Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 28/2/2008, 28 febbraio 2008
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
BARI – La possibilità che Francesco e Salvatore fossero morti in un incidente era stata valutata dagli investigatori. Ma il giudice che il 27 novembre scorso ha arrestato il padre Filippo Pappalardi accusandolo di averli uccisi, l’ha esclusa. E così ha motivato la sua convinzione: «L’ipotesi di duplice e contemporanea disgrazia appariva scarsamente probabile dato che, salvo pensare a un crollo che avesse coinvolto entrambi o all’ipotesi di una disgrazia accorsa al secondo che magari tentava di soccorrere il primo (per esempio caduto in un vascone per l’irrigazione), resta il fatto insuperabile che Gravina di Puglia non è un comune di alta montagna, con crepacci, burroni e slavine pronti a seppellire per sempre i corpi dei malcapitati ».
sul livello del mare Gravina, ma è ugualmente pieno di luoghi dove si può precipitare. Del resto lo stesso giudice scrive nella sua ordinanza che i due ragazzini «e altri giovani del paese erano soliti trascorrere il tempo presso alcune abitazioni fatiscenti e abbandonate del centro storico». Posti pericolosi, proprio come la vecchia masseria dove sono morti Ciccio e Tore. Per capire come siano finiti in fondo a quel pozzo, l’indagine adesso deve ricominciare. Perché gli atti dell’inchiesta svelano quanti errori e depistaggi ci siano stati in questi diciannove mesi. E come la guerra feroce tra i genitori, con le accuse reciproche che si sono rivolti, possa aver ritardato e inquinato in maniera probabilmente fatale la ricerca dei due bimbi.
La ricostruzione degli ultimi spostamenti di Ciccio e Tore fatta dai poliziotti della squadra mobile di Bari e basata su testimonianze riscontrate, accredita l’ipotesi che fino alle 20,00 del 5 giugno 2006 i fratellini fossero vivi. Alle 18,30 la matrigna consente loro di uscire per raggiungere gli amici, nonostante il divieto del padre, che li aveva messi in punizione. Un meccanico che ha l’officina poco distante li vede e conferma l’orario. Un commerciante li nota alle 19,40 mentre passeggiano e una ventina di minuti dopo tre ragazze che li conoscono bene li incrociano per ben due volte su corso Vittorio Veneto. Il mistero comincia subito dopo.
Soltanto due mesi dopo la scomparsa si scopre che fino alle 20,45 entrambi avrebbero giocato con tre amichetti nella piazza della fontana che si trova nel centro del paese. lo stesso padre a rivelarlo alla polizia. I bambini vengono convocati e confermano, così fanno le loro mamme che dicono di ricordare bene la data «perché il giorno dopo la scomparsa i nostri figli ci hanno raccontato di essere stati con loro». Come mai nessuno ha ritenuto di doversi presentare in commissariato per fornire un dettaglio così importante? L’interrogativo diventa ancor più inquietante quando si scopre che è proprio uno dei tre ragazzini a sostenere di aver visto Ciccio e Tore salire sulla macchina del padre poco dopo le 21,00. E di aver parlato con l’uomo: «Pappalardi mi chiese perché avevo strappato il palloncino a suo figlio e mi disse che se lo facevo un’altra volta mi picchiava».
Sull’attendibilità di questi tre testimoni minorenni il giudice non mostra alcun dubbio e anzi addebita proprio a Pappalardi la responsabilità di non averne rivelato l’esistenza «nonostante avesse saputo subito che erano stati con i suoi figli il giorno dopo la sparizione». Dagli atti emerge il suo ruolo certamente ambiguo, il suo tentativo di accreditare la «pista romena » e le accuse alla ex moglie con la telefonata fatta al programma «Chi l’ha visto» da una donna che si era accordata con uno dei giornalisti della trasmissione per intervenire in diretta e rivelare la falsa notizia che la sera della scomparsa Rosa Carlucci era a Gravina. Ma non c’è alcuna certezza che Ciccio e Tore siano stati con lui prima di morire.
possibile che siano entrati in quella vecchia masseria per sfuggire al padre che voleva punirli e lui li abbia seguiti. Però appare difficile credere che li abbia lasciati agonizzanti dentro la cisterna e neanche due ore dopo abbia deciso di andare al commissariato per denunciarne la sparizione. Per questo bisognerà interrogare nuovamente tutti i testimoni, fissare gli orari. E rivalutare l’ipotesi del gioco finito in tragedia.
Fiorenza Sarzanini