La Stampa 24 febbraio 2008, Francesco Grignetti, 24 febbraio 2008
E la teste puntò il dito. La Stampa 24 febbraio 2008. Un caso raro, non c’è dubbio: la testimone principale dell’accusa, la signora Mariella Ciulli, è considerata folle, è ospite di una clinica psichiatrica, eppure la sua testimonianza è valida
E la teste puntò il dito. La Stampa 24 febbraio 2008. Un caso raro, non c’è dubbio: la testimone principale dell’accusa, la signora Mariella Ciulli, è considerata folle, è ospite di una clinica psichiatrica, eppure la sua testimonianza è valida. Per dirla con le parole dell’avvocato Fabrizio Corbi, legale di parte civile: «Che oggi la signora sia pazza, è sicuro. Ma non era così nel 1988 quando accusava il suo ex marito. Secondo noi è diventata pazza proprio perché non le credevano». In ben altra maniera la vede l’avvocato della difesa, Gabriele Zanobini: «Ha accusato anche il filosofo Eugenio Garin. Pazza era, pazza è rimasta». Sono quasi vent’anni che la signora Ciulli dice che il farmacista di San Casciano, da cui è separata dal 1985, è il Mostro. Non le hanno mai creduto. Forse anche perché la signora non accusava soltanto lo sconosciuto Francesco Calamandrei, ma l’allora procuratore Piero Luigi Vigna. Già, proprio lui, il magistrato fiorentino che ha portato alla sbarra Pacciani e gli altri. Troppo inverosimile. Tante le tracce di quella ossessione. Scrivevano i carabinieri del Ros nel dicembre 1991: «Tra le persone citate quali responsabili dei fatti riconducibili al mostro vi sarebbe stato anche il procuratore». Testimonianza del maresciallo Arturo Minoliti, già comandante della stazione di San Casciano nel 1991-1992: «Del marito mi disse che era legato ai delitti del mostro, aggiungendo che frequentava persone influenti fuori San Casciano e che, sempre a suo dire, conosceva magistrati di Firenze che lo proteggevano, facendo i nomi del dottor Vigna e del dottor Canessa». Ricostruzione del parroco di Sambuca, don Attilio: «Si è presentata riferendo che il giorno 22 (dicembre 1991; ndr) si sarebbe verificato un omicidio... Due giovani... Dopo, sarebbe stata lei un’ulteriore vittima dell’organizzazione dove sarebbe inserito in posizione di spicco una persona che svolge funzioni importanti nelle indagini». Il 22 dicembre non accadde nulla. A quel tempo, era emerso il nome di Pacciani. Ma la signora Ciulli si convinse che le indagini erano finite fuori strada. Era un’ossessione: il suo ex marito era il vero Mostro. O meglio, l’assassino era il procuratore Vigna insieme al farmacista. Accuse reiterate. Andò a dirlo pure a Pacciani, facendogli visita a Mercatale. Figurarsi la sorpresa di lui. E però, per non lasciare nulla d’intentato, la polizia perquisì anche la casa del farmacista. Di quel racconto, però, non reggeva un aspetto cruciale: la signora raccontava che nel ”68, all’epoca del primo duplice omicidio, lei e Calamandrei, giovani sposi, avevano avuto modo di rovistare nell’auto delle vittime il giorno dopo l’omicidio. In quell’occasione il suo sposo avrebbe trovato, e intascato, la famigerata pistola del Mostro. Il giorno dopo l’omicidio? Il pm Paolo Canessa approfondì. Venne fuori che non era possibile. L’auto dove erano stati uccisi Barbara Locci e Antonio Lo Bianco era stata subito sequestrata dai carabinieri. «Mi sento sollevata - furono le parole della signora -. Vuol dire che quella che vedemmo non è l’auto dell’omicidio». Canessa archiviò con la motivazione «disturbi psichiatrici». Ora la storia torna d’attualità. La difesa ovviamente utilizzerà la storia di Vigna per tentare di demolire la testimonianza della Ciulli. E l’ex procuratore? Quando gli si chiede un commento, se la ride di gusto. «Non voglio entrarci, grazie». Francesco Grignetti