Il Sole 24 ore 26 febbraio 2008, Mario Platero, 26 febbraio 2008
Colpo basso della Clinton. Il Sole 24 ore 26 febbraio 2008. Il via all’attacco "discriminatorio" contro Barack Obama l’aveva già dato domenica notte Jon Stewart, il presentatore degli Oscar, in genere maestro di satira irriverente: «Bisogna dargli atto che ha superato molti ostacoli, non solo è nero, si chiama Barack Hussein Obama, con il nome di mezzo identico a quello del tiranno iracheno e con il cognome che fa rima con Osama
Colpo basso della Clinton. Il Sole 24 ore 26 febbraio 2008. Il via all’attacco "discriminatorio" contro Barack Obama l’aveva già dato domenica notte Jon Stewart, il presentatore degli Oscar, in genere maestro di satira irriverente: «Bisogna dargli atto che ha superato molti ostacoli, non solo è nero, si chiama Barack Hussein Obama, con il nome di mezzo identico a quello del tiranno iracheno e con il cognome che fa rima con Osama...Non facile. Credo che tutti ricorderete la disastrosa campagna del 1944 di Gaydolf Titler...una vergogna, aveva dei numeri, ma non siamo riusciti a passar sopra quel cognome. E i baffetti». Doveva essere una battuta. Se non fosse che ieri mattina la campagna di Hillary Clinton ha inviato al sito Internet Drudge Report una foto del candidato afroamericano in costume islamico, con tanto di turbante. Improvvisamente sono riapparsi i fantasmi di chi vede in Obama l’incarnazione del nemico, di un musulmano, che ha studiato il corano in Indonesia, come dire l’America non lo eleggerà mai. Un colpo basso senza precedenti, con una giustificazione debolissima da parte della sua campagna: «Se ci fosse stata una foto simile di Hillary, sarebbe apparsa sulle prime pagine di tutti i giornali, è giusto che il pubblico sappia», ha detto il portavoce di Hillary. Un gesto che è però apparso disperato, non diverso dall’accusa che fece a Obama di aver plagiato una frase di un suo discorso, quando in realtà quella frase era stata concordata con l’autore. In questo caso, la foto è di un incontro di Barack Obama con un anziano rappresentante di una tribù somala durante una sua visita al villaggio Wajir, nelle pianure del Kenya nord-orientale nel 2006, quando era già senatore. La tappa faceva parte di un giro di cinque Stati africani e il costume, come capita spesso per capi di Stato e di Governo, fu indossato per rispetto e cortesia nei confronti degli ospiti. Barack Obama non ha risposto direttamente ieri all’attacco, ma fonti vicine alla sua campagna hanno accusato la Clinton di voler fare di tutto per rievocare i peggiori luoghi comuni di tipo razziale presenti in un certo pubblico americano con l’intento di spaventarlo: «Se questo è il modo in cui vogliono riparare l’immagine dell’America nel mondo, diffondere una foto in cui si vuole prendere in giro il modo di vestire degli altri popoli non è la strada giusta». Una risposta ufficiale moderata dunque che respinge la provocazione e cerca di ridicolizzare la scelta degli avversari. Ma la Clinton ha anche attaccato Obama sul fronte della politica internazionale e di quella economica. Secondo Hillary, Obama non è preparato in modo adeguato in politica estera, rischia di peccare di ingenuità e di commettere degli errori disastrosi per la sicurezza degli Stati Uniti d’America. Sul fronte economico l’attacco è partito sul Nafta, l’accordo per il libero scambio che unisce i mercati nordamericani: la Clinton ha affermato che l’accordo, firmato dal marito Bill all’inizio degli anni Novanta, è molto importante per l’economia messicana e per quella americana e ha accusato Obama di protezionismo e di volerlo smantellare. L’accordo è molto sentito in Texas, dove si voterà martedì prossimo e dove, soprattutto ai confini meridionali, vi è una schiacciante maggioranza di popolazione ispanica. Obama si è difeso anche da queste accuse: «Voglio semplicemente che siano rispettati sia la lettera che lo spirito dell’accordo Nafta e di altri accordi commerciali internazionali che impediscono fra le altre cose l’uso di lavoro minorile e l’interdizione a forze sindacali, ma non sono contrario al libero scambio», ha detto ieri durante la campagna elettorale. Su tutto però ha dominato il colpo basso della foto con il costume islamico. Non è chiaro ancora se avrà conseguenze controproducenti per Hillary Clinton, come è successo in passato con altri attacchi simili. Questa notte i due si scontreranno per l’ultimo dibattito prima del voto del 4 di marzo in Texas - dove l’ultimo sondaggio Cnn/Opinion research dà Obama in vantaggio sulla Clinton di quattro punti percentuali - e Ohio e non c’è dubbio che ci saranno scintille. La tensione è altissima. E gli analisti politici credono che se Hillary è arrivata a giocare una carta così pericolosa per la sua stessa immagine, e così controversa, vuole dire che la sua campagna in Texas e Ohio è debolissima. Il suo attacco insomma sarebbe un ultimo tentativo spregiudicato di conquistare i voti necessari a vincere almeno in uno dei sue stati. Ma è un attacco che apre la porta ad altre preoccupazioni: proprio il New York Times di ieri mattina ha fatto una accurata ricostruzione dei pericoli a cui è esposto Obama. Ha raccolto testimonianze di gente comune, ma anche di deputati che temono un assassinio, come 30 anni fa, quando furono uccisi Martin Luther King e Bob Kennedy. Per questo, ha rivelato il quotidiano americano, deputati e importanti personalità politiche hanno chiesto una protezione assidua da parte del servizio segreto. Si sa che la moglie Michelle ha molta paura. E che la scorta di Obama è ormai di dimensioni simili a quella dello stesso Presidente. Un segnale che le minacce ci sono. Ma Obama è tranquillo: «Nel 1968 non c’era una protezione così, devo dire che non ci penso. Penso alla mia campagna e a vincere», ha detto. Mario Platero