Corriere della Sera 24 febbraio 2008, Valerio Cappelli, 24 febbraio 2008
«Lo chiamavo cretinetti ma era un vero gigante». Corriere della Sera 24 febbraio 2008. «Insieme abbiamo fatto sei o sette film tra gli anni ’50 e ’60
«Lo chiamavo cretinetti ma era un vero gigante». Corriere della Sera 24 febbraio 2008. «Insieme abbiamo fatto sei o sette film tra gli anni ’50 e ’60. Il nostro era un rapporto fatale, mai stata una vera rivalità». La Signorina Snob e l’Italiano Medio, con i difetti che ci attribuiscono nel mondo, bugiardo, traditore... Franca Valeri e Alberto Sordi. «Una coppia ben assortita, eravamo perfetti, lui era straromano e io, beh, non stramilanese ma comunque diversa da lui. E poi non rappresentavo la bona maggiorata. Era un professionista, gli faceva piacere avere una contrapposizione valida». Franca ha questo bene prezioso, l’intelligenza asciutta, la riflessione acuta e lucida. Scavalca ancora gli Appennini con la forza della parola, è alla sua terza tournée con Annamaria Guarnieri per Les Bonnes di Genet. Sul set, Sordi lo ricorda così: «Non parlava mai del privato, anche se lui era più estroverso e io la nordica logica e metodica. Era simpaticissimo. Andammo insieme a una serata dedicata a Piero Piccioni, una vita di musica e cinema: era un suo grande amico. Diventò la serata di Alberto. C’era rispetto tra noi, nessuno cercava di sopraffare l’altro, se mi veniva una battuta era il primo a ridere». Quanto improvvisavate? «Le sceneggiature erano di ferro, ma dentro potevamo mettere quello che volevamo ». I registi non erano seccati? «Al contrario, dai comici non solo si aspettano qualcosa: lo desiderano. Il famoso "cretinetti" con cui lo apostrofavo nel Vedovo mi venne spontaneo. Anche lui aggiungeva delle cose, nel contesto di una sceneggiatura buona. In quel film fu sua l’idea di dire continuamente "volta pagina" a quelli con cui doveva stendere il programma del mio assassinio». Si rivede mai nei film con Sordi? «Qualche volta, dei pezzi. Ho tanti amici che sono dei veri fissati, mi vengono a trovare e mettono un nostro film, lo recitano a memoria. Ha presente i fan dell’opera? Stessa cosa ». Voi eravate giovani nel secondo dopoguerra. «Sembra che non siano mai esistiti quei tempi, era tutto più facile, più interessante anche. Malgrado il livello alto, non era il cinema che caratterizzava quegli anni: era la carica di speranza. Sembrava di vivere in un paese con un grande avvenire». L’ultima volta che vi siete sentiti? «Gli avevo fatto gli auguri per gli 80 anni, eravamo quasi coetanei. Mi disse che sarebbe stato bello fare ancora qualcosa insieme. Gli risposi di sì, ero sincera. Ma dove avremmo ritrovato quelle verità in un mondo così cambiato? Lui era un uomo di cinema e io una donna di teatro. So che aveva il rimpianto di aver lasciato il teatro, però non me ne ha mai parlato. Alberto in fondo ha fatto la rivista, lo vidi a Torino con Wanda Osiris: esilarante. Al cinema non si distanziava così tanto, come fece Gassman dal teatro allo schermo». Il Vedovo di Dino Risi (1959), è uno dei tre film che lei porterebbe sull’isola deserta con Parigi o cara e Il segno di Venere, dove fa ancora coppia con Sordi. «Il testo del Vedovo, il capitano d’industria mancato, sposato alla ricca lombarda, era mio. Siccome non pensavo a Sophia Loren ma a una più simile a me, era diverso. Quando il film lo prese Carlo Ponti, che sette anni dopo avrebbe sposato Sophia, siamo diventate due cugine, era più credibile, anche se non si sa perché una delle due è napoletana. Sophia era volenterosa, c’era De Sica che la guidava come un padre». Lei ha sempre detto che non vede eredi, né per lui né per lei. «S’è parlato di Verdone, ma è diverso, è più ricercato, Verdone, più scritto. Alberto aveva una gamma più larga come attore. La sua natura era straordinaria, ma il personaggio che ha creato non è così semplice come pare, ha tanti risvolti profondi, romani e no, non è solo il simbolo della furbizia. Per esempio nei film i suoi rapporti con la mamma erano di amore-odio, quella scena nel Segno di Venere in cui arriva la madre in questura e lui si nasconde per paura, fu una sua intuizione ». Che cosa è successo negli ultimi anni a Sordi? Ammantato il personaggio di retorica, non si è mai indagato sul botteghino che gli voltò le spalle, sulla sua involuzione...«Era invecchiato, Alberto. Forse aveva il rimpianto di fare qualcosa secondo lui più importante. Che purtroppo non è vero: quando si cerca il livello, si perde il vero livello che hai ». E lei...«Io sono quella dei non rimpianti. Quello che ho voluto fare, l’ho fatto. Può darsi mi sia sfuggito qualcosa». Perché non ha portato al cinema la Sora Cecioni? «...Bella domanda. Non lo so. Sarebbe stato divertente, un vero film in costume. Quella di Parigi o cara, però, è una sua derivazione, o anche la portiera di Palazzo Farnese in Tosca e altre due ». Valerio Cappelli