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 2008  febbraio 24 Domenica calendario

Confindustria: c’è nostalgia della scala mobile. Corriere della Sera 24 febbraio 2008. L’idea che un secondo indice Istat, quello del 4,8%, possa fare breccia nel mondo sindacale e condizionare «con degli automatismi» la prossima tornata di trattative contrattuali, preoccupa non poco viale Astronomia

Confindustria: c’è nostalgia della scala mobile. Corriere della Sera 24 febbraio 2008. L’idea che un secondo indice Istat, quello del 4,8%, possa fare breccia nel mondo sindacale e condizionare «con degli automatismi» la prossima tornata di trattative contrattuali, preoccupa non poco viale Astronomia. «Non ci piace un clima strisciante di ritorno a sistemi simili alla scala mobile commenta il direttore generale di Confindustria Maurizio Beretta - sarebbe il peggior rimedio a un problema vero, quello della perdita del potere d’acquisto dei salari denunciato per primo dal presidente Montezemolo e poi certificato da Bankitalia e Ocse». L’atmosfera non è più quella da anni Ottanta, con la contrapposizione tra riformisti e sinistra radicale che portò al referendum, ma l’emergenza del carovita può portare a prese di posizione imprevedibili. Come quella di Renata Polverini (Ugl) o di Raffaele Bonanni (Cisl) che hanno chiesto la revisione del paniere Istat - puntando a una rettifica verso l’alto - senza tenere presente che ormai i parametri sono omogenei in tutta Europa e stabiliti da Eurostat. O quella, più prevedibile, del leader dell’ala sinistra della Fiom Giorgio Cremaschi che è arrivato subito al sodo chiedendo al sindacato nazionale di «prendere atto della realtà e per i prossimi rinnovi di pretendere il doppio, cioè oltre 200 euro mensili di aumento». Al mondo dell’impresa non è poi piaciuta per nulla la proposta di Walter Veltroni di inserire nel programma del Pd il salario minimo garantito per i precari che suona come un netto segno di cultura anti-mercato. Beretta riconosce la fatica di arrivare a fine mese per una famiglia di lavoratori dipendenti che paga le tasse fino all’ultimo euro ma invita le parti sociali a «non imboccare strade demagogiche destinate a fare solo del male al Paese al posto di comportamenti virtuosi». L’allarme dei rincari d’altra parte arriva come uno stillicidio giorno dopo giorno. La carne, la pasta poi la snervante corsa verso l’alto della benzina. Le associazioni Adusbef e Federconsumatori hanno fatto due conti e scoperto che dal 2002, l’anno dell’entrata vera dell’euro nel portafoglio degli italiani, la famiglia media ha subito aumenti di spesa per 7.635 euro negli ultimi sei anni. Il salasso è arrivato il primo anno (con 1.870 euro) confermando che non ci fu alcun controllo da parte del governo di allora sulla conversione tra la lira e la valuta europea applicato dai commercianti. Tutti ora chiedono provvedimenti urgenti e gli imprenditori temono azioni prese sull’onda dell’emotività. «L’atmosfera non sarà più quella degli anni Ottanta - spiega Beretta - ma non si può giocare sui dati, il 4,8% non è l’inflazione vera, seguirlo vuol dire affidarsi a un navigatore sbagliato». La formula giusta è quella già emersa, del resto, dai primi incontri con il sindacato. La ricetta è nota: puntare tutto sulla crescita con strumenti coerenti come la detassazione degli straordinari, del secondo livello contrattuale e dei premi aziendali. «L’obiettivo è di legare gli aumenti allo stato di salute dell’azienda - afferma Beretta - di premiare chi lavora di più e meglio in modo da far crescere, insieme agli stipendi, anche la produttività». Per ripristinare le cose però non basta aumentare le retribuzioni, occorre anche far scendere i prezzi. «E qui tutti devono fare scelte coraggiose - conclude il manager di Confindustria - il governo deve immettere massicce dosi di liberalizzazioni e privatizzazioni, compresa quella degli enti locali bloccata da sette anni, e il Paese accettare maggiore concorrenza». Cercando sempre di evitare comportamenti ambigui. Ad esempio - si chiede infine Beretta - che senso ha ostacolare la costruzione dei rigassificatori o delle centrali a carbone per poi piangere lacrime di coccodrillo sulla bolletta elettrica troppo cara? Roberto Bagnoli