La Repubblica 22 febbraio 2008, TIMOTHY GARTON ASH, 22 febbraio 2008
Il male minore per il Kosovo. La Repubblica 22 febbraio 2008. Nel trambusto attorno alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, pochi si sono fermati ad osservare di quale straordinario documento si tratti
Il male minore per il Kosovo. La Repubblica 22 febbraio 2008. Nel trambusto attorno alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, pochi si sono fermati ad osservare di quale straordinario documento si tratti. soggetta a tante clausole, obblighi e riserve (molte riguardanti la protezione delle minoranze serbe residue), talmente piena di impegni a consultare, onorare e obbedire i patroni internazionali della provincia, che è anche una dichiarazione di dipendenza. I kosovari albanesi hanno compiuto un importante passo avanti in direzione dell´autogoverno. Avevano di che festeggiare domenica sera per le strade di Pristina. I loro libri di storia, anche quelli editi grazie ai sussidi Ue, racconteranno una storia gloriosa, benché chimerica, di secoli di lotte nazionali culminate in questo giorno. Non vorrei essere un serbo kosovaro abitante in una delle enclave a sud del fiume Ibar negli anni a venire. Piango gli splendidi monasteri serbi di Decani, Pec e Gracanica, che ora, più che mai, sono isole in un mare straniero. La situazione dei serbi a nord del ponte di Mitrovica sul fiume Ibar è diversa. Nonostante la temporanea chiusura del confine che li separa dalla Serbia ad opera della Nato dopo che due posti di frontiera sono stati dati alle fiamme da un gruppo di facinorosi locali, la realtà quotidiana della loro integrazione sociale economica e culturale con la Serbia continuerà. Di fatto il Kosovo è già stato oggetto di partizione. E tale resterà senza dubbio fino a quando, una volta che Kosovo e Serbia saranno entrambi entrati a far parte dell´Ue, forse gradualmente aspirerà, probabilmente nell´arco di decenni più che di anni, ad una condizione paragonabile a quella del Belgio: un paese formalmente unito, in pratica ampiamente diviso, ma con pace e libertà garantite ai cittadini in seno ad un più ampio contesto. In realtà se le cose andranno bene nel sud est europeo e male nel nord est, il Belgio e il Kosovo potrebbero convergere: la balcanizzazione del Belgio incontra la belganizzazione dei Balcani. Il particolarissimo contesto europeo rende questa storia diversa da quella di gran parte dei territori separatisti nel resto del mondo. In realtà l´Ue passa senza sforzo dalla "modalità impero" alla "modalità allargamento". Ecco la decolonizzazione in stile europeo del ventunesimo secolo: da protettorato a stato membro dell´Ue senza neppure ottenere nel frattempo la piena, sovrana indipendenza. E, quanto meno sulla carta, i kosovari albanesi hanno accettato di pagarne il prezzo. In caso siano tentati di venire meno agli impegni ci saranno migliaia di funzionari europei presenti e, in appoggio, le truppe Nato per ricondurli sul sentiero della virtù. Questa dichiarazione di indipendenza coordinata a livello internazionale, lontana anni luce dal 1776, è il male minore. Chi la contesta con l´accusa di portare instabilità nella regione ignora una realtà, cioè che il limbo in cui il Kosovo ha vissuto dalla fine della guerra del 1999 con la risoluzione Onu 1244 era esso stesso instabile e insostenibile. Nessuno sano di mente investirebbe seriamente denaro in questo limbo. La fragile pace è stata costellata di disordini. La disoccupazione supera il 40 per cento. Nulla di stabile e permanente potrebbe essere costruito in assenza di questa risposta al problema dello status del kosovo. E per la vicina Macedonia, il paese più direttamente interessato a causa della minoranza albanese presente sul suo territorio, un Kosovo più indipendente è un fattore stabilizzante. (Ovviamente lo stesso non vale per la Bosnia). Nonostante tutte le atrocità degli anni di Milosevic la soluzione non è del tutto equa. Ma in fin dei conti è il male minore anche per la Serbia. orribile perdere un braccio andato in cancrena, ma talvolta è la condizione per guarire. In cuor loro molti serbi lo sanno. Ed è a Belgrado, non a Pristina, che ho sentito questa battuta: «I serbi faranno tutto per il Kosovo, tranne che viverci». Per ora si avrà un parossismo di rabbia e dolore. Non c´è alternativa. Ma poi la Serbia potrà scegliere se tenere il broncio in impotente rancore per decenni come l´Ungheria dopo il trattato di Trianon, o intraprendere la via europea alla ricostruzione nazionale, come l´Ungheria di oggi. E l´Europa, da parte sua, ha l´obbligo solenne di tener aperta quella strada. Ci vorranno molti anni ancora prima che il Kosovo ottenga un seggio all´Onu tra Kiribati e il Kuwait (o il Kurdistan, se farà prima). La Russia, membro permanente del consiglio di sicurezza con potere di veto può bloccarne l´ingresso e lo farà. Ma molti kosovari hanno vissuto in Svizzera e ricordano che l´antica e fiera repubblica alpina indipendente è entrata nell´Onu solo nel 2002. Quello che conta innanzitutto è la realtà sul territorio e l´entità del riconoscimento da parte degli altri stati. (Mentre scrivo sono già più di 20 gli stati che hanno riconosciuto la neonata repubblica o hanno espresso l´intenzione di riconoscerla , tra cui, oltre agli Usa, alla Gran Bretagna e la Germania, paesi importanti come il Senegal e il Costa Rica). Seguirà l´adesione alle organizzazioni internazionali, con l´Onu probabilmente in coda. Si tratta di un precedente, come alcuni temono e altri sperano? Certo che sì. Ogni dichiarazione di indipendenza costituisce un precedente. I leader dell´Ossezia meridionale e della Transnistria, spalleggiati dai russi, mormorano di seguire l´esempio dei Kosovari spalleggiati dagli americani. I separatisti baschi e catalani prendono appunti e il governo spagnolo ha reagito alla dichiarazione di indipendenza con sorprendente durezza, in parte perché giunge nel bel mezzo di una combattutissima campagna elettorale. Alla vicenda del Kosovo viene dato massimo risalto sul sito web dell´Unpo (Organizzazione dei popoli e delle nazioni non rappresntate) che conta 29 membri, dall´Abkhazia a Zanzibar. «Il Kosovo è un caso particolare» recita la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, ribadendo (e di nuovo sentiamo bisbigliare il consigliere) che non costituisce un precedente. Ma tutti gli altri 68 membri dell´Unpo sono a loro volta "casi particolari". I liberali hanno regole universali sul trattamento da riservare agli individui, ma sono sempre entrati in crisi quando si tratta di gruppi, sia riguardo alla posizione dei gruppi all´interno di un paese (lo testimonia il dibattito sul multiculturalismo) e riguardo a quale gruppo abbia il diritto di esercitare l´autodeterminazione. Non sanno dare una risposta coerente all´interrogativo del nazionalista: «Perché dovrei essere considerato una minoranza nel vostro paese quando voi potreste essere una minoranza nel mio?». La dichiarazione di indipendenza dipendente del Kosovo è la soluzione che rappresenta il male minore, ma non facciamo finta che non sia un precedente. Sono vere entrambe le cose: il Kosovo è un caso particolare e ci saranno altri Kosovo. TIMOTHY GARTON ASH