Corriere della Sera 26 febbraio 2008, Arianna Ravelli Roberto Stracca, 26 febbraio 2008
Immigrati, passione calcio. Corriere della Sera 26 febbraio 2008. Protagonisti sui campi, assenti dagli spalti, perché gli stadi sono troppo cari o troppo pericolosi, soprattutto se hai la pelle scura
Immigrati, passione calcio. Corriere della Sera 26 febbraio 2008. Protagonisti sui campi, assenti dagli spalti, perché gli stadi sono troppo cari o troppo pericolosi, soprattutto se hai la pelle scura. Ma radunati davanti alla tv, nel salotto di chi si può permettere il satellite, così magari ci scappa uno sguardo al campionato di casa propria. Quello tra gli immigrati e il calcio italiano è un amore che cresce. Per festeggiare il proprio centenario l’Inter ha realizzato una campagna pubblicitaria con undici bambini di nazionalità diverse, ma tutti nerazzurri. Saranno gli appassionati di domani, destinati a cambiare la geografia del nostro tifo. Probabilmente in meglio. Oggi il calcio è già un modo per sentirsi un po’ meno estranei. Ma cosa orienta le passioni? Le amicizie, le vittorie, i modelli televisivi. E, inaspettatamente, anche la politica. Vita nuova, tifo nuovo L’associazione PanAfrica l’ha chiesto a 680 africani che vivono in Italia. Egiziani, ghanesi, tunisini, marocchini, nigeriani, senegalesi sono tifosi appassionati anche se, prima di tutto, della loro nazionale. Se ne sono accorti gli organizzatori dei tornei di calcio multietnico, nati in molte città italiane: «Il loro spirito nazionale è fortissimo, la finale tra Costa d’Avorio e Senegal è stata una specie di Italia-Francia» spiega Lorenzo Coscia, uno degli ideatori di Balòn Mundial di Torino. Lo stesso vale per i sudamericani provenienti da Paesi con forti tradizioni calcistiche. Invece, gli africani che non hanno una nazionale competitiva, le donne e i ragazzi con meno di 20 anni tifano per gli azzurri. In ogni caso tutti seguono la serie A e sostengono la squadra della città in cui vivono. Come seconda preferita mettono Inter, Milan, Juve e Roma. Sono preparati, perché seguivano il calcio italiano anche quando vivevano in Africa. Ora che sono qui, vorrebbero tanto andare allo stadio. Ma il 70% degli intervistati dice «che ha paura di essere aggredito». Potenza della tv Meglio la televisione, anche per i romeni. In questo caso l’ostacolo principale è il costo eccessivo dei biglietti. «La nostra comunità è molto povera. Secondo un nostro sondaggio – dice Eugen Terteleac, il presidente dell’Associazione romeni in Italia – il principale hobby dei miei connazionali è guardare la tv, in particolare il calcio». Che conoscono bene: «In Romania si gioca la schedina del Totocalcio con le partite del campionato italiano! ». A parte la squadra della città in cui risiedono, la preferenza va al Milan. «Non c’è dubbio – spiega Dominique Antonioni, giornalista sportivo romeno, editore della rivista Golf life e in Italia dal ’94 ”, i rossoneri battono tutti. Negli ultimi 15 anni, da quando in Romania ci sono le tv libere, si vede il Milan vincere». Ma anche ora che domina l’Inter di Chivu? «Non sposta le masse. Se invece Mutu o un calciatore dello Steaua diventassero nerazzurri allora sì...». L’effetto-campione banale ma è così: è più facile affezionarsi a una maglia se è indossata da un connazionale. Racconta Fuastin Akafack, 33 anni, a Bologna da otto: «Quando qua giocava Wome i camerunesi si erano appassionati, andavano allo stadio». Così, per il campione, si può anche cambiare squadra: «Molti nostri connazionali hanno tifato Brescia, Bologna e ora Lazio a seconda degli spostamenti di Igli Tare», spiega Astrit Cela, dell’associazione culturale Italia-Albania e tifoso juventino da quando viveva a Tirana e ammirava Zoff, Scirea e Cabrini. Sull’altra sponda dell’Adriatico, l’Italia è da sempre una specie di seconda nazionale: «Non avete idea di che festa c’è stata a Tirana quando l’Italia ha vinto il Mondiale! ». Nazionale a parte, gli albanesi da sempre hanno un altro mito: Silvio Berlusconi. «Rappresenta il capitalismo e tutto quello che noi non abbiamo avuto – spiega Alban Kraja, della Lega nazionale delle associazioni albanese, con sede a Rimini ”. Così, il Milan batte tutte le altre squadre». Una vera passione calcistico- politica: «Pensi che molti alberghi e ristoranti in Albania si chiamano Berlusconi o Milan». Il premio fedeltà lo vince il signor Loshi Mustafa, 60 anni, che con figlia e nipote se n’è andato fino in Giappone al Mondiale per club: «Non potevo perderlo. E poi i colori del Milan sono gli stessi dell’Albania...». Da conquistare Sulla sponda opposta del tifo, dove la passione calcistica è freddina, ci sono gli immigrati cinesi. Nelle strade di China Town il calcio ha difficile accesso: «Però stando in Italia è impossibile non farsi condizionare almeno un po’», racconta Luigi Sun, 51 anni, 45 dei quali a Milano. Il tifo qui è un termometro di integrazione: «Io simpatizzo per l’Inter, ma non vado mai allo stadio – spiega suo figlio Jun Jie ”. Però io non sono cresciuto nella zona di Paolo Sarpi, ho amici italiani e abitudini occidentali. Gli altri ragazzi cinesi, invece, non amano il calcio». Arianna Ravelli Roberto Stracca