sesso, sulle quali hanno rivendicato l’indiscutibile autorità dottrinale della tradizione cattolica. Si tratta di una rivendicazione del tutto legittima e pienamente doverosa dal punto di vista del magistero religioso rivolto al popolo dei credenti, ma che diviene inaccettabile quando intende imporsi con le armi della politica all’intera comunità nazionale. In altre parole, in uno Stato laico è inconcepibile l’automatica trasposizione di una particolare impostazione religiosa, o morale, in una norma di diritto valida per tutti, credenti, non credenti o credenti in altro dalla religione maggioritaria. Ed è proprio da ciò che nascono i conflitti che stanno dividendo la nazione come forse mai era accaduto prima nella Repubblica. Il pensiero ufficiale della Chiesa insegna che vi sono dei diritti naturali che discendono da Dio che non possono essere messi in discussione dal legislatore. Così i suoi interpreti più tradizionalisti, ecclesiastici e non, ritengono che solo la Chiesa detenga il monopolio dell’etica pubblica che, come tale, va tradotto nella legislazione dello Stato per fare fronte alla decadenza della società secolarizzata. Perciò le coppie di fatto non devono essere regolamentate; la ricerca scientifica si deve arrestare ad una certa soglia, sottostando a precetti dottrinali e non alle regole della scienza responsabile; l’embrione va trattato come se fosse un essere umano con una personalità giuridica; le donne incinte non devono fare gli esami preventivi di routine perché darebbero luogo a pratiche eugenetiche; e gli omosessuali vanno trattati come malati... Dunque il contrasto fra una visione laica e una neotradizionalista (o clericale) risiede oggi in Italia in due nodi che si aggrovigliano sempre più. Il primo riguarda l’uso del potere. Infatti, mentre da un lato i sostenitori del mondo clericale rivendicano l’opera di apostolato sui propri valori neotradizionalisti in concorrenza con altre visioni del mondo religioso e non religioso, dall’altro gli stessi non abbandonano le condizioni di privilegio istituzionale iscritte nelle regole concordatarie che statuiscono i rapporti fra lo Stato italiano e il Vaticano. questo ambiguo gioco su due tavoli che non è idealmente, politicamente e religiosamente accettabile: la libera presenza della Chiesa nella società con la sua forte azione valoriale - che va difesa ad ogni costo - e il rapporto di potere privilegiato con le istituzioni statali. L’altra questione fonte di sempre più accentuato conflitto è la manifesta volontà dei neotradizionalisti di imporre per legge un punto di vista morale (religioso) di una parte all’insieme della comunità nazionale. Si tratta di un terreno direttamente politico nel quale il conflitto non è soltanto fra diverse visioni ideali ed etiche - laiche, religiose, cattoliche -, bensì sui criteri e i limiti che la legislazione e l’azione dello Stato devono avere nei confronti delle scelte morali individuali e dei comportamenti personali. Una visione laica non nega certo l’ispirazione etica delle leggi in base ad un indifferentismo agnostico buono per ogni uso. Ma ritiene che anche per i moral issues la legge erga omnes non può che essere ispirata a ragionevoli compromessi che escludano i proibizionismi intrinseci a tutte le verità morali assolute. La conseguenza è che, legiferando sul terreno etico in tema di aborto, omosessuali, contraccezione, fecondazione assistita, eutanasia, cellule staminali e ricerca scientifica non si può assumere il punto di vista del tradizionalismo cattolico come regola valida per tutti. Infatti tali punti di vista che sono precettivi per le coscienze dei credenti cattolici, divengono proibizionisti per coloro i quali credenti non sono o credono in altri valori, ideali e fedi. In definitiva, l’attuale polemica non è tra indifferentisti/relativisti e credenti portatori di una morale personale e un’etica pubblica capace di colmare il cosiddetto vuoto della modernità. Ma è tra laici, che affidano le scelte morali alla coscienza individuale nei limiti di ragionevoli compromessi con gli interessi sociali e dei terzi, e proibizionisti che vogliono autoritariamente imporre le loro credenze come verità assolute a quanti non le condividono. Sulla laicità Gaetano Salvemini scriveva: «La ideologia del laicismo nega alle autorità ecclesiastiche il diritto di mettere legalmente al servizio delle loro ideologie le autorità secolari. Le autorità ecclesiastiche hanno il diritto di consigliare i fedeli, e magari di condannarli al fuoco eterno, ma nell’altra vita. Se avessero la facoltà di imporre giuridicamente a fedeli e non fedeli i loro consigli e le loro condanne in questa vita, i loro consigli diventerebbero leggi. I peccati diventerebbero delitti. Il laicismo - inteso in questo senso, e non so in quale altro senso si possa intendere - è la secolarizzazione delle istituzioni pubbliche». Massimo Teodori