Corriere della Sera 24 febbraio 2008, Alessandra Coppola, 24 febbraio 2008
Gli ingegneri di Cuba: meglio fare i tassisti. Corriere della Sera 24 febbraio 2008 Al fresco della sera su un balcone del Barrio Chino, Carmen rimira le sue unghie finte appena laccate di rosso e abilmente decorate da strisce sottili bianche e nere
Gli ingegneri di Cuba: meglio fare i tassisti. Corriere della Sera 24 febbraio 2008 Al fresco della sera su un balcone del Barrio Chino, Carmen rimira le sue unghie finte appena laccate di rosso e abilmente decorate da strisce sottili bianche e nere. Uno dei molti talenti di Ana. Ingegnere civile, Ana si è trovata sei anni fa vedova con due figli adolescenti e uno stipendio statale che a fare i conti vale 16 dollari al mese. Poco più di tre mojitos all’Hotel Nacional. Per campare ha stipato figli e mobili in due stanze e il resto della casa lo affitta agli stranieri. Al netto della «tassa» obbligata di 200 dollari allo Stato, ospiti o meno, è da questo canale che le arrivano i soldi per comprare carne, burro, maionese, detersivi, shampoo, spazzolini da denti e tutto quello che la «libreta», la tessera alimentare, non passa e i desolati spacci in pesos locali non vendono. Servono chavitos, pesos convertibili (al cambio, 20 per cento più dei dollari, quasi come gli euro), che vengano dalle rimesse dei parenti a Miami o dalle tasche dei turisti. Un collega di Ana ha imparato a fare torte e pasticcini, un altro mette a disposizione l’auto a pagamento. L’amica, Carmen, si è improvvisata cartomante e con il rossetto fucsia e le unghie smaltate fa i tarocchi agli stranieri. «Siamo molto ingegnosi noi cubani», sorride Ana. Al Vedado qualcuno racconta di un medico che la sera vende pizze in un chiosco «e lo tiene pulito come una corsia d’ospedale». In una barzelletta habanera c’è un ubriaco che viene portato di peso a casa: «Voi non sapete chi sono io – sbraita ”. Sono l’usciere dell’Hotel Cohiba!». E la moglie sull’uscio: «Ma no, non l’ascoltate, è solo un cardiochirurgo infantile... ». Ingegneri, medici, professori, tecnici specializzati, maestri, studenti universitari, vanto del socialismo castrista, oggi alla disperata ricerca per sé e per i propri figli di un lavoro da tassista o cameriere. Se non da prostituta. Cambierà qualcosa nel dopo Fidel? Oggi all’Avana si riunisce l’Assemblea nazionale per eleggere – prima volta in 49 anni – un presidente del Consiglio di Stato che non sarà il maggiore dei fratelli Castro. Come lo stesso líder maximo ha chiesto nell’intervento su Granma lunedì. Un evento storico. Ana sorride ancora. «Tra di noi neanche ne parliamo, la vita procede uguale a sempre. Sì, c’è molta aspettativa per un cambiamento. Ma più che altro è una speranza. Fidel, l’ha detto lui stesso, continuerà a scrivere, come a dire a vigilare. Resta un’ombra...». Accovacciata sull’erba davanti alla Facoltà di Sociologia, sulla collina universitaria dell’Avana, Paula, ricercatrice da 12 dollari al mese, traccia ipotesi con gli amici che le siedono accanto. «La gente dà per scontato che il successore di Fidel sia il fratello minore Raul, che l’ha sostituito durante la malattia. Ma qui pensiamo che potrebbe anche essere uno più giovane, come Carlos Lage (attuale vicepresidente, 56 anni, ndr) ». Si parla di politica all’Università? «Eccome», risponde Paula, e fa con il dito un cerchio, come a dire che se ne discute così, a piccoli gruppi, nei capannelli in giardino o sulle scale. Quello che ha osato dire lo studente di informatica al presidente del Parlamento Alarcon («Perché noi cubani non possiamo viaggiare? Perché non possiamo andare in hotel?»), «lo pensiamo tutti». Qualcuno comincia a esprimerlo. Articoli e video più o meno critici arrivano quasi quotidianamente sugli schermi di chi ha un pc. E la sensazione è che un minimo spazio per il dibattito si stia progressivamente aprendo. A partire dalle preoccupazioni economiche. «Lui dice che voglio vivere al di sopra delle mie possibilità – Paula indica un amico – ma non è vero. Io vorrei solo non dover risparmiare dei mesi per comprarmi un pantalone o non dover andare al lavoro con questa borsa sfilacciata. Viaggiare? Magari. Sogniamo di vedere Baracoa o Santiago: non abbiamo neanche i soldi per visitare Cuba! Io non chiedo più pesos. Vorrei solo che il mio stipendio bastasse per una vita dignitosa». Paula lo fa per passione, lotta con i computer lenti e i collegamenti Internet razionati, i libri che mancano, le traduzioni approssimative, le fotocopie riciclate da anni, ma quello che fa le piace «e il livello di studio è ancora alto». Pure lei, però, ammette che ormai a Cuba molti vanno all’università solo perché non hanno di meglio. «Il medico o il maestro qui non vuole più farli nessuno», dice una ragazza molto giovane davanti al Dipartimento di Storia. Allora perché studiare? «Adesso non ci penso tanto. Forse proverò a lavorare in tv, si guadagna meglio. La politica? Mi interessano più che altro i problemi quotidiani, i mezzi di trasporto che mancano, per esempio. Se Alarcon o un altro dei politici importanti venisse nella nostra università, penso che glielo direi, come ha fatto quel ragazzo di informatica ». Successione «Qui danno per scontato che il successore di Fidel sia il fratello minore Raul. Ma potrebbe essere anche uno più giovane» Cultura La Fiera del Libro a Cuba, l’inaugurazione della statua di Wojtyla Alessandra Coppola