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 2008  febbraio 22 Venerdì calendario

«Ciriaco? Senza seggio ti senti in esilio». Corriere della Sera 22 febbraio 2008. Il Veltroni di Colombo si chiamava Pier Luigi Castagnetti

«Ciriaco? Senza seggio ti senti in esilio». Corriere della Sera 22 febbraio 2008. Il Veltroni di Colombo si chiamava Pier Luigi Castagnetti. Si sbarazzò di Emilio come Walter oggi ha estromesso Ciriaco De Mita. Nel 1996 Castagnetti era il capo della segreteria politica del Ppi, affidata a Mino Martinazzoli. Colombo, 88 anni (l’11 aprile prossimo) portati con invidiata presenza di sé, ricorda bene il tono della lettera: «Mi dicevano che ero bravissimo, una specie di dio politico in terra, che il Ppi non sapeva come fare senza di me. Ma che non mi avrebbero ricandidato in omaggio al rinnovamento». I sorrisini del senatore a vita nominato da Ciampi nel 2003 sono noti dal 1946, quando fu eletto a 26 anni alla Costituente: «Io naturalmente sapevo che la lettera era il frutto delle pressioni dei candidati locali in Basilicata che aderivano alle nuove correnti del Ppi. E che i vertici del partito non volevano eleggere in Parlamento chi potesse avere qualifiche per cariche istituzionali ». Per poi deciderle loro, senatore? Sorrisino. «Badi che tutto partì da una rinuncia. Nel 1994 fui io a chiedere di non essere presentato. Ma le cose andarono malissimo nel mio collegio. Così chiesi di tornare. Poi la lettera di Castagnetti... » Nella primavera 1996 Emilio Colombo tornò definitivamente un cittadino qualsiasi. Addio ministeri. Addio scorte. Addio aule e dibattiti. Insomma, addio potere. Effetti immediati? «Sembra strano, ma il problema principale è la mancanza fisica di un ufficio. Il sentirsi esiliato da casa tua». Cioè? «Dal Parlamento. Dalla tua vita di sempre. Certo, puoi andartene a passare il pomeriggio in Transatlantico, nel famoso corridoio dei passi perduti. Ma avverti immediatamente una condizione di inferiorità rispetto ai tanti giovani neo-eletti che magari hai formato, che sono tuoi figli politici». Si comportano male? «Alcuni meno. Altri più. Ma tutti ti sottolineano la verità». Recentemente Piero Fassino, in un’intervista a «Vanity Fair», ha ammesso: da quando non sono più segretario molti falsi amici hanno smesso di telefonare, sono spariti. Vero? «Verissimo». Farebbe qualche nome? Gesto rapido della mano destra: «No, a che servirebbe...». Quanti? «Tanti. E non si rendono conto che se mantenessero questo legame di amicizia in nome dell’antico lavoro, farebbero qualcosa di utile per se stessi. Si gioverebbero del disinteresse di chi ha decenni di esperienza». Chi ha sentito nel periodo buio? «L’ex ministro Carlo Russo, scomparso tempo fa, mi telefonava tutte le mattine. Poi chiamava Giulio Andreotti. E Arnaldo Forlani». Chi perde il potere cade nella malinconia, magari nella depressione? Sorrisino, ovviamente. «Certo. Capita. E come, se capita. Ma non per il distacco dal potere. Ripeto: per quel sentirti come scacciato dal tuo universo di sempre ». Segreti per non precipitare nel buco nero? «Rispettare i riti. Lettura dei giornali al mattino. Ritagli. I telegiornali. Mi aiutò ai tempi l’essere presidente dell’istituto "Giuseppe Toniolo", ente fondatore dell’Università cattolica. E qualche incontro al Parlamento Europeo. Poi bisogna leggere molto. Ho ripreso in mano non so quante volte i "Promessi sposi", la mia personale scorciatoia per astrarmi completamente da una realtà amara. Poi "Guerra e pace". Qualsiasi opera di Dostoevskij va benissimo. Poi Sant’Agostino, ma per me non è una novità». Lei è un cattolico fervente. Ha pregato più del solito, in quel periodo? «Normalmente. La fede è il mio perenne rifugio, non ci sono alti e bassi. Vorrei piuttosto regalare un consiglio a Ciriaco ». Quale? «A proposito delle orazioni. Mai pregare contro i tuoi nemici. E sempre a Ciriaco vorrei dire: mi spiace che tu stia soffrendo. Ma se sei un uomo intelligente, come dici di te stesso, non deve pensare all’età. Anche i cardinali vanno in pensione a 75 anni. Attribuisci tutto alla regola del rinnovamento decisa dal Pd, senza eccezioni. Ci si sente meglio». Qual è stata la più grande soddisfazione quando è arrivato il «ritorno a casa» con la nomina a senatore a vita? «Il piacere di ritrovarsi determinante. Al punto da suscitare ancora le ire, alla mia età, di chi non aveva la "gratificazione" del mio voto». L’ultimo è un sorrisone. Altro che sorrisino. «Tanti non chiamavano più» «Perdere il Parlamento è come perdere la casa. Non ti cerca più nessuno, mi chiamavano soltanto Andreotti e Forlani» Il più giovane costituente Emilio Colombo è stato il più giovane dei costituenti: aveva 26 anni. Esponente storico della Dc, qui sopra è con Amintore Fanfani e Arnaldo Forlani (1975). Nel ’96 il Ppi non lo ricandidò. Nel 2003 Ciampi lo nominò senatore a vita. Paolo Conti