Nova 21 febbraio 2008, LEOPOLDO BENACCHIO, 21 febbraio 2008
Lavori (spaziali) in corso. Nova 21 febbraio 2008. Prima sulla Luna e poi su Marte. Anzi no, prima su un asteroide e poi su Marte
Lavori (spaziali) in corso. Nova 21 febbraio 2008. Prima sulla Luna e poi su Marte. Anzi no, prima su un asteroide e poi su Marte. No, neppure così: meglio una nuova stazione spaziale, uno spazioporto un po’ fantascientifico, e poi su Marte. Per quanto riguarda le politiche spaziali, gli ultimi 15 giorni possono riassumersi in questo andirivieni di proposte fra le due sponde dell’oceano, americana ed europea, con un unico punto fermo: le due agenzie, quella americana Nasa, e la europea, Esa vogliono andare su Marte. Di sicuro con dei veicoli spaziali robotici, ma anche, gli americani, con un volo umano, dopo il 2020. Per portare il primo essere umano su Marte sembrano quindi in vantaggio gli Usa, con l’appoggio del Presidente e del Congresso e con un piano già abbastanza ben definito, ma la vera proposta innovativa potrebbe venire dall’Europa. Ha un nome curioso ed evocante, «Lunetta», e parte proprio dall’Italia. Ma andiamo con ordine. Nel 2004 il presidente Bush tenta di rilanciare il piano spaziale statunitense. Nasa è allora in grande difficoltà: si è impegnata con Europa e Giappone a terminare la Stazione spaziale internazionale, Iss, entro il 2010. Per farlo deve portare un certo numero di "pezzi" necessari a completarla e a renderla solida tanto da poterla portare su di un’orbita stabile. Quella attuale è infatti instabile oltre che piuttosto strana, per via che deve essere "comoda" anche per i vettori che partono dalla base Russa di Baikonur. Per andare e tornare dalla Iss, Nasa ha solo le vecchie navette Shuttle, che fra mille incidenti e rinvii riescono a fare molti meno voli di quanto previsto. Se poi passa oltre il 2010 Nasa deve fermare e rivedere completamente tutte le navette a causa di un ultimatum sulla sicurezza dei voli ricevuto dal Congresso Usa. Bush prova a uscire dallo stallo con una grande «Visione per l’esplorazione dello Spazio»: tornare sulla Luna, costruirci una colonia vera e propria e poi da qui, nel 2020, spiccare il volo in modo molto più semplice, grazie alla ridotta gravità, per andare su Marte con un veicolo abitato da astronauti. Un progetto molto impegnativo, non c’è che dire, che il Congresso fa suo l’anno successivo, nel 2005. Ma la nuova sfida non prende tanto fra il pubblico statunitense e, recentemente, solleva molte perplessità anche fra gli addetti ai lavori. Sulla Luna ci siamo già stati, che ci torniamo a fare? Sembra essere l’interrogativo. L’idea di impiantare una costosissima base lunare, trovare sul nostro satellite carburanti, come l’elio 3, per motori a razzo non tradizionali non convince molti e c’è il timore, fondato, che l’impresa prenda tutte le forze e le finanze disponibili e non resti nulla per spiccare il volo verso Marte. Per discutere di questo la scorsa settimana si sono riuniti, a porte chiuse, all’Università di Stanford 45 fra scienziati, ex amministratori ed ex astronauti Nasa invitati a un dibattito dalla Planetary Society, la potente associazione professionale che si occupa di esplorazione del nostro Sistema solare. Una fronda quindi, con una proposta che aleggia nell’aria: niente Luna, ci siamo già stati e non serve quasi a nulla, andiamo invece su di un asteroide e lì montiamo l’astronave per Marte. Un progetto decisamente ardito e innovativo quindi. Ma l’amministratore di Nasa, Mike Griffin, il giorno prima del l’inizio del convegno rilascia una dichiarazione durante un’audizione al Congresso Usa in cui conferma il piano Bush: prima la Luna e poi Marte, non si discute. Anzi l’ipotesi asteroide la definisce «francamente folle». E i convenuti a Stanford sembrano averne preso atto se all’uscita dal loro convegno a porte chiuse rilasciano un comunicato in cui si rimangiano l’ipotesi asteroide e accettano di costruire il cantiere spaziale sulla Luna. Al tempo stesso il loro portavoce Scott Hubbard, già direttore dello Ames research center di Nasa in California e ora professore proprio a Stanford, stressa l’accordo raggiunto: «C’è stato comunque un comune consenso e raccomandiamo a Nasa di focalizzare molto di più l’attenzione sul l’obiettivo finale, Marte, per evitare di rimanere impantanati (letterale, ndr) in altri posti». Se la Luna sembra essere, oltre che un problema, anche l’obiettivo primario di molti altri Paesi, come Cina, Giappone, India, una «Lunetta» potrebbe essere la soluzione del dilemma Marte. «Fra poco nel 2010 avremo finito la Stazione spaziale, Iss – dice Giovanni Bignami, presidente del l’Agenzia spaziale italiana, Asi – e avremo qualche anno per utilizzarla, diciamo dieci da oggi». E poi? «Effettivamente dopo la Iss si rischia il vuoto, dato che i tempi di realizzazione in campo spaziale sono molto lunghi e 10 anni vuol dire praticamente "domani". Potremmo partire subito a pensare a una nuova stazione, posta questa volta in una buona orbita quasi equatoriale e quindi molto più vantaggiosa di quella attuale della Iss. Una specie di spazioporto dove poter costruire la flotta di astronavi necessaria per raggiungere Marte, sviluppando anche, in tutta sicurezza, un motore a propulsione nucleare che permetta un viaggio molto veloce a Marte, per non lasciare troppo esposti gli astronauti ai micidiali raggi cosmici», conclude Bignami, che ripropone per questa stazione il nome di «Lunetta», già usato da Werner von Braun negli anni 40 per un suo racconto-proposta proprio di un’odissea marziana. E che ci siano buone possibilità per una prospettiva europea al volo umano nel nostro Sistema solare, è dimostrato anche dal fatto che il presidente francese Nicolas Sarkozy nei giorni scorsi, durante una visita alla base spaziale europea di Kourou nella Guayana, ha dichiarata che Marte è un obiettivo cui l’Europa non si può sottrarre, dato che abbiamo le conoscenze e le tecnologie per affrontare l’impresa. E anche un razzo vettore dal nome francese: Ariane... LEOPOLDO BENACCHIO