Riccardo Sorrentino, Il Sole-24 Ore 26/2/2008, 26 febbraio 2008
l gigante tedesco contro la pulce di Vaduz Il Sole-24 Ore, 24 febbraio 2008 Per Robert Wallner il caso era chiuso
l gigante tedesco contro la pulce di Vaduz Il Sole-24 Ore, 24 febbraio 2008 Per Robert Wallner il caso era chiuso. Il procuratore generale del Liechtenstein era tranquillo: aveva seguito attentamente quella lunga vicenda, ma per fortuna tutto si era risolto per il meglio. Heinrich Kieber - questo è, sembra, il nome del protagonista della nostra storia - non si era rivelato subito come un personaggio insidioso. A 35 anni, nel 2001, fu assunto dalla Lgt Treuhand, la fiduciaria di proprietà del principe che gestiva le segretissime fondazioni dei migliori clienti del Paese. Con un compito delicato: informatizzare i preziosi archivi dell’istituto. Per un anno e mezzo lavorò inosservato nel grigio, moderno palazzetto della Städtle, l’elegante strada chiusa al traffico al centro del piccolo villaggio alpino di Vaduz, ma presto arrivarono i guai. La procura di Barcellona aveva scoperto nel frattempo che nel ’96, durante una transazione immobiliare, l’uomo si era appropriato di 600mila franchi svizzeri. L’impiegato della Lgt perse allora il lavoro, e decise di rivelarsi. A gennaio 2003 chiese alle autorità del Liechtenstein due passaporti falsi per fuggire. Se non fosse stato accontentato - minacciò - avrebbe divulgato informazioni segrete dei clienti della Lgt Treuhand. L’accordo ci fu, ma su basi diverse: un processo in cambio della libertà. L’uomo confessò, si mostrò pentito e restituì le informazioni rubate. Il tribunale fu clemente: la corte d’appello condannò l’uomo, il 7 gennaio 2004, per truffa aggravata, tentata estorsione e distruzione di documenti: un anno di carcere con sospensione della pena. Assoluzione piena, invece, per il reato di spionaggio industriale: l’impiegato, dissero i giudici, non aveva avuto l’intenzione di divulgare all’estero le informazioni rubate. Una motivazione curiosa... Tutto bene, comunque, agli occhi di Wallner: il caso era stata risolto nei modi discreti che il Liechtenstein ama. Kieber sparì, forse andò in Australia. La storia però non era finita. Sarebbe ricominciata in una fredda giornata invernale di due anni dopo, il 24 gennaio 2006. A Est, nella ex Ddr, gli agricoltori preoccupati dalle gelate avevano appena chiesto aiuti governativi. Il cancelliere Angela Merkel, al potere da due mesi, tentennava. La notizia di giornata, un martedì, era il rapimento di due ingegneri tedeschi in Iraq: per il Governo di grande coalizione, una prima crisi da gestire. Quel giorno, in una casella di posta elettronica del Bundesnachrichtendienst arrivò un messaggio che avrebbe contribuito a scuotere le fondamenta della Repubblica federale. Proveniente da una fonte anonima l’e-mail proponeva ai servizi segreti tedeschi uno scambio: informazioni bancarie in cambio di una somma di denaro. Il presidente del Bnd, Ernst Uhrlau ha spiegato al Parlamento che l’ente federale valutò con attenzione l’affidabilità dei dati e chiese alla polizia di controllare l’identità dell’informatore, che fu considerato degno di fiducia. Con il benestare del ministro delle Finanze Peer Steinbrück, il Bnd accettò l’offerta, versando circa 5 milioni di euro al suo interlocutore. Lo scambio fornì alle autorità tedesche una miniera d’informazioni che nel giro di due anni avrebbe provocato uno scandalo di proporzioni inimmaginabili: la magistratura parla oggi di centinaia di persone indagate per avere sottratto denaro al fisco depositandolo nel Liechtenstein. Le stime oscillano tra i 300 milioni e i 4 miliardi di euro. La prima testa a cadere è stata quella di Klaus Zumwinkel: giovedì 14 febbraio alle 7 del mattino un gruppo di ispettori ha bussato alla porta della casa dell’allora presidente di Deutsche Post, in un quartiere chic di Colonia: dopo cinque ore di perquisizioni, il manager è stato interrogato in una caserma dei dintorni. Zumwinkel, 64 anni, è oggi indagato per evasione fiscale: un milione di euro. solo la punta di un iceberg. L’operazione, coordinata dal procuratore della Repubblica di Bochum, Margrit Lichtinghagen, sta assumendo proporzioni da caccia alle streghe. Tutte le grandi città del Paese sono oggetto di perquisizioni: Francoforte, Monaco, Amburgo, Stoccarda, Berlino. «Faccio solo il mio lavoro - ha detto la signora Lichtinghagen - Tutti lavoriamo nello stesso modo, dal procuratore capo all’ultimo collaboratore». Il Liechtenstein non è stato colto di sorpresa. La Lgt Treuhand aveva saputo l’estate scorsa che i dati dei suoi clienti rubati nel 2002 erano finiti nelle mani delle autorità tedesche. Sapeva bene che quell’uomo, Kieber, era ricomparso, e che si stava trasformando in un incubo: come avrebbe reagito la Germania? Le proteste di Berlino non potevano che essere vivaci. Il cancelliere Angela Merkel ha accusato Vaduz di «incoraggiare la violazione delle leggi» in Germania. Era l’inizio di una piccola crisi internazionale. Spaventato, il minuscolo principato alpino è corso subito ai ripari per difendere la sua sovranità e il suo vantaggio competitivo come centro finanziario cercando di concedere solo il minimo indispensabile. Il principe reggente Alois ha promesso riforme: le corti risponderanno più rapidamente alle rogatorie internazionali, le fiduciarie saranno controllate, le fondazioni saranno regolamentate meglio. Il principio di segretezza, però, non sarà toccato: «Nascondere i redditi è possibile anche attraverso le fondazioni austriache e i trust anglosassoni. L’evasione fiscale non è un fenomeno legato alle fondazioni, né esclusivo del Liechtenstein», è la linea di difesa a Vaduz. Nulla doveva inoltre sembrare un cedimento. Il principe è stato durissimo con Berlino. «Respingiamo con decisione i metodi usati dal Governo tedesco - ha detto - sarebbero totalmente e legalmente inconcepibili in Liechtenstein: qui gli interessi del fisco non possono prevalere sulle regole dello Stato di diritto». E ancora: «Spiare i cittadini è impensabile da noi, soprattutto passando attraverso i confini nazionali». Il principe ha toccato qui un punto dolente anche in Germania. Il modo in cui le autorità sono entrate in possesso dei tabulati di una banca del Liechtenstein ha scatenato sentimenti contrastanti. In un sondaggio, il 52% degli interpellati ha criticato l’accordo con l’informatore. Il 41% ha approvato l’operazione. lecito quanto è avvenuto? La stampa è stata critica. Il Financial Times Deutschland, per esempio, ha affermato che lo Stato è «amico dei bassifondi». La questione etico-politica rischia di essere di difficile soluzione, anche se il ministero delle Finanze a Berlino ha assicurato che il denaro utilizzato dal Bnd è stato «speso bene». Frank Decker, professore all’Università di Bonn, spiega: «Molte persone sembrano pensare di poter essere anche loro nel mirino. Il giudizio se qualcosa è giusto o sbagliato dipende sempre da quanto si pensi di essere personalmente coinvolti». L’avvocato berlinese Ferdinand von Schirach invece ha denunciato il Governo in tribunale: «Anche quando il tutto sembra un eccellente accordo, un crimine non può essere commesso. Se così fosse lo Stato sarebbe un criminale alla stregua del bandito di strada». Lo Steuerskandal, come viene chiamato in Germania lo scandalo fiscale, ha messo in evidenza anche il peso dell’economia in nero nel Paese. L’evasione fiscale non è una novità: da tempo i tedeschi sono noti per depositare risparmi in Svizzera o in Lussemburgo. «Purtroppo è diventato uno sport nazionale», spiega Dieter Ondracek, presidente del sindacato che raggruppa i funzionari del fisco (DStG). Da 20 anni fa bella mostra di sé in libreria un bestseller di Franz Konz, un commercialista: 1000 ganz legale Steuertricks, mille trucchi fiscali legali. Secondo il DStG, il Paese evade ogni anno circa 30 miliardi di euro, il 6% del gettito totale che nel 2007 è stato di 495 miliardi. La vicenda scatenata da Kieber ha assunto rapidamente contorni europei. La Germania ne ha approfittato subito per alzare il tiro: «Vogliamo lanciare una battaglia contro tutti i paradisi fiscali in Europa», ha lanciato Steinbrück. Nei prossimi giorni la signora Merkel incontrerà a Berlino il principe Alberto di Monaco con cui vorrà parlare «chiaramente», ha avvertito il cancelliere. Tutti si sono sentiti nel mirino, tanto che da Vienna il ministro delle Finanze Wilhelm Molterer ha subito sottolineato le differenze legislative tra l’Austria e il Liechtenstein; mentre il presidente dell’Associazione bancaria svizzera Pierre Mirabaud ha detto, riferendosi ai tabulati acquistati dai servizi segreti, che i metodi tedeschi gli hanno ricordato quelli della Gestapo. Porterà lo Steuerskandal che sta scuotendo la Germania a una riforma dei paradisi fiscali in Europa? La questione è sul tappeto. Il primo ministro del Lussemburgo e presidente dell’Ecofin, Jean-Claude Juncker, ha detto che verrà trattata in una prossima riunione dei ministri finanziari dell’Unione, mentre il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurría, ha colto l’occasione per far notare come solo tre Paesi non rispettano le regole comunemente accettate: Andorra, Monaco e appunto il Liechtenstein. Il Governo di grande coalizione ha intanto deciso di cavalcare la questione, consapevole della rabbia e dello sconcerto che la vicenda ha suscitato in una parte della popolazione in un anno per di più di elezioni regionali. In un’intervista pubblicata oggi dalla Bild am Sonntag, Peer Steinbrück ha proposto a Vaduz un accordo sulla doppia imposizione. «Se non riusciamo a trovare un’intesa dovremmo pensare ad altre misure, europee o tedesche - ha aggiunto -. Sto pensando alla possibilità di rendere meno attraente fare affari con il Liechtenstein». L’intera vicenda va ben oltre i protagonisti degli ultimi giorni. rappresentativa per molti versi di un’Europa afflitta da politiche incompatibili tra loro. Da un lato c’è la liberalizzazione totale dei movimenti di capitale, resi ancora più semplici da un’informatica sempre più efficiente, banche sempre più internazionali, un continente sempre più integrato. Dall’altro, i grandi Paesi dell’Unione continuano ad avere, spesso per loro stessa ammissione, un fisco troppo esoso, solo in parte attribuibile a un welfare state generoso e all’invecchiamento della popolazione. In Germania lo Steuerskandal sta facendo riflettere più in generale sul futuro del sistema fiscale. Molti osservatori credono che una sua semplificazione, insieme a un taglio delle spese di welfare state, sia l’unica vera arma per combattere l’evasione fiscale. Il rischio, altrimenti, è che a vincere la battaglia contro il Liechtenstein non sia la Germania ma i tanti altri paradisi fiscali, nei Caraibi o nel Medio Oriente. lo stesso timore di Vaduz, delle sue banche, delle sue fiduciarie, dei suoi consulenti, dei suoi avvocati, dei suoi clienti. Anche perché Kieber potrebbe colpire ancora. Ha proposto di vendere i dati, sembra, anche alla Gran Bretagna, interrompendo poi le trattative, e forse li ha già ceduti agli americani. Senza contare gli altri files, quelli sottratti alla Liechtensteinische Landesbank, anch’essi recuperati dalla Germania. Un disastro, insomma. Quale fiducia - è la domanda che si pone allora il piccolo centro finanziario alpino - potrà mai suscitare tra investitori e partner internazionali un Paese in cui si affidano gli archivi a un truffatore che copia i segreti più delicati e li porta via con sé anche dopo essere arrestato, processato e condannato? Beda Romano Riccardo Sorrentino **** I FATTI Giovedì 14 febbraio. Prime perquisizioni, scoppia il caso di Klaus Zumwinkel, presidente della Deutsche Post. indagato per avere evaso un milione di euro trasferendo denaro nel Liechtenstein. Venerdì 15. Si allarga l’indagine: la stampa tedesca parla di 900 indagati. Il Governo si limita a parlare di «numerosi casi». Si dimette Zumwinkel . Sabato 16. Emerge il pagamento di 5 milioni di euro della Bnd a un informatore in possesso di tabulati bancari del Liechtenstein. Lunedì 18. Nuove perquisizioni in numerose città tedesche. La Germania critica il segreto bancario nel Liechtenstein. Martedì 19. Risposta del Liechtenstein alle accuse tedesche. I toni sono accesi. Mercoledì 20. Incontro tra il primo ministro Hasler e il Cancelliere Merkel a Berlino. La Germania ribadisce le accuse; il Liechtenstein presenta una riforma delle fondazioni. Giovedì 21. Nuovi sospetti sul coinvolgimento delle banche tedesche. Il principe Alois promette: i giudici di Vaduz risponderanno più rapidamente ai colleghi stranieri. Venerdì 22. Il ministro delle Finanze tedesco Peer Steinbrück avverte che se il Liechtenstein non si piega alle richieste della Germania il suo Paese prenderà misure contro il Principato.